Dall’operazione antimafia "Anno Zero", - ennesimo colpo alla rete di protezione del super latitante di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro - , emergono due aspetti che fanno capire bene quali e che tipo di rapporti mantiene il boss con gli altri mafiosi della provincia. Oltre alla fiducia riposta verso i cognati Como e Allegra, emerge la figura di Nicola Accardo, ritenuto il numero uno di Cosa Nostra a Partanna, con il quale il boss “invisibile” ha stretti rapporti dalla fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, quando gli Accardo, avevano il sostegno dei Messina Denaro, nella guerra di mafia contro i rivali Ingoglia.
Nicola Accardo, il più giovane della famiglia vede far fuori il padre Francesco e lo zio Stefano. Lui stesso viene arrestato nel 1992 con l'accusa di associazione mafiosa (e poi assolto due anni dopo). Sul suo ruolo nella famiglia mafiosa di Partanna, ne ha parlato in passato anche la testimone di giustizia Piera Aiello, oggi parlamentare del M5S che così ha commentato l’operazione “Anno Zero”:
Un elenco di nomi che nasconde anche la mappa della mafia trapanese. Sono i nomi dei 22 coinvolti nell’operazione “Anno zero” che il 19 aprile scorso è stata portata a termine da polizia, carabinieri e Dia. A partire da Matteo Messina Denaro, il super latitante capo di cosa nostra dell’intera provincia di Trapani e in tutta la Sicilia occidentale. Poi Nicola Accardo, capo della famiglia mafiosa di Partanna, e Gaspare Como, numero uno del mandamento di Castelvetrano. Insieme a Rita siamo state le Prime, Testimoni di Giustizia, a parlare degli Accardo. Abbiamo sempre sostenuto allora, e dopo la morte di Rita, l’ho sempre avvalorato che Questi signori mai e poi mai avrebbero disperso il loro potere sul territorio. Mai e poi mai avrebbero smesso di comandare il territorio Partannese. Solo dopo 24 anni Nicola Accardo torna in carcere con l'accusa di essere un capomafia, a cui fanno riferimento gli altri big di Cosa Nostra trapanese e non solo. Secondo quanto emerge dall’inchiesta “Anno Zero” Nicola Accardo dunque è un soldato di Matteo Messina Denaro. Mi torna in mente la condizione di alcuni testimoni di giustizia che, dopo anni di testimonianza, oggi vengono definiti “EX” testimoni di giustizia, perdendo così lo stato di protezione che gli viene conferito.
Testimone lo si è per sempre, almeno fino a quando non si è in grado di sbrogliare completamente la matassa e ciò che nasconde.
Oggi, giorno in cui ricorre il 73esimo anniversario della liberazione d'Italia, è un giorno fondamentale per la storia d'Italia ed assume un particolare significato politico e militare, in quanto simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale a partire dall'8 settembre 1943 contro il governo fascista della Repubblica Sociale Italiana e l'occupazione nazista.Oggi Rivolgo ai miei concittadini e a tutti i cittadini del nostro paese un augurio: quello di poter essere un giorno liberati, con la messa in atto di buone pratiche di civiltà e di scelte politiche corrette, dal peso di questa piaga che affligge il nostro paese, la mafia.
Liberiamocene!
Dopo 24 anni Accardo è tornato in carcere con l'accusa di essere un capomafia, a cui fanno riferimento gli altri boss di Cosa Nostra trapanese e non solo. Una posizione di rilievo costruita intessendo relazioni e affari dal Venezuela all'Expo di Milano.
Nel corso delle indagini di Anno Zero, le tracce di Matteo Messina Denaro portano a casa di Accardo. In una intercettazione di un colloquio con Antonino Triolo - tra gli arrestati dell'operazione-, vengono letti alcuni pizzini che, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, arrivano direttamente da Messina Denaro. «Dice che era in Calabria ed è tornato», afferma Accardo. È il 3 settembre del 2016, i carabinieri sentono distruggere, come vuole la ferrea regola imposta dallo stesso latitante, il pizzino che è stato letto. Altri, non aperti, sono destinati invece a essere smistati.
Le comunicazioni tra Accardo e i boss di Castelvetrano, in particolare con il cognato di Matteo Messina Denaro Gaspare Como, sarebbero garantite proprio da Triolo. Como spesso si trova nell'agenzia di disbrigo pratiche auto di Triolo. Dopo gli incontri, gli investigatori registrano contatti telefonici tra lo stesso Triolo e Accardo.
A confermare un ruolo fondamentale di Accardo nel dirimere le controversie e dare consigli è il via vai ripreso nella sua abitazione.
Accardo interviene nel contrasto nato tra due pastori per uno sconfinamento che rischia di trasformarsi in uno scontro tra famiglie; per la demolizione di un immobile abusivo a Castellammare del Golfo che riesce a evitare grazie alle influenti amicizie; per il saldo di un debito su una fornitura di pesce a un ristorante di Partanna. Addirittura si rivolge ad Accardo il titolare di un bar di Castelvetrano contro cui una dipendente ha istruito una causa di lavoro, ma in questo caso non ha ritenuto d’intervenire.
Accardo a Partanna è una sorta di giudice di Cosa Nostra. Nel novembre del 2016 di fronte al tentativo di espansione delle famiglie di Mazara e Campobello di Mazara a danno di mafiosi di Castelvetrano, Accardo prende tempo: «Dobbiamo aspettare che si sblocca qualche cosa, aspettare qualche cosa...per tutti!». Secondo gli inquirenti, l'attesa era per un ordine che doveva arrivare direttamente da Matteo Messina Denaro.
Interessi comuni in Venezuela – L’amicizia di Accardo con Messina Denaro si consolida agli inizi degli anni '90 quando si rifugia in Venezuela per evitare essere ucciso come il padre e lo zio. Anche nel paese sudamericano Accardo avrebbe continuato a rappresentare gli interessi di Messina Denaro, gestendo il traffico di stupefacenti, ma anche differenziando gli investimenti. Avrebbe acquistato, infatti, un'azienda di polli grazie a cinque milioni di dollari fatti arrivare direttamente dal boss castelvetranese. Di questa attività imprenditoriale c’è traccia in una lettera spedita dai cugini Accardo al superlatitante.
Accardo ha avuto stretti rapporti anche con Mimmo Scimonelli, imprenditore mafioso, condannato all'ergastolo per aver fatto uccidere a Partanna, Salvatore Lombardo, colpevole di aver rubato un carico di merce destinato al suo supermercato Despar. Scimonelli e Accardo si sono incontrati anche a Milano nella primavera del 2015. E a Milano Accardo ha incontrato Giuseppe Nastasi, l'imprenditore di Castelvetrano condannato per aver portato Cosa Nostra all'Expo del 2015. Il nome di Accardo compare nell’indagine della procura di Milano. Alla sua famiglia infatti sarebbero stati girati i fondi ricavati dalla costruzione dei padiglioni di Francia, Guinea, Qatar e Birra Poretti per l'esposizione universale realizzati dal consorzio di cooperative Dominus Scarl intestato a prestanomi di Nastasi. Dal 2013 al 2015, questi appalti hanno permesso di ricavare 18 milioni di euro, pagati dalla società Nolostand, una delle controllate da Fiera Milano.