Quella del 16 giugno è stata una manifestazione molto ambigua, il cui slogan #sonocastelvetraneseenonsonomafioso, proprio grazie alla sua genericità, ha prodotto una nutrita partecipazione di gente. Un corteo nato dalla reazione alle parole del commissario straordinario, come è stato scritto dal comitato organizzatore sin dal primo comunicato stampa (ne abbiamo parlato QUI e QUI). Gli aggiustamenti (“non siamo contro la commissione”), più formali che sostanziali, non sono serviti granché ad invertire il significato iniziale.
E la sostanza, al di là della lodevole partecipazione dei pochi che in buona fede hanno considerato il corteo come un no alla mafia e a Messina Denaro, si è palesata attraverso la presenza di persone che è difficile immaginare sulla stessa lunghezza d’onda dei commissari. Non parliamo poi dell’accettazione dello scioglimento per mafia come risorsa.
Ed infatti, in prima fila, proprio dietro lo striscione con la scritta #sonocastelvetraneseenonsonomafioso, c’era anche Rosalia Ventimiglia. E’ una dei candidati al consiglio comunale della lista “Liberi e Indipendenti” di Luciano Perricone, che aveva fatto ricorso al Tar contro lo scioglimento.
Ma non si può dire, parafrasando De Andrè, che al corteo c’erano tutti, dal commissario al sagrestano. Certo, c'era l’arciprete, ma non il commissario. Infatti di tutte le autorità invitate dagli organizzatori, dal prefetto al questore, non c’era nessuno. Non c’erano i comandanti provinciali di polizia, carabinieri, guardia di finanza, polizia penitenziaria, vigili del fuoco, corpo forestale, vescovo. Tutti invitati, ma assenti.
In compenso però c’erano ex amministratori (da Gianni Pompeo a Beppe Bongiorno) ed ex consiglieri comunali.
C’era l’ex presidente del consiglio Giuseppe Cafiso e l’ex consigliere Bartolomeo La Croce, protagonisti durante l’incursione de Le Iene, nel 2016, per il caso Giambalvo (il consigliere fan dei Messina Denaro, tornato in aula dopo l’assoluzione in primo grado). C’era il losciutiano Piero D’angelo che, intervistato da Castelveveranonews, ha definito la relazione prefettizia di scioglimento “un po’ scarna, leggera”, meravigliato di come si sia potuto sciogliere un consiglio comunale che si era dimesso: “C’è stata molta superficialità – ha affermato – è stato un eccesso nei confronti di questa città”.
C’erano anche alcuni abusivi di Triscina che, nell’ambiguità identitaria del corteo, avevano capito che la manifestazione fosse contro le demolizioni.
C’era Pasquale Rizzo, titolare del gruppo commerciale “Keidea” e socio di maggioranza della Gogò Srl che gestisce Area 14, ma nelle vesti di insegnante, in rappresentanza della scuola.
E c’era Salvatore Di Benedetto, l’amministratore di Area 14, secondo il quale i commissari straordinari che, com’è noto, avevano emesso un provvedimento contro la società per le rate d’affitto, i tributi mai pagati e per il contratto scaduto da due anni (qui il nostro approfondimento), avrebbero speso “soldi pubblici per ‘abbattere’ un’azienda e metterla finanziariamente in ginocchio”. Di Benedetto aveva parlato anche di prepotenze istituzionali “di chi dovrebbe difendere la legalità e il tessuto imprenditoriale sano della nostra città”.
“Mi dispiace che certe parole siano uscite da certe istituzioni”, ha detto ai microfoni di Castelvetranonews, riferendosi evidentemente a quell’intervista del commissario Caccamo ad Uno Mattina. Parole, quelle del dottor Caccamo, considerate “un attacco gratuito e palesemente diffamatorio alla città ed ai suoi cittadini” dall’avvocato Mariella Cardinale, da cui è appunto nato lo slogan “sono castelvetranese non sono mafioso”. Anche lei presente al corteo (nella foto tratta dal servizio dell’Agi a cura di Marco Bova).
Ma, ci mancherebbe, nessuno è contro la commissione.
C’era anche Antonio Vaccarino, discusso ex sindaco, già collaboratore del Sisde ai tempi di Mario Mori per la cattura di Matteo Messina Denaro, che si è augurato il “ritorno della democrazia popolare”.
E poi c’erano presidenti e componenti di varie associazioni di volontariato, culturali e club services. Non in rappresentanza delle associazioni, certo, ma sempre a titolo personale. Altro aggiustamento, questo, che ha provocato confusione ed attriti sia con i giornalisti che hanno parlato del corteo che con i rappresentanti regionali delle stesse associazioni.
C’era anche la signora Francesca Mandina, che dalle pagine di Castelvetranonews aveva attaccato perfino Claudio Fava, reo di aver criticato il corteo perché informato male da “certa stampa”.
