Sono trascorsi 40 anni dal quel 9 maggio del 1978 in cui la mafia uccise Peppino Impastato, il giornalista, attivista politico e poeta di Cinisi, oggi preso a modello da tanti giovani e associazioni che dicono “no” alla mafia. La storia e la vita di Peppino sono state totalmente condizionate da Cosa nostra. Era nato, infatti, in una famiglia mafiosa dalla quale, diventato adolescente, aveva preso le distanze. Con l'occasione pubblichiamo il video, qui sotto, con una delle sue trasmissioni radiofoniche più seguite "onda pazza".
La storia - Giuseppe Impastato nacque a Cinisi il 5 gennaio 1948 in una famiglia mafiosa. Il padre Luigi durante la seconda guerra mondiale ha trascorso tre anni al confino proprio per il suo coinvolgimento nella malavita organizzata. Peppino fu molto colpito dalla morte dello zio, il boss Cesare Manzella, che nel 1963 fu fatto saltare in aria nella sua auto imbottita di tritolo. Appena quindicenne comincia a capire qual è la natura della sua famiglia, così entra in contrasto con il padre, che lo mandò via da casa.
Formazione, politica e radio - Nel 1965 Peppino esordisce nel giornalismo fondando il giornalino “L'Idea socialista”, iniziando a scrivere duri articoli contro la mafia. Aderì al neonato Psiup, Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Influenzato dal pensiero di Danilo Dolci e dalla frequentazione con Mauro Rostagno, nel 1975 costituì il gruppo "Musica e cultura", che svolgeva attività culturali, per i ragazzi di Cinsi, impegnandosi per l’ambiente, contro il nucleare e l’emancipazione femminile attraverso cineforum, musica, teatro, dibattiti. Nel 1977 fondò "Radio Aut", radio libera autofinanziata, con la quale denunciava la mafia della sua città Cinisi e Terrasini, e in particolar modo, obiettivo delle sue trasmissioni era il boss Gaetano Badalamenti che chiamava “Tano seduto”. Uno dei suoi programmi più seguiti era “Onda pazza” in cui sbeffeggiava i mafiosi e i politici del suo paese.
L'omicidio - Nel 1978 l’impegno civile e politico sfociano in una candidatura con la lista di Democrazia Proletaria e alla vigilia delle elezioni, nella notte tra l'8 e il 9 maggio, venne assassinato. Quello stesso giorno fu ritrovato a Roma anche il corpo del presidente della Dc Aldo Moro tenuto in ostaggio per 55 giorni da parte delle Brigate Rosse. I cittadini di Cinisi alle elezioni lo scelsero comunque e Peppino Impastato risultò eletto al consiglio comunale.
La riapertura del caso - La sua morte fu tempestivamente archiviata come suicidio avvenuto nel corso di un attentato terroristico. I mezzi d’informazione, le forze dell’ordine e la magistratura parlarono di questo. Solo la determinazione della madre di Peppino, Felicia, e del fratello, fecero emergere la matrice mafiosa dell’omicidio, riconosciuta nel maggio del 1984 anche dall’ufficio istruzione del tribunale di Palermo.
Nel maggio del 1992, i giudici però decisero l’archiviazione del caso, pur riconoscendo la matrice mafiosa del delitto. Il tribunale escluse la possibilità di individuare i colpevoli. Nel 1994 il Centro di documentazione di Palermo dedicato a Peppino Impastato presentò la richiesta di riapertura del caso, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo di interrogare il nuovo collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla cosca mafiosa di Cinisi e braccio destro di Badalamenti.
Badalamenti e la condanna - Nel giugno del 1996, Badalamenti fu indicato come il mandante dell’omicidio insieme a Vito Palazzolo, e l’inchiesta fu riaperta. Nel novembre del 1997 fu emesso un ordine di arresto per Badalamenti, detenuto negli Stati Uniti. Il 5 marzo 2001 la corte d’assise di Palermo condannò Vito Palazzolo a 30 anni di carcere per l’omicidio di Giuseppe Impastato. L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti fu condannato all’ergastolo per essere il mandante di quell’omicidio.
Le ombre sull'omicidio - Nonostante quelle sentenze di condanna arrivate dopo 22 anni dall’omicidio, nonostante diverse inchieste - una della commissione antimafia -, le richieste di archiviazione per quattro carabinieri, ci sono ancora molte ombre sulla fine di quel giovane che doveva passare per un pazzo bombarolo e che invece ha dietro un’altra verità. Tra le tante domande a cui non si è data risposta una è: che motivo avevano i carabinieri di Subranni - recentemente condannato a 12 anni di carcere al processo per la trattativa stato mafia -, di depistare le indagini sull’omicidio di Peppino?
Il depistaggio – Vicino al luogo e al cratere dove venne ritrovato il corpo di Impastato, nei pressi del binario c’era una grossa pietra con una macchia di sangue, nell’informativa dei militari non se ne fa menzione e si evidenzia invece la presenza dell’esplosivo che sarebbe stato secondo i carabinieri dello stesso genere di quello utilizzato nelle cave, ma mai è stata autorizzata una perquisizione nelle cave presenti nella zona per una qualche comparazione.
