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16/05/2018 07:25:00

Mafia a Marsala, l'estorsione a Billeci per i lavori a Porticella

 E’ stata un’udienza piuttosto movimentata l’ultima del processo “Giacalone Michele + 3”. E cioè il processo a quattro dei 14 presunti mafiosi affiliati alla “famiglia” di Marsala arrestati dai carabinieri il 10 maggio 2017 (operazione “Visir”). Quelli che hanno scelto il rito ordinario davanti il Tribunale di Marsala (gli altri dieci sono processati con l’abbreviato davanti al gup di Palermo).

In quest’ultima udienza, la vittima di un presunto tentativo di estorsione ha riconosciuto anche in aula l’imputato accusato del fatto, il 48enne imprenditore edile marsalese Michele Giacalone, ma quest’ultimo, dopo la deposizione del suo accusatore, ha chiesto la parola per dire: “Io non ho mai visto il signor Francesco Billeci. Prima di iniziare l’udienza, è stato un avvocato che era vicino alla porta ad indicarmi con un gesto”.

Un j’accuse al quale ha poi replicato uno dei legali di parte civile, Giuseppe Accardo. “Se Giacalone si riferisce a me – ha affermato l’avvocato Accardo - dico che Francesco Billeci, che era con la moglie, per capire dove sistemarsi in aula, mi ha chiesto se erano presenti imputati e dov’erano. Io gli ho detto che erano dentro la gabbia a vetri. Ma non gli ho indicato nessuno in particolare”.

Francesco Billeci è contitolare, con il fratello Salvatore, della “Billeci Immobiliare” di Borgetto, nonché presidente di un’associazione antiracket del centro palermitano. Nel 2011, l’impresa di Borgetto si aggiudicò la gara d’appalto (base d’asta: circa 200 mila euro) bandita dal Comune di Marsala per la sistemazione di piazza Marconi. I lavori furono conclusi nel 2012. Il contestato tentativo di estorsione venne fuori perché i titolari dell’impresa sporsero denuncia. Ed è stato Salvatore Billeci, lo scorso 19 aprile, in aula, a confermare che Giacalone gli chiese un sub-appalto dei lavori o comunque “un contributo per il paese”. Richieste che hanno fatto scattare l’accusa di tentata estorsione. Accusa che viene respinta dall’imprenditore marsalese. Come spiega il suo legale, l’avvocato Luigi Pipitone, nel 2011, “Giacalone afferma di avere proposto alla Billeci Immobiliare di poter avere un sub appalto o di poter noleggiare i suoi mezzi, prima con una telefonata partita dai sui uffici, poi con un fax e poi lasciando un suo biglietto da visita al geometra dei Billeci, Pietro Rappa, sul cantiere di piazza Marconi”. E siccome, nonostante queste richieste di contatto non ricevette risposta, si rivolse alla Calcestruzzi Romano per riuscire ad avere un incontro. Ciò avvenne al Bar Sandokan, dove Michele Giacalone riuscì a parlare con uno dei fratelli Billeci (Salvatore), che però gli rispose che non avevano bisogno di alcun aiuto da parte di altre imprese. A questo punto, Giacalone avrebbe chiesto quantomeno “un contributo per il paese”. Anche questa richiesta fu respinta. Ci fu, poi, un fatto che mise in allarme gli imprenditori palermitani. Lo ha raccontato, in aula, Francesco Billeci, che ha dichiarato di avere visto, nell’agosto 2011, Giacalone transitare lentamente con la sua Bmw nera accanto al cantiere e guardare verso la zona dove erano in corso i lavori. “Ma come fa Francesco Billeci – ribatte l’avvocato Pipitone – a riconoscere Giacalone a sette anni di distanza e dopo averlo visto solo quella volta a 30 metri di distanza? E poi Giacalone ha spiegato che passava da quella zona più volte al giorno perché lì vicino, in via Celso, aveva gli uffici della sua impresa. Andava piano? Ma a Porticella (piazza Marconi, ndr) non si può correre perché spesso c’è molto traffico e parecchie persone che attraversano la strada a piedi”. Sull’opposto fronte, però, si fa notare che Francesco Billeci riconobbe Michele Giacalone, nelle foto mostrate dai carabinieri, già pochi giorni dopo la denuncia. Singolare, infine, come ha riferito Billeci, il fatto che chi chiedeva il sub appalto sapesse, ancor prima degli stessi vincitori, quale impresa si era aggiudicata i lavori. Evidentemente, avevano qualche “talpa” dentro gli uffici tecnici del Comune. Con Giacalone, alla sbarra sono anche Alessandro D’Aguanno, di 26 anni, e i mazaresi Andrea Antonino Alagna, di 38, e Fabrizio Vinci, di 47. I primi tre sono difesi dall'avvocato Luigi Pipitone, mentre legali di Vinci sono Vincenzo Catanzaro e Francesco Galati. Le parti civili ammesse dal Tribunale (presidente Vito Marcello Saladino) sono Sicindustria e Associazione antiracket e antiusura Trapani (avvocato Giuseppe Novara), l’Associazione antimafie e antiracket “La Verità Vive” di Marsala (avvocato Giuseppe Gandolfo), la LiberoFuturo di Palermo e i fratelli Francesco e Salvatore Billeci, con gli avvocati Francesca Tolomeo e Giuseppe Accardo.