“Credo che bisogna fare una grossa riflessione su quello che vuol dire oggi essere ‘antimafioso’. I casi Helg, Saguto e Montante ci insegnano che non basta una semplice ricetta per essere antimafioso, non basta diventare amici di magistrati, poliziotti, giornalisti, non basta creare un’impresa e parlare di mafia”. A dirlo è stata Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo, ucciso nella strage di via D’Amelio il 19 luglio del 1992, partecipando al dibattito ‘Lettera aperta ai giovani di Palermo’, nell’ambito di ‘Una Marina di libri’, in corso nel capoluogo siciliano.
“Anche l’antimafioso più esposto al pericolo, quello che ha ricevuto non false minacce, ma minacce vere, farebbe bene a non recitare la parte del martire da vivo – ha aggiunto -. Un po’ più di sobrietà e di silenzio renderebbe più efficace, vero e fruttuoso l’impegno anche di queste persone”.