di Sabrina Sciabica. Microscopiche figure umane sembrano farsi abbracciare dal paesaggio; scene di viaggiatori, vedute di luoghi lontani e della capitale, quando si chiamava Edo, fiori, uccelli e pesci.
Questo e molto altro, nella monografica Hiroshige, visioni dal Giappone alle Scuderie del Quirinale, a Roma, visitabile fino al 29 luglio 2018.
Nel percorso si è, prima di tutto, catturati da una natura immensa, protagonista indiscussa di ogni tela, onnipresente, nelle rappresentazioni del pittore e incisore settecentesco (1797-1858).
L’uomo e le sue attività (la pesca, i viaggi commerciali, gli spettacoli come notturni come i fuochi d’artificio), si inseriscono perfettamente in essa, senza mai esserne turbati. Secondo il concetto scintoista che influenzò il punto di vista dell’artista giapponese, l’essere umano, nonostante la sua esiguità, non è mai soffocato dalla potenza delle forze naturali.
C’è da sottolineare, inoltre, un argomento che contraddistingue Hiroshige e lo svincola dal suo altrettanto famoso predecessore Hokusai. Questa mostra, in particolare, si differenzia dalle precedenti, poiché dà spazio all’ aspetto ludico della pittura nipponica.
In particolare, al primo piano, troviamo silografie policrome dedicate al Gioco delle ombre cinesi, ai teatri, alle parodie, come la divertentissima Cronaca della grande pace, battaglia tra palline di riso e sake, che rievoca avvenimenti storici antichi. Sono le cosiddette Immagini del mondo fluttuante, ovvero rappresentazioni dell’esistenza umana in ogni suo aspetto, dagli obblighi, agli svaghi, ai divertimenti.
La maestria di Hiroshige è evidente in queste incisioni, ricche di particolari e di colori diversi. Sono opere complete, che testimoniano la versatilità dell’artista che sapeva adattarsi alle richieste dell’editore, ottenendo risultati eccelsi, in ogni tema affrontato.
Un’altra importante invenzione dell’artista è l’asimmetria della composizione, che consiste nel rappresentare in primo piano un elemento, non per forza centralmente rispetto alla tela.
In tal modo, si nota un soggetto in primo piano, di grandi dimensioni e, tutt’attorno, il resto del paesaggio. Sembra quasi di assistere ad un set fotografico, di abbandonare la classicità o, meglio, di ricrearla con una tecnica più moderna.
Dalla leggiadria di un martin pescatore su una delicata ortensia, a luoghi caratteristici, arriva al pubblico tutta la bellezza dell’oriente.
Tra l’altro, il periodo di maggiore produttività del pittore, coincide con l’epoca in cui Edo si sviluppò tanto da diventare la metropoli più grande del mondo e cominciò ad aprirsi all’occidente.
È documentata, infatti, la profonda influenza di queste opere sulla pittura europea, soprattutto in autori come Claude Monet e Vincent van Gogh, per citarne alcuni.
E non solo. Ancora oggi colpisce, stupisce e si lascia apprezzare.
Nelle 230 opere esposte alle Scuderie, il “maestro della pioggia e della neve” ci fa percepire il vento e i fenomeni atmosferici, ci mostra i ponti e le strutture architettoniche del Giappone del suo tempo, ci diletta con le scene notturne, ci intrattiene con la quotidianità della variopinta esistenza umana.