Per i boss patteggiare la pena è marchio d'infamia. Lo dicono espressamente due mafiosi fermati dalla dda di Palermo nell'ultimo blitz contro gli uomini del superlatitante Matteo Messina Denaro. "No...scusa... Lui al patteggiamento non ci doveva acchianari (non doveva richiederlo, ndr). Non devi fare il minchia con me, giusto? Io non è che voglio dire... Lui il patteggiamento non lo doveva fare! Se tu .. eh... la galera normale e uscivi da persona per bene. Se poi ti vuoi distaccare, ti distacchi", dice Giuseppe Tilotta al suo interlocutore.
"Il patteggiamento puoi farlo quando sei solo, o quando siamo tutti e due .. allora tu, tramite avvocato, mi dici 'dobbiamo fare il patteggiamento, Peppe? Dobbiamo farci 8 anni l'uno? Ci facciamo 4 anni l'uno!' Ma quando ci sono altri e tu fai il patteggiamento .. la cosa è tinta!", aggiunge. E l'interlocutore conviene: "Lì è stato sbagliato" ... "Ma tu non te ne accorgi? Ognuno tira per i cazzi suoi", prosegue. Il riferimento è al mafioso Vito Signorello, braccio destro del capomafia Gaspare Como, cognato di Messina Denaro.
Signorello, dopo aver scontato una condanna per associazione mafiosa a lui applicata con il "patteggiamento", aveva apparentemente deciso di distaccarsi dal gruppo criminale. "Al di là del riferimento alla vicenda processuale, la conversazione rivela l'assoluto disprezzo che l'associato mafioso ha verso le istituzioni, disprezzo che, qualora lo stesso associato scelga di "patteggiare" la propria pena con lo Stato, diventa invece riconoscimento della sua autorità", scrivono i pm nel fermo.