Ieri la Corte di Assise di Palermo ha condannato per la cosiddetta trattativa Stato-Mafia gli ex vertici del Ros Mori, Subranni e De Donno, l'ex senatore Dell'Utri, Massimo Ciancimino e i boss Bagarella e Cinà.
Mario Mori e Antonio Subranni sono stati condannati a 12 anni per minaccia a corpo politico dello Stato. A 12 anni, per lo stesso reato, è stato condannato l'ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri, a 28 anni sempre per minaccia a corpo politico dello Stato, è stato condannato il capo mafia Leoluca Bagarella. Per lo stesso reato dovrà scontare 12 anni il bosso Antonino Cinà. L'ex ufficiale del Ros Giuseppe De Donno, per le stesse imputazioni, ha avuto 8 anni. Massimo Ciancimino, accusato in concorso in associazione mafiosa e calunnia dell'ex capo della polizia De Gennaro, ha avuto 8 anni. L'ex ministro democristiano Nicola Mancino è stato assolto dall'accusa di falsa testimonianza. Prescritte, invece le accuse nei confronti del pentito Giovanni Brusca.
Le reazioni - Luigi Di Maio: “La trattativa Stato-mafia c’è stata. Con le condanne di oggi muore definitivamente la Seconda Repubblica. Grazie ai magistrati di Palermo che hanno lavorato per la verità”, Aldo Penna, portavoce del Movimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati, e Ugo Forello, capogruppo dei cinquestelle al Comune di Palermo, chiudono definitivamente alla possibilità di un Governo con Forza Italia: “Si è finalmente iniziato a far luce su uno dei periodi più bui del nostro paese, in cui uomini dell’arma e esponenti politici avrebbero tentato di scendere a patti con la Mafia, violenta e sanguinaria. Fa riflettere la condanna, in primo grado, dell’ex senatore dell’Utri, uomo di riferimento di Berlusconi a Palermo. Non possiamo, perciò, non ribadire la posizione del M5S circa l’impossibilità di avviare alcuna trattativa per la formazione di un governo con il leader di Forza Italia“.
Leoluca Orlando sindaco di Palermo: “Quella che da sempre diciamo essere stata una verità storica è da oggi una verità giudiziaria, a conferma del fatto che la legalità e lo Stato di diritto restano capisaldi della nostra comunità. Questa sentenza condanna la vergognosa identificazione fra Stato e mafia, che ha permesso allo Stato di presentarsi col volto della mafia e alla mafia di presentarsi col volto dello Stato; è la condanna di un passato che siamo impegnati a far sì che non si ripeta mai più”.
“Sono felicissimo, questo è il traguardo della mia vita. Ma la politica l’ha fatta ancora franca”, ha commentato Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il magistrato ucciso nel luglio del 1992, in un’intervista ad Affaritaliani. L’unico neo è l’assoluzione di Mancino ma di fronte a tutto il resto non riesco a descrivere il mio stato d’animo. Spero soltanto, a questo punto, di morire prima dell’appello. Così almeno se in secondo grado dovessero cambiare le cose me ne andrò via con questa sentenza che restituisce un pezzo di verità sulla trattativa e su mio fratello”.
Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie, guidata da don Luigi Ciotti: “Dopo cinque anni finalmente si scrive una pagina di verità e giustizia su uno dei periodi più oscuri della nostra Repubblica. La sentenza conferma che la trattativa c’è stata, un risultato importante nell’accertamento di primo grado. Il nostro pensiero va ai tanti familiari delle vittime innocenti delle mafie consapevoli che la sentenza certamente non ripaga le loro ferite e il loro dolore. Questa sentenza invita tutti a continuare ad impegnarci sempre di più con corresponsabilità e maggiore consapevolezza per liberare il nostro paese dalle mafie e dalla corruzione. Libera si è costituita parte civile del processo e ha seguito tutte le udienza per stare vicino ai magistrati, non li abbiamo lasciati soli perché non si costruisce giustizia senza la ricerca della verità”.
Di tenore totalmente opposto il commento di Vittorio Sgarbi: “La condanna di Mori, Subranni, De Donno e Dell’Utri senza prove – attacca Sgarbi – è un insulto allo stato di diritto. Il collegio giudicante ha accolto come prove i teoremi dell’accusa. Il processo ha celebrato il tentativo di ricostruire una storia che non c’è stata, in perfetta contraddizione con gli atti degli imputati. Sono certo – aggiunge Sgarbi – che la corte d’appello rovescerà questa assurda sentenza che umilia chi ha combattuto la mafia e catturato Riina. I fatti non sono opinioni".
I vertici di Forza Italia difendono il loro leader, e annunciano querele. Se la sono presa con le parole del pm, accusato, secondo la loro versione, di “adombrare responsabilità del presidente Silvio Berlusconi: “Ogni atto politico e di governo del presidente Berlusconi, di Forza Italia nel suo complesso, e di ogni suo singolo esponente è sempre andato nel senso di un contrasto fortissimo alla criminalità mafiosa”. Questo il commento di Silvio Berlusconi: “E’ assurdo e ridicolo”, ha detto, “il tentativo di accostare il mio nome alla trattativa stato mafia, non abbiamo mai ricevuto nessuna minaccia dalla mafia“. E ancora: “Si tratta di una sentenza del tutto sconnessa dalla realtà, tuttavia se fosse assunta per vero l’impianto accusatorio io sarei offeso dal reato in quanto premier dell’epoca e totalmente estraneo ai fatti. Io e il mio governo abbiamo sempre lavorato grazie all’azione delle forze dell’ordine e della magistratura per un forte contrasto di tutte le mafie”.
“Sentenza mostruosa che poggia sul nulla”, è questo il commento critico dei Radicali: “Decisione assurda, illogica, che poggia su un nulla fatto di niente”. La corte, per i Radicali, ha accolto “la fantasiosa e fantastica ricostruzione della procura per quel che riguarda la stagione del 1992-93. L’imputato maggiore, l’ex ministro Mancino, esce di scena – ed è giusto che sia cosi, dal momento che lo si è assurdamente chiamato in causa (e si voleva con lui colpire il presidente emerito Giorgio Napolitano). Cade la ‘pista politica’, il riferimento politico; si accredita quella di settori deviati dello Stato colpevoli di connivenze con Cosa Nostra, dal momento che, evidentemente, non si ha avuto il coraggio di smontare, come si sarebbe dovuto, il fragilissimo e fantasioso castello accusatorio approntato dall’ex procuratore Antonio Ingroia e proseguito da altri suoi colleghi".
Ha commentato l’assoluzione di Nicola Mancino, il presidente emerito Giorgio Napolitano: “L’assoluzione del senatore Mancino da grossolane accuse”, ha detto all’agenzia Ansa, “conferma quanto conclusivamente chiarito già dalla Corte costituzionale nel conflitto di attribuzione tra me e la procura di Palermo. Sono ben lieto che finalmente gli sia stata restituita personale serenità e solennemente riconosciuta la correttezza del suo operato”.