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12/06/2018 06:00:00

Mafia, il corteo di Castelvetrano, tra favorevoli e contrari. Parla Caccamo

 Quello del 16 giugno è forse il corteo più anomalo che la città abbia mai partorito. Inizialmente voluto da un piccolo gruppo di associazioni (poco più di una decina su circa cento esistenti sul territorio), si è trasformato in un generico comitato di cittadini, il cui portavoce è Alessandro Quarrato, ex addetto stampa dell’ex sindaco Felice Errante alla guida del comune fino a pochi giorni prima dello scioglimento per mafia.

Un corteo che, al di là delle studiate formule di presentazione fatte di condivisioni social e post sponsorizzati, trae la sua forza dalla catalizzazione del malcontento dei cittadini. E soprattutto, dall’ossessione all’etichetta di “castelvetranesi tutti mafiosi” che nel corso degli anni molti hanno percepito spesso in termini persecutori, a causa delle numerose operazioni antimafia di cui si parla in televisione.

D’altra parte, lo scioglimento del comune è stato percepito da molti come una punizione. E la commissione straordinaria è finita per diventare la causa di tutti i mali, spesso additata dai simpatizzanti del vecchio sistema che, nel corso di questi mesi, hanno “reagito” con una pletora di comunicati stampa pubblicati acriticamente dalla maggioranza dei media locali.

Gli stessi media locali che oggi precisano che il corteo “non è contro la commissione, ma contro la mafia”.

 

Ma come nasce l’idea del corteo? E’ una delle tre opzioni valutate durante il primo incontro con le associazioni, organizzato dall’avvocato Giuseppe Crimi (associazione “Codici”).

Le altre due opzioni erano: un dibattito aperto a tutti i cittadini, in piazza, oppure l’acquisto delle pagine di due quotidiani nazionali, “spiegando che cos’è davvero Castelvetrano”.

La prima è stata scartata perché, dando la parola a chiunque, la cosa si sarebbe potuta trasformare in un boomerang se dal microfono qualcuno avesse inveito contro la commissione, parlando bene di Messina Denaro. Mentre l’acquisto delle pagine di Repubblica o del Corriere, anche se valutata positivamente, è rimasto un po’ in stand by.

 

E dunque, vada per il corteo antimafia. Ma senza striscioni particolari e senza eccessi. Un corteo silenzioso, magari con le magliettine con su scritto “Sono Castelvetranese e non sono mafioso”.

 

E allora la macchina organizzativa cresce, perché l’imperativo categorico è essere in tanti e dimostrare al mondo che la città non è solo mafia.

Insomma, via le sigle delle associazioni, via i partiti e i movimenti. Ma tutti presenti nella qualità di semplici cittadini. Compresi i principali sostenitori dell’infondatezza dello scioglimento, gli ex candidati consiglieri che avevano fatto ricorso al Tar, gli errantiani sostenitori della teoria del complotto ordito dalla sinistra per azzerare la classe dirigente politica della città.

Parteciperà anche Perricone, ex candidato sindaco alle ultime amministrative stoppate dallo scioglimento, ma parteciperà come cittadino.

Mentre l’onorevole Giovanni Lo Sciuto, alleato di Felice Errante nell’ultima consiliatura esprime la sua vicinanza al comitato organizzatore del corteo contro “ogni forma di mafia” e dice che anche lui è castelvetranese ma non è mafioso. Ma dice anche che “Le ultime dichiarazioni pubbliche su Castelvetrano e i continui attacchi mediatici coniati ad arte per screditare la città di Castelvetrano, hanno segnato la comunità cittadina, ormai da troppo tempo mortificata dalla gogna mediatica a cui è sottoposta.”

 

Non tutti però ci stanno. Tra questi, il circolo del Partito Democratico della città e La Sinistra per Castelvetrano.

Per i primi, l’ipotesi di un attacco alla città da parte della commissione prefettizia, alla base dell’annunciato corteo del 16 giugno, non convince. “Il Partito Democratico di Castelvetrano – scrive il circolo in una nota -  non è interessato alla demagogica competizione di chi è più onesto e “per bene” in Città ma, al contrario, parteciperà a qualsiasi manifestazione che abbia, quale unico e apertamente dichiarato scopo di sostenere il ripristino della legalità nell’azione amministrativa ed il completo affrancamento dalle influenze della criminalità”.

 

La Sinistra per Castelvetrano parla invece di un corteo che riprende la difesa di “cittadini puliti, onesti e liberi, quelli che si ribellano alla stampa, che continua ad infangare la nostra terra”. “Nulla di nuovo – hanno aggiunto - ci sembra di sentire il solito mantra ripetuto tutte le volte che si parla di mafia in città”, concludendo la loro nota così: “Ci saremmo aspettati magari un ringraziamento alla Commissione straordinaria impegnata anche attraverso scelte impopolari a ristabilire la legalità. Ci auguriamo che scelte ‘altre’ non diano luogo ad etichette dannose e a fantasie improbabili”.

 

Di tutto questo, però, che ne pensa il commissario Caccamo? L’abbiamo intervistato.

 

Il corteo del prossimo 16 giugno nasce dalla sua risposta ad una domanda dell’inviata Rai, Carlotta Ricci che, ad Uno Mattina, che le aveva chiesto che cosa fosse cambiato ad un anno circa dal suo insediamento (ne abbiamo parlato qui). Lei ha detto che la commissione straordinaria non viene vista di buon occhio e che  quella diffidenza iniziale, non si è trasformata nell’auspicata collaborazione. “Non penso che sia una questione di diffidenza oramai – aveva aggiunto -  ma probabilmente proprio di cultura.”