Testimonianza mai cercata - Altro tassello di questo depistaggio fu la mancata testimonianza di chi avrebbe potuto vedere qualcosa, la signora Provvidenza Vitale, la casellante quella sera di turno al passaggio a livello di Cinisi. Non fu mai ascoltata dagli inquirenti. Si scrisse che era irreperibile perché immigrata negli Stati Uniti. In realtà la signora non si è mai mossa dalla sua casa di Cinisi. Nel 2011 viene finalmente interrogata ma ha 88 anni e pochi ricordi di quella notte di trentatre anni prima.
La strage di Alcamo Marina - Tra le ipotesi e piste investigative per scoprire il vero motivo che portò alla uccisione di Peppino Impastato c’è anche quella che porta a due anni prima, alla notte del 26 gennaio 1976, ad un’altra notte nera vissuta dall’Italia, quella della strage di Alcamo Marina, con l’uccisione dei due carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. Cinque capri espiatori perfetti, cinque giovani, Giuseppe Vesco, morto suicida in carcere nonostante avesse una mano sola per fare il nodo alla corda con la quale si uccise, Giovanni Mandalà, morto in carcere da innocente e Giuseppe Gulotta, Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli assolti nel processo di revisione dopo 36 anni dall’eccidio.
Riguardo alla strage di Alcamo Marina, Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ha ricordato che quest’ultimo si stava interessando alla strage della casermetta e che gli uomini dell’Arma perquisirono la sua casa sequestrandogli un dossier contenuto in una cartelletta senza mai più restituirlo. I veri autori di quella strage rimangono senza nome e senza volto, e più recentemente alcuni investigatori hanno collegato la strage di Alcamo Marina alla fine di Peppino.
Le iniziative in programma per ricordare Peppino Impastato - In occasione delle giornate commemorative dell’omicidio di Peppino Impastato, il CRICD (Centro Regionale per l’Inventariazione, la Catalogazione e la Documentazione grafica, fotografica, aerofotogrammetrica e audiovisiva), nella consapevolezza dell’importanza di valorizzare i Beni culturali che rivestono un interesse in quanto testimonianze della memoria e della storia collettiva della lotta alla mafia, ha previsto per il secondo anno consecutivo una serie di attività promosse dall’Assessorato Regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana.
Grazie alla collaborazione con il Comune di Cinisi e alla disponibilità della proprietaria Luisa Venuti, il casolare dove fu ucciso Peppino Impastato verrà aperto al pubblico ogni mattina dal 9 all’11 maggio dalle 9.00 alle 13.00. Il casolare, insieme alla casa in cui Peppino viveva con la madre Felicia Impastato, è stato dichiarato nel 2014 di interesse culturale dall’Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana.
La sera dell’11 maggio alle ore 21, presso il casolare dove fu ucciso Peppino Impastato, verrà messa in scena la pièce teatrale “Lamentu per la morte di Peppino Impastato”; all’evento sarà presente l’Assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Sebastiano Tusa.
Lo spettacolo viene riproposto in occasione del quarantennale della morte di Impastato grazie alla realizzazione del laboratorio teatrale La stanza dei balocchi; la voce narrante è di Marika Pugliatti mentre il commento musicale è composto da Lello Analfino oltre che da brani di artisti che lo stesso Peppino Impastato trasmetteva da Radio Aut assieme ai suoi compagni di lotta.
Il Centro Regionale per l’Inventariazione, la Catalogazione e la Documentazione grafica, fotografica, aerofotogrammetrica e audiovisiva, lo scorso anno ha inoltre inserito “I luoghi di Peppino Impastato” (la “Casa Museo Felicia e Peppino Impastato” e il “Casolare rurale”) nell’elenco dei “Luoghi dell’Identità e della Memoria”.
Il 9 maggio alle ore 9, presso il casolare rurale, l’associazione “Casa Memoria Peppino e Felicia Impastato” terrà un presidio che, insieme alla marcia del pomeriggio da “Radio aut”alla “Casa Memoria Impastato”, rappresenterà il momento di raccoglimento collettivo più importante delle commemorazioni.
L’evento è organizzato in collaborazione con il Comune di Cinisi, l’associazione “Casa memoria Felicia e Peppino Impastato” e il laboratorio creativo “La Stanza dei Balocchi”.
Dal 2 maggio si susseguono mostre fotografiche, spettacoli teatrali, concerti e convegni sul lavoro. Questa mattina ci sarà il sit-in al casolare dove è stato ucciso Peppino Impastato, con la partecipazione delle scuole aderenti al progetto Diritti negati e animazioni varie. Alle ore 12.00 arrivo al casolare dei partecipanti all’iniziativa In VESPA contro la mafia e alle 16.30 corteo dalla sede di Radio Aut a Terrasini a Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato a Cinisi. Con la partecipazione anche dei “vespisti”. Alle ore 21.00 il concerto di chiusura.