Sono trascorsi quasi 50 anni dalla notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969, quando la Natività dipinta da Caravaggio durante la sua permanenza in Sicilia fu trafugata dall’oratorio di San Lorenzo, nel cuore di Palermo. Un mistero lungo mezzo secolo durante il quale si è ricostruita l’origine mafiosa del furto che ha privato l’umanità della preziosissima tela. Poco però si è sempre saputo di cosa accadde al quadro una volta portato via. Oggi finalmente, a distanza di mezzo secolo, grazie al racconto di alcuni pentiti, emerge la verità: la tela andò distrutta dopo essere stata abbandonata dai boss che non ne compresero il grande valore: tanto per avere un'idea, oggi la tela varrebbe circa 30 milioni di euro.
A ricostruire le sorti della Natività ci ha pensato la Commissione nazionale Antimafia, che con la sua inchiesta porta ad una svolta le indagini. Il furto del quadro infatti sarebbe stato commissionato dal boss di Cinisi Gaetano Badalamenti, il quale lo usò come merce di scambio per «saldare» i suoi contenziosi con la Svizzera, legati al traffico di droga e reciclaggio di denaro.
Il racconto di Rosy Bindi - Lo spiega bene la presidente della Commissione Antimadfia Rosi Bindi: «Dalla nostra inchiesta emerge che il quadro non sarebbe andato distrutto, come per molto tempo si è pensato, ma che ancora una volta la Mafia si è comportata da Mafia. Badalamenti non credo capisse molto la bellezza della Natività del Caravaggio, ma ne ha intuito immediatamente il valore economico». E quindi, grazie ai suoi rapporti con la Svizzera per problemi di droga e di riciclaggio del denaro, intercetta un mercante d’arte che si commuove davanti all’opera ma la fa a pezzi per poterla poi vendere, e la Mafia ne ricava una consistente somma di denaro. "La nostra inchiesta arriva fin qui, ma è sufficiente per riaprire una inchiesta giudiziaria, cosa che la Procura di Palermo ha fatto, potendo avvalersi del contribuito dell’Arma dei carabinieri e in particolare del Nucleo Tutela del patrimonio culturale del Paese».