C’è una simulazione dell’Istituto Cattaneo, costruita sull’ipotesi che M5s e Lega prendano gli stessi voti del 4 marzo: «L’ipotetica alleanza tra M5s e Lega Nord consentirebbe ai due partiti di conquistare all’incirca il 90% dei seggi nelle due Camere. Il cartello giallo-verde risulterebbe il più votato in 219 collegi su 232 (94,4%) alla camera dei deputati e in 104 collegi su 116 (89,7%) al senato. Questo risultato consentirebbe di superare il dualismo geografico che si è manifestato nelle ultime elezioni. Aggiungendo i voti derivanti dalla parte proporzionale nell’assegnazione dei seggi, questa alleanza – che oggi può contare alla camera su 343 parlamentari (55%) e al senato su 167 (54%) – potrebbe reggersi in entrambe le aule su una maggioranza parlamentare pari ai due terzi dei componenti: 425 a Montecitorio (68,8%) e 209 a Palazzo Madama (67,6%)». E' anche vero però che se Lega e Cinque Stelle si presentassero insieme, ci sarebbe comunque una coalizione di forze "repubblicane", europeiste e anti populiste che proverebbero insieme a fermare i principi fondativi della nostra Repubblica.
Carlo Cottarelli, ha ricevuto l’incarico di formare un governo. Prima di incontrarsi con i presidenti camera e senato, ha detto: «Andrò in Parlamento con un programma che presenti la legge di bilancio e porti il paese alle elezioni all’inizio del 2019 in caso di fiducia o dopo agosto in caso di sfiducia. Presenterò in tempi molto stretti la lista dei ministri. Il governo sarà neutrale, assicurerà una gestione prudente dei conti pubblici e riterrà essenziale la partecipazione dell’Italia all’area euro. Mi impegno a non candidarmi e così anche i ministri». Dovrebbe essere un governo di soli 12 ministri (il più snello della storia repubblicana) pieno di nomi importanti come Cantone, Alessandro Pajno, l’ex commissario a Roma Tronca, Paola Severino, Elisabetta Belloni, Giovanni Maria Flick, Domenico Siniscalco. La casella più delicata, quella dell’Economia, potrebbe finire ad interim allo stesso Cottarelli. In alternativa, Salvatore Rossi (Bankitalia) e l’ex rettore della Bocconi Guido Tabellini. Ciononostante è matematico che non riceverà la fiducia delle camere dove 5 stelle e Lega sono, insieme, maggioranza assoluta. La data delle elezioni dovrebbe essere tra il 9 settembre e il 7 ottobre. Scrive La Stampa:
«Luigi Di Maio, in collegamento con Sky, scorso 18 febbraio: “Carlo Cottarelli ha stilato la lista della spesa che dovrà seguire un governo per prendere soldi dove non servono e metterli dove servono. Il nostro piano di governo ripartirà da lui. Gli altri governi invece di eliminare le spese inutili e i privilegi hanno eliminato Cottarelli”. Forse, come hanno scritto alcuni quirinalisti, Sergio Mattarella ha incaricato Cottarelli, così amato dal Movimento, per non dispiacergli troppo. Se è così, una bella ingenuità. Lo stesso identico Luigi Di Maio, ieri: “Al ministero volevano Cottarelli del Fondo monetario internazionale che ci ha riempito la testa che dobbiamo distruggere la scuola e tagliare la sanità”. Usare gli strumenti della logica non ha più nessuna logica. Pensare a Cottarelli per la ragione che il Movimento parlò bene di Cottarelli è una ragione irragionevole. Andrea Roventini, indicato da Di Maio al ministero dell’Economia prima dell’assunzione celeste di Paolo Savona, confermò: “Si possono fare tagli mirati alla spesa realizzando il piano Cottarelli”. Alessandro Di Battista, domenica sera: “Cottarelli è un uomo del Fondo monetario, è la dimostrazione che avevano un piano già pronto”. Non si scrivono queste cose col medesimo spirito di Mattarella, ossia con la speranza di cavarne qualcosa. Non se ne caverà nulla. La coerenza non è da un bel po’, o probabilmente da mai, un requisito essenziale per fare strada in politica».
