Berlusconi fa un passo di lato e dà il via libera al governo Di Maio - Salvini. Ieri sera, infatti, intorno alle 21.15, Berlusconi ha dato il via libera al governo giallo-verde, cioè a un governo sostenuto da una maggioranza formata dagli eletti del Movimento 5 stelle e della Lega. Questo, senza rompere l’alleanza di centro-destra.
Ecco la nota: «Per quanto ci riguarda non è mai neppure cominciata una trattativa, né di tipo politico, né tantomeno su persone o su incarichi da attribuire. Il Movimento Cinque Stelle ha dimostrato di non avere maturità politica. Se però un'altra forza della coalizione di centrodestra ritiene di assumersi la responsabilità di creare un governo con i Cinquestelle, prendiamo atto con rispetto della scelta. Non sta certo a noi porre pregiudiziali».
Questo il racconto del Corriere della Sera su Forza Italia e le scelte di Berlusconi:
L’alleanza formalmente resta in piedi nei territori amministrati con la Lega, non fosse altro perché minacciare la crisi delle giunte regionali e comunali sparse per l’Italia avrebbe potuto procurare a Berlusconi un’altra dolorosa scoperta: la presa di distanza di una parte consistente del suo stesso partito sui territori. Già bastavano i sinistri scricchiolii nei gruppi parlamentari, meglio evitare. Così l’ex premier ha ceduto e ha firmato la nota con cui sostiene di voler “togliere l’alibi” a Salvini e Di Maio: “Che si facessero il governo, se ne sono capaci”. La disistima nei loro confronti è pari alle pressioni di cui è stato oggetto: li considera “una rovina per il Paese”. Quando era ancora pomeriggio, a chi gli chiedeva di “dare una mano” per far nascere l’esecutivo, ha risposto di scatto: “Io non gli darei neppure un dito. Scusate, ma non me la sento...”. Ed è andato a riposare, mentre il mondo gli faceva il girotondo e aspettava il suo pronunciamento»
Di Maio e Salvini alle 13 si erano incontrati per 8 minuti a Montecitorio e avevano concordato di chiedere a Mattarella altre 24 ore prima dell’incarico al premier neutrale.
Mattarella ha concesso, e dopo la nota di Berlusconi darà di sicuro qualche altro giorno di tempo ai due quasi-alleati per concordare programmi e ministri. Ma non troppi giorni.
Perché Berlusconi ha fatto il passo di lato? Berlusconi sapeva che un voto il 22 luglio avrebbe fatto retrocedere Forza Italia dal 14 all’8 per cento almeno e segnato sul serio la fine della sua stagione politica.
Sia i vertici di Mediaset che i vertici di Forza Italia hanno insistito per tutta la giornata e, per dar man forte a queste pressioni, Di Maio ha soddisfatto una delle condizioni che intanto il Cavaliere aveva posto: quella di un gesto nei suoi confronti da parte dei grillini. Di Maio non ha esitato: ha convocato i giornalisti in Transatlantico e annunciato: «Il vero grande tema non è Berlusconi, ma gli altri». E il veto, allora? «Quale veto? Nessun veto. Non c’è un veto su Berlusconi».
Berlusconi vuole che il premier non gli sia sgradito e che le deleghe più delicate - come quella relativa alle Comunicazioni - vadano a persone di fiducia. Niente scherzi, cioè, sul conflitto d’interessi o su Mediaset. Solo così concederà la sua «astensione critica» o la sua «opposizione benevola», espressioni tirate fuori ieri che fanno il paio con l’acrobatica «non sfiducia» con cui il Pci fece nascere il governo Andreotti nel 1978. La terza gamba del centro-destra, cioè Fratelli d’Italia, dovrebbe andare all’opposizione.
Questa l'opinione di Marco Travaglio sul Fatto:
«Il governo “neutro” altro non è che un ministero tecnico alla Monti, benedetto dal Quirinale e chiamato a scelte squisitamente politiche (Iva, svuotacarceri, intercettazioni, nomine Rai e Cdp…). Con la differenza, rispetto a Monti, che questo partirebbe già morto perché l’unico partito disposto a votarlo è il Pd, quello che giurava opposizione a tutto e tutti. Il governo 5Stelle-Lega, salvo chiarimenti dell’ultima ora, rischia di essere ancor più oscuro, perché poggia le fondamenta su un equivoco grosso come una casa: il ruolo di Berlusconi, delinquente naturale, pregiudicato ineleggibile e interdetto».
La Lega vorrebbe che si concordasse subito il nome del primo ministro, Di Maio invece preferisce che si fissino prima i punti del programma. Sul primo ministro s’è tenuto vago.
La sensazione è che all’ultimo tenterà ancora di proporre se stesso, una mossa che, essendo necessario il gradimento di Berlusconi, non ha possibilità di riuscire.
E tuttavia, a quanto sembra, Mattarella ha chiesto il nome del premier da incaricare per oggi alle 17 o al più tardi alle 18 o forse (più probabilmente) domani.
Il programma, intorno a cui la discussione tra i due leader comincerà ufficialmente oggi, si potrà capir meglio in seguito. Si sa già comunque che sarà imperniato sostanzialmente su quattro punti: «misure di sostegno al reddito nel momento in cui si è alla ricerca di un lavoro», che è la nuova definizione del vecchio reddito di cittadinanza; una forte detassazione delle imprese, nella scia della flat tax vagheggiata da Salvini; la revisione (e non l’abolizione) della legge Fornero, senza far saltare i conti pubblici; il contrasto all’immigrazione.
Su presidente del consiglio e ministri, al momento, il buio è talmente fitto che non circolano neanche troppe voci. Forse Giovannini, ex presidente dell’Istat, forse Giorgetti, forse Giulia Bongiorno. Si ipotizza che Salvini e Di Maio restino fuori. Oppure che Di Maio, non potendo andare a Palazzo Chigi, si prenda gli Esteri. E che di conseguenza Salvini vada agli Interni, l’istituzione a cui rispondono, con Palazzo Chigi, i servizi segreti. Spiega Il Giornale:
«Nomi a parte, il punto è che Sergio Mattarella starebbe chiedendo delle garanzie per dare il suo benestare alla nascita di un governo Di Maio-Salvini che non solo in Europa sarebbe guardato con una certa diffidenza. Non è un mistero, infatti, che Washington non veda affatto di buon grado la Lega e le sue posizioni anti Nato sulla Siria, al punto che l'ambasciatore americano in Italia, Lewis Eisenberg, qualche settimana fa ha preferito non farsi trovare quando Giorgetti si è presentato nei suoi uffici di via Veneto».