Qualcuno addirittura ha considerato su Facebook le sue parole come “un attacco gratuito e palesemente diffamatorio alla città ed ai suoi cittadini”, trovando terreno fertile tra gli attivisti dall’orgoglio ferito dal troppo parlare di mafia a Castelvetrano, che da anni subiscono l’etichetta di essere considerati mafiosi a causa della presenza della città nelle cronache locali e nazionali per le ripetute operazioni di polizia, gli arresti e le condanne di decine di fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, che si ripetono quasi ogni anno. Lei ha però chiarito di non aver mai voluto classificare i castelvetranesi come soggetti mafiosi. Una sorta di smentita? Come vede questo corteo?

 

Questa manifestazione, se fatta da persone consapevoli della complessità e difficoltà della situazione, non dovrebbe chiamarsi “Sono castelvetranese e non sono mafioso”, ma “Io sto con la commissione”. Poi, su quanto da me risposto alla domanda della giornalista di Rai Uno, nessuna smentita. Ho fatto delle precisazioni, ma il mio non voleva essere nemmeno un chiarimento, perché non ho bisogno di chiarire nulla. Quando ho parlato di una cultura alla base della mancata collaborazione della città, non ho certo detto che la maggioranza dei cittadini siano mafiosi. Ma non posso certo affermare che il bilancio a distanza di un anno dal commissariamento sia positivo.

Il punto è un altro. Ed è molto più drammatico: si tratta di un comune ormai raso al suolo. Ci si ostina ancora a non capire l’evidenza. Le parole della Corte dei Conti sono lapidarie e noi stiamo solo cercando di evitare il dissesto, lottando giornalmente. Qui non si tratta di aiutare la commissione, che evidentemente non è stata voluta sin dall’inizio e si continua a non volerla, ma il Comune. Se realmente si vuole contribuire a risanarlo, occorre che la cittadinanza dia un segnale. Ma davvero deve essere il sottoscritto che, con atti coercitivi, deve recuperare i canoni di locazione e poi viene fatto passare il messaggio che penalizzo l’economia locale? Tutto questo non fa che portare all’isolamento chi in questo momento sta gestendo questo comune. E l’isolamento non porta niente di buono. Additare la commissione come la causa di tutti i mali, che per altro hanno radici lontane nel tempo, non aiuta per nulla.

Il compito della commissione è quello di risanare e risollevare il comune, cercando di ottemperare alle richieste della Corte dei Conti.  Il fatto che versi in queste condizioni non è certo causa dei sottoscritti. Abbiamo ereditato questo disastro e oggi abbiamo l’obbligo di dimostrare un’inversione di tendenza, con dei risultati concreti. Il normale cittadino queste cose può anche non saperle, ma c’è una fascia di cittadini che conoscono molto bene la situazione e fanno finta di niente. 

 

 

Che può dirci dei tempi lunghi relativi alle concessioni edilizie e alle autorizzazioni? In molti hanno rilevato uno stallo.

 

Ma in passato, gli uffici comunali erano molto più solerti nelle procedure di rilascio delle concessioni edilizie? Oggi anche noi della commissione registriamo che da parte degli uffici ci sia un rallentamento delle procedure, che credo sia mirato a metterci in difficoltà. Questo è un mio personale pensiero. Certo, per tutte le procedure oggi sono necessari approfondimenti istruttori che prima non si facevano. Per esempio, prima l’informazione antimafia non si chiedeva, oggi si impone per legge. Ma al di là di questo, abbiamo avuto la netta impressione che questi rallentamenti siano per molti, ma non per tutti. Nel senso che ci sono stati casi in cui, per completare in tempi rapidi l’istruttoria di un permesso a costruire, hanno lavorato fino alle undici e mezzo di sera. A volte ci accorgiamo che si tende a privilegiare l’interesse del singolo privato, al posto di quello della collettività. In un’istruttoria dello scorso anno, per esempio, ci siamo accorti che la concessione edilizia prevedeva la cessione di aree al comune. Ma le aree, che sarebbero state oggetto di urbanizzazione (parcheggio, illuminazione, aree verdi)  non si potevano cedere, perché gravate da ipoteca. Gli uffici lavoravano alacremente fino a tarda sera per risolvere gli interessi del privato, concordando con quest’ultimo una monetizzazione sconveniente per il comune. Cosa che non si sposava con le norme. Alla fine, con il nostro intervento, siamo riusciti a rilasciare il permesso, monetizzando nel modo migliore e facendo in modo che il comune acquisisse le aree, vantandone il diritto di utilizzo.  Oggi che cosa emerge? Emerge che il privato ha piantumato le palme, offrendo al territorio una buona immagine di Castelvetrano all’ingresso della città. Non tenendo conto di tutta l’attività svolta affinchè si arrivasse  a questo risultato. Il cittadino però queste cose non le percepisce. Percepisce che la propria istanza presentata mesi fa, non è ancora stata istruita. Altri soggetti invece non si lamentano affatto dell’eccessiva burocratizzazione della verifica delle procedure.

Poco tempo fa, mi ha chiamato il capocentro della DIA, chiedendo informazioni sulla lottizzazione Accardo, di fatto bloccata. Si tratta di quella sequestrata (e quindi in amministrazione giudiziaria), relativa all’impresa Firenze. La procura della Repubblica vuole sapere perché non viene ancora data ai lottizzanti la possibilità di potere completare le opere. Ho appreso dagli uffici che c’era stato un errore nella procedura (avevano sbagliato il nominativo per la richiesta dell’informazione antimafia). Mi pare chiaro che oggi gli uffici commettono degli errori grossolani soltanto in alcuni casi, mentre in altri lavorano fino a tarda sera.

 

Egidio Morici