L’impeachment è forse un’ipotesi tramontata (Di Maio è più freddo, a Salvini non interessa). Ci saranno invece due manifestazioni. Una a Roma e Milano il 1° giugno promossa dal Pd in difesa di Mattarella (insultato a sangue sui social dai soliti selvaggi), un’altra il 2 giugno organizzata dal M5s. Ieri Di Maio ha visto Salvini, poi ha tenuto una diretta su Facebook, quindi s’è presentato a Pomeriggio 5 dalla D’Urso. Ha detto questo: «È stato un atto ignobile non far partire il nostro governo. Adesso lavoriamo per far partire le commissioni parlamentari e iniziare a realizzare il contratto di governo dal Parlamento. Finché non si va al voto il Parlamento ha un’unica maggioranza, M5s-Lega, e un contratto di governo da realizzare. Faremo in modo che alle prossime elezioni non ci sia lo stesso presidente. Ci vorrebbe la messa in stato d’accusa per qualche consigliere di Mattarella». Poi ha annunciato la manifestazione per il prossimo 2 giugno «Organizzeremo delle manifestazioni nelle principali città italiane, delle passeggiate, dei gesti simbolici, tutto ciò che è possibile fare pacificamente per affermare il nostro diritto a determinare il nostro futuro. Il 2 giugno, il giorno della festa della Repubblica, invito tutti a venire a Roma, dove faremo un grande evento. È importante farci sentire e farci vedere perché già iniziano a circolare delle bugie».
Conte è pronto a candidarsi con il M5s
L’ex premier incaricato Giuseppe Conte, si fa intervistare da Liana Milella di Repubblica e si dice «stanco» e «deluso».
Perché questa ostinazione su Savona?
«Quando con gli esponenti delle forze di maggioranza abbiamo valutato il suo nominativo come ministro dell’Economia, mi sono sentito subito rassicurato, perché figura di grande rilievo scientifico e di grande esperienza anche istituzionale. Ho poi effettuato vari riscontri con importanti economisti, traendo un giudizio sempre positivo».
Ma lei con Savona aveva parlato?
«Ho avuto con lui un incontro riservato che è durato oltre un’ora e mezza. Volevo capire meglio. Sono uscito dal colloquio profondamente rassicurato: Savona era ben funzionale al nostro progetto politico, che prevedeva la promozione di una nuova politica economica, meno legata all’austerità e più orientata a rilanciare gli investimenti produttivi. Anzi, con lui ho ragionato di come rafforzare alcuni aspetti del sistema europeo, rendendolo più equo. Di uscita dall’euro nessuno ha mai parlato e comunque non era nel contratto di governo. È per questo che mi sono potuto fare garante, con il presidente della Repubblica, della permanenza del Paese nel sistema-euro, ma anche della nostra determinazione a rinegoziare le politiche economiche». […]
Lei si candiderà con M5S?
«La proposta non è arrivata. Se e quando arriverà, valuterò».
Il curriculum pensa di aggiornarlo?
«Quello che circola su internet risale a diversi anni fa ed è stato redatto frettolosamente. Lo aggiornerò anche alla luce delle cose che avevo dimenticato e che voi giornalisti in questi giorni mi avete ricordato».
Paolo Savona al contrattacco
Paolo Savona, l’economista bocciato da Mattarella e al centro della crisi politica attuale, ha scritto su scenarieconomici.it: «Ho subito un grave torto dalla massima istituzione del Paese sulla base di un paradossale processo alle intenzioni di voler uscire dall’euro e non a quelle che professo e che ho ripetuto nel mio Comunicato, criticato dalla maggior parte dei media senza neanche illustrarne i contenuti. Insieme alla solidarietà espressa da chi mi conosce e non distorce il mio pensiero, una particolare consolazione mi è venuta da Jean Paul Fitoussi sul Mattino di Napoli e da Wolfgang Münchau sul Financial Times. Il primo, con cui ho da decenni civili discussioni sul tema, afferma correttamente che non avrei mai messo in discussione l’euro, ma avrei chiesto all’Unione europea di dare risposte alle esigenze di cambiamento che provengono dall’interno di tutti i Paesi-membri; aggiungo che ciò si sarebbe dovuto svolgere secondo la strategia di negoziazione suggerita dalla teoria dei giochi che raccomanda di non rivelare i limiti dell’azione, perché altrimenti si è già sconfitti, un concetto da me ripetutamente espresso pubblicamente. Nell’epoca dei like o don’t like anche la Presidenza della Repubblica segue questa moda. Più incisivo e vicino al mio pensiero è il commento di Münchau. Nel suo commento egli analizza come deve essere l’euro per non subire la dominanza mondiale del dollaro e della geopolitica degli Stati Uniti, affermando che la moneta europea è stata mal costruita per colpa della miopia dei tedeschi. La Germania impedisce che l’euro divenga come il dollaro “una parte essenziale della politica estera”. Purtroppo, egli aggiunge, il dollaro ha perso questa caratteristica, l’euro non è in condizione di rimpiazzarlo o, quanto meno, svolgere un ruolo parallelo, e di conseguenza siamo nel caos delle relazioni economiche internazionali; queste volgono verso il protezionismo nazionalistico, non certo foriero di stabilità politica, sociale ed economica».