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14/05/2018 15:43:00

Il sistema Montante e le denunce di Cicero e Venturi

 Il cosiddetto “sistema Montante” che emerge dall’odierna indagine della Procura di Caltanissetta mette in luce un vasto sistema di dossieraggio e di raccolta abusiva di informazioni sul conto dei "nemici", anche solo potenziali, dell'ex numero uno della Confindustria siciliana.

Tutto ciò per mantenere l’immagine legalitaria e antiracket di Antonello Montante. L'imprenditore, emerge dall'inchiesta, sembra che non volesse che venissero fuori i suoi antichi legami intessuti con alcuni personaggi.

L’indagine "Double face" ha preso le mosse dalle dichiarazioni rese nel corso nel 2014 dal collaboratore di giustizia Dario Di Francesco, già reggente della famiglia di Serradifalco, che aveva fornito indicazioni sulla “vicinanza” di Montante con ambienti mafiosi nisseni, come i boss Paolo e Vincenzo Arnone, entrambi uomini d’onore al vertice della famiglia di Serradifalco e testimoni di nozze di Montante.

Sono state le dichiarazioni rese da due imprenditori un tempo assai vicini a Montante, l’ex assessore regionale Marco Venturi e l’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero a svelare la rete di relazioni che Montante era riuscito ad instaurare sbandierando il vessillo della legalità. Questa immagine di “paladino della legalità” sarebbe servita in realtà a nascondere i rapporti che Montante avrebbe avuto in passato con esponenti di spicco della criminalità organizzata.

La stanza segreta nella casa di Montate con file e documenti di possibili “nemici”. Dalle indagini è emerso che Montante per preservare l’immagine di “uomo della legalità”, si sarebbe occupato spasmodicamente di precostituire documentazione da spendere in futuro per neutralizzare possibili future accuse sempre per accreditare la tesi del complotto ai suoi danni per il suo impegno sul fronte antimafia.

La polizia giudiziaria nel corso di una perquisizione eseguita nel gennaio del 2016 ha trovato l’archivio segreto all’interno dell’abitazione di Montante in contrada Altarello di Serradifalco. Gli agenti della squadra mobile di Caltanissetta in una stanza segreta al seminterrato dell’abitazione, nascosta dietro una libreria, c’era una porta blindata.