Il precipitare dei mercati (spread a 303, dopo aver toccato i 320, vedi più avanti) ha spaventato i partiti, che, mentre chiedevano di votare il 29 luglio, hanno lanciato segretamente segnali al Quirinale perché rallenti la corsa di Cottarelli e dia tempo per trovare una soluzione che eviti il default.
Cottarelli, avvertito, ha ufficialmente «chiesto tempo». Opzioni in campo: un recupero dell’ipotesi Conte, rientrato ieri a Roma, ma col problema della casella dell’Economia (ieri Paolo Savona ha dichiarato: «Non c’è possibilità di default del debito pubblico italiano») oppure un esecutivo guidato da Giorgetti o da Salvini, magari con lo stesso Cottarelli all’Economia.
In questo caso la maggioranza sarebbe forse con i cinquestelle o forse col centro-destra, che dovrebbe trovarsi i voti in parlamento.
Salvini ha dichiarato: «Mattarella ha sbagliato ma basta insulti. Come segretario della Lega chiedo ai presidenti di Camera e Senato di insediare le Commissioni».
L'obiettivo è «smontare un pezzo di legge Fornero, approvare la legittima difesa e tagliare i vitalizi e alcune tasse. L'unica cosa che non permetterò è che, in attesa di capire cosa fa Cottarelli e dove va Mattarella, gli italiani abbiano un Parlamento che non lavora».
Di Maio a Napoli ha annunciato di aver rinunciato all’impeachment e poi ha gridato: «Se abbiamo sbagliato qualcosa lo diciamo: ma una maggioranza c'è in Parlamento. Fatelo partire quel governo ma basta mezzucci. Perchè di governi tecnici, istituzionali, non ne vogliamo. ìIl problema non è neanche il Quirinale, sbaglia obiettivo chi lo dice. Dobbiamo decidere invece se i governi italiani li devono decidere i cittadini che votano o le agenzie di rating e la Germania». La Meloni s’è dichiarata pronta a entrare nella maggioranza Lega-M5s.
Mattarella ha bocciato Paolo Savona per proteggere il risparmio degli italiani, ma i mercati ci hanno fatto poco caso. Lo spread ha chiuso ieri a 303 dopo aver toccato i 320 punti. Lunedì stava a 235. Gli operatori guardano con preoccupazione anche i titoli a due anni: il differenziale con l’omologo tedesco ieri ha toccato quota 300, cioè è andaro molto vicino allo spread del decennale, un segnale, secondo quelli che se ne intendono, insolito e preoccupante. La borsa è andata giù del 2,65, trascinando al ribasso tutta l’Europa, anche per colpa della Spagna dove il governo Rajoy è agli sgoccioli (Madrid ha perso il 2,8). Ieri il Tesoro doveva piazzare debito a sei mesi per 5 miliardi di euro, e lo ha effettivamente venduto, ma a caro prezzo. Dovrà pagare un rendimento dell’1,21%. Era dall’ottobre 2015 che gli interessi sui titoli del debito non si trovavano in zona positiva. All’asta di aprile il rendimento lordo medio era stato -0,41%. L’aggravio è di una quarantina di milioni, forse quattro soldi a quei livelli, però significativi.
Scrive il Corriere della Sera:
«Non ci sono spiegazioni economiche o finanziarie per quello che sta accadendo all’Italia in questi giorni. Per la prima volta in un decennio, il debito pubblico ha iniziato a scendere rispetto alle dimensioni dell’economia. Dal 2013 la spesa corrente dello Stato è stata tagliata di quasi il 3% del Pil e il surplus di bilancio, prima di pagare gli interessi, resta fra i più alti d’Europa. Anche nell’economia reale il quadro si presenta migliore di quanto non sia stato per molto tempo . Naturalmente restano moltissimi problemi, li conosciamo tutti. Ma negli scambi con il resto del mondo l’Italia l’anno scorso ha registrato un surplus per 47 miliardi di euro e solo nei prodotti industriali e agricoli l’avanzo è stato di 56 miliardi. Da un po’ di tempo l’export ha iniziato a crescere più rapidamente di quello tedesco e l’anno scorso il «made in Italy» per la prima volta ha venduto, fuori dall’Europa, più del «made in France». Continuiamo così, e tra due o tre anni questo Paese può diventare un creditore netto verso l’economia internazionale: sarà più ciò che il resto del mondo deve all’Italia che ciò che l’Italia deve al mondo. Eppure siamo qua, improvvisamente di nuovo nella morsa di un terribile panico finanziario».
Aggiunge La Stampa:
«La paura che i titoli di Stato italiani possano essere convertiti in una nuova moneta che certo si deprezzerà spinge tutti coloro che li detengono – anche italiani, risparmiatori, imprese, banche – a liberarsene. Ai consulenti finanziari la gente sempre più chiede come mettere al sicuro i soldi oltre confine»
Enzo Risso, di SWG, dichiara: : «Dai nostri dati risulta che il 54% riconfermerebbe il voto di marzo, il 10% si asterrebbe, il 22% non sa ancora che cosa farebbe e il 14% cambierebbe rispetto all'ultima volta». I più fedeli, continua Risso, «sono gli elettori della Lega che la rivoterebbero al 91%, quelli del Pd e M5s riconfermerebbero al 75%, solo il 55% invece per Forza Italia. La maggior parte di chi si astiene (+10% rispetto al 4 marzo) lo fa perché pensa che il voto sia inutile mentre il 19% tornerebbe alle urne se ci fosse un partito di sinistra»
Ha scatenato una bufera la frase sull’Italia che il tedesco Günther Oettinger, commissario europeo al Bilancio, ha rilasciato in un’intervista alla tv Deutsche Welle. «I mercati insegneranno agli italiani a votare nella maniera giusta», è stata la frase rilanciata via Twitter dal giornalista autore dell’intervista. Immediate le proteste di Lega, Cinque Stelle e anche Pd. Si è scoperto poi che il virgolettato era un riassunto diffuso dall’intervistatore e che in realtà Oettinger aveva usato toni più sfumati, anche se identici nella sostanza. Queste le dichiarazioni corrette: «Quello che temo e che penso accadrà è che le prossime settimane finiscano per mostrare drastiche conseguenze nei mercati italiani così vaste che potrebbero spingere gli elettori a non votare per i populisti di destra e di sinistra. Posso solo sperare che questo abbia un peso nella campagna elettorale e che mandi un segnale perché non venga data la responsabilità di governare ai populisti di destra e di sinistra». Alla fine Oettinger è stato criticato sia dal presidente della Commissione Juncker («commento sconsiderato») sia dal presidente del Consiglio europeo Tusk («siamo qui per servire gli elettori, non per dar loro lezioni»).
Il Giornale ha titolato: «È ufficiale: c’è un cretino a Berlino».
Ieri è stata la giornata anche delle considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che non è riuscito però a rassicurare i mercati. «Non ci sono soluzioni fuori dall’Unione Europa, grazie alla quale da dieci anni l’economia italiana si sta rafforzando», le parole di Visco che sulla salita dello spread ha detto: «Non ci sono giustificazioni, se non emotive, per quello che sta succedendo oggi sui mercati». Sul debito, poi, «la condizione essenziale è conservare la credibilità del processo di consolidamento dei conti pubblici». Quindi, in una fase espansiva e con la politica monetaria ancora accomodante della Bce di Draghi, «non è utile aumentare il disavanzo», come invece avevano immaginato Lega e M5s.