I mandamenti di Castelvetrano e Mazara del Vallo, rappresentano una “zona franca” di Cosa nostra nel territorio trapanese grazie al boss Matteo Messina Denaro.
E' questo quello che emerge dall’operazione antimafia “Anno zero” di giovedì scorso, l’ennesima volta a scardinare il sistema di protezione e il sodalizio criminale che ruota attorno al latitante castelvetranese e alla sua famiglia. Tra le più importanti degli ultimi anni, "Anno zero", eseguita dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha portato all’arresto di 21 persone, tra cui due cognati del boss: Gaspare Como (designato reggente del mandamento di Castelvetrano) e Rosario Allegra, mariti rispettivamente delle sorelle Bice Messina Denaro e Giovanna Messina Denaro. Tutti gli arrestati son accusati di essere affiliati a Cosa nostra trapanese in particolare, alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Partanna, Campobello di Mazara e Mazara del Vallo.
“Zona franca” - Da questo contesto territoriale e mafioso, nell’ordinanza di arresto scritta dagli inquirenti, emerge ancora una volta come Cosa nostra trapanese e in particolar modo quelli che sono i mandamenti di Castelvetrano e Mazara del Vallo, rappresentino una “zona franca”, grazie anche alla presenza di Matteo Messina Denaro. In quel territorio si intrecciano e si concretizzano i traffici e i reati della consorteria. E' una “Zona franca” perché rappresenta un rifugio sicuro per i latitanti, ed è anche luogo di incontri per gli uomini al vertice di Cosa nostra. Con l’operazione “Anno Zero” gli inquirenti confermano ancora una volta come la mafia trapanese continui ad essere lo zoccolo duro della mafia, perché considerata ancora oggi tra le più impermeabili e inaccessibili roccaforte di tutta la Sicilia occidentale. Da sempre in stretto collegamento con Cosa nostra palermitana ha nel suo territorio la sua forza. Altra cosa che sottolineano gli inquirenti è, che la morfologia del potere mafioso del trapanese ha subìto dal dopoguerra ad oggi una costante e continua evoluzione. Ha accresciuto e modificato nel tempo i suoi interessi, passando dall’originaria economia agro-pastorale a settori ben più remunerativi quali il traffico internazionale degli stupefacenti, al controllo delle imprese economiche, prima nel settore dell’edilizia e degli appalti pubblici, e poi nei settori della grande distribuzione e delle energie alternative.
Unitarietà di Cosa nostra trapanese - Per capire bene come si è arrivati all’ultima operazione bisogna fare un excursus storico della lotta a Cosa nostra in questa provincia, che è indicativa di un fatto importante, e cioè del carattere di unitarietà della mafia trapanese. Già agli inizi degli anni 90 e precisamente nel ‘92 e poi fino al ‘96, per proseguire fino agli anni 2000, sono stati diversi gli arresti che hanno stravolto periodicamente la vita e gli equilibri dei mandamenti trapanesi; tra quelli più recenti ricordiamo Golem I, Golem II, Crimiso, Campus Belli, Mandamento, Eden, Eden II e Visir. A questi procedimenti hanno fatto seguito delle sentenze di condanna, che, nella maggior parte dei casi sono divenute irrevocabili. Anche da quegli atti giudiziari, gli inquirenti hanno trovato le prove per delineare lo scenario che ha portato all’ultima operazione.
A guidare Cosa nostra trapanese c’è un solo capo, Matteo Messina Denaro e la sua famiglia di sangue - Le redini di Cosa nostra in provincia sono tuttora saldamente nelle mani della famiglia Messina Denaro e del suo capo storico, latitante del giugno del 1993. Quasi tutti i componenti della famiglia del boss ricoprono o hanno ricoperto ruoli di assoluto rilievo all’interno della consorteria mafiosa trapanese. In questo senso è chiara la strategia di Matteo Messina Denaro, che al fine di garantirsi il costante controllo delle attività illecite e dei relativi proventi economici, ha deciso di privilegiare, nella scelta dei soggetti da sistemare al comando dell’organizzazione mafiosa, il criterio “dinastico”, individuando così sempre persone appartenenti alla propria cerchia familiare. Da tempo sono stati tratti in arresto e poi condannati alcuni dei più stretti congiunti: prima il cognato Filippo Guttadauro, poi il fratello Salvatore Messina Denaro, quindi l'altro cognato Vincenzo Panicola e il cugino Giovanni Filardo, poi ancora il cugino acquisito Lorenzo Cimarosa, divenuto dichiarante e morto nel 2017 dopo una lunga malattia, ed ancora la sorella Patrizia Messina Denaro e i nipoti Francesco Guttadauro e Luca Bellomo. A conferma di questa strategia familiare di comando, le indagini che hanno portato all’esecuzione di “Anno Zero”, hanno fatto emergere i ruoli di protagonisti delle dinamiche mafiose sul territorio di due cognati del latitante castelvetranese: Gaspare Como e Rosario Allegra, che, bisogna ricordare, fino al mese scorso, quando sono stati scarcerati il fratello Salvatore Messina Denaro e il cognato Vincenzo Panicola, erano gli unici parenti maschi stretti del boss ancora libertà.
L’operazione “Anno zero” è una prosecuzione naturale di quelle indagini che negli anni precedenti hanno costantemente mirato all’obiettivo unico: la cattura dell'ultimo grande latitante di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. Oggi questa operazione ha permesso di aggiornare il quadro e i contorni in cui si muovono, in particolare, le famiglie mafiose di Castelvetrano, Partanna, Campobello di Mazara e Mazara del Vallo, e di avere contezza di chi fa parte del sodalizio mafioso e di chi, anche in ragione del vincolo familiare con il capo di Cosa nostra trapanese, ne ha assunto in quei territori la guida e la direzione strategica.