Ma la partecipazione più singolare a questo corteo ambiguo, è quella di Luciano Perricone (Liberi e Indipendenti), candidato sindaco errantiano, da un bel po’ impegnato in una serie di comunicati stampa contro la commissione.
Singolari le due lettere che ha inviato a Matteo Salvini. In quella inviata prima del corteo, confida in un suo “autorevole intervento che possa dirimere eventuali incomprensioni con la Commissione straordinaria nell’interesse della nostra città”. Il commissario Caccamo, secondo lui, sarebbe stato colpevole di “averci impunemente rappresentato all’opinione pubblica come fossimo tutti evasori, e cosa ancora più grave, come soggetti culturalmente diversi dagli altri italiani, quasi a definirci non avvezzi alla legalità, o peggio ancora, conniventi con un sistema malavitoso”.
Evidentemente, Perricone non ha percepito tutta questa vicinanza del corteo alla commissione, diversamente non avrebbe partecipato. A meno che non fosse lì come libero cittadino, solidale con i commissari fino alla fine del corteo, per poi ritrasformarsi nel presidente di Liberi e Indipendenti. Ed in effetti è successo proprio così. Dopo la manifestazione, ha infatti inviato una seconda lettera a Salvini, con la quale ha accusato la dottoressa Concetta Musca (componente della commissione straordinaria) di aver scritto su Facebook che “la mafia si combatte con le azioni concrete, con fatti ed atti utili e non con i cortei” (punto di vista, tra l’altro, più che rispettabile). E già che c’era, ha accusato anche uno dei sovraordinati nominati dalla commissione (l’ingegnere Giuseppe Riccio) di aver scritto che “per troppi anni lo Stato è stato assente, lasciando crescere una sottocultura di familiarità e personalismi” (anche questo, un punto di vista più che rispettabile). L’ingegnere Riccio aveva pure aggiunto che “le regole senza i nomi non hanno trovato alcuna applicazione e provare a fissarle fa solo crescere il numero degli avversari”, concludendo con una frase relativa al corteo del 16 giugno: “Oggi qualcuno dovrà scegliere da che parte stare, con intelligenza e senso di responsabilità, e soprattutto avendo coscienza che dietro queste proteste può annidarsi proprio chi vuole fare terra bruciata attorno allo Stato”.
La conclusione era stata profetica. E la lettera di Perricone a Salvini, non è che una conferma.
Il comitato organizzatore si è affrettato a prendere le distanze dal presidente di Liberi e Indipendenti, pur senza nominarlo e senza esprimere alcuna solidarietà nei confronti delle persone accusate, chiedendo un incontro ai componenti della Commissione Straordinaria per illustrare idee e progetti da portare avanti per la città.
Ma è proprio da quel corteo che la delirante teoria su un complotto ordito dalla sinistra per azzerare la classe politica castelvetranese trova ulteriore amplificazione, in linea con l’incipit lanciato dall’ex sindaco Errante durante un comizio a sostegno dello stesso Perricone, durante il quale aveva dichiarato di registrare “architetti sinistri, prezzolati, esperti in materie sanitarie, che viaggiano per i palazzi romani e tra qualche giorno anche per i palazzi trapanesi (con chiaro riferimento all’ex consigliere del Pd Pasquale Calamia, ndr)”.
Alla base dello scioglimento non ci sarebbe quindi la mafia e la sua accertata infiltrazione nell’amministrazione comunale, ma il Pd. Anzi, la sinistra in generale, a giudicare anche dagli screenshot delle opinioni della dottoressa Musca e dell’ingegnere Riccio, contrarie al nuovo governo e a Salvini che, sapientemente, Perricone ha riportato nella seconda lettera all’attuale ministro degli Interni. Tra l’altro, sottolineando che in passato l’ingegnere Riccio è stato un dirigente del Partito Comunista.
L’impressione è che a buona parte dell’opinione pubblica sia stato fornito un nemico, contro il quale indirizzare la rabbia per il degrado cittadino, impedendo la consapevolezza del problema principale che (al di là degli accertati condizionamenti mafiosi) non sta affatto nella carenza di idee per la rinascita della città, ma nella carenza di soldi.
Per carità, le idee servono sempre, ma la priorità è pagare. Pagare le tasse e i tributi, soprattutto chi può. Perché il gioco dei residui messi a bilancio è finito. E sono finiti i tempi dei contributi a pioggia per le associazioni.
E’ già intervenuta la Corte dei Conti e i residui sono stati azzerati. L’azzeramento ha prodotto un disavanzo, che comporta il rischio del dissesto finanziario del comune che, in passato, ha sempre vivacchiato con le anticipazioni di tesoreria. Nel corso degli anni, sembra che sia sfuggito un concetto molto semplice: non si può vivere di prestiti se non si ha la possibilità di restituirli.
Tutta la maggioranza politica uscente, in qualche modo responsabile di questa devastazione finanziaria, al posto di fare mea culpa, ha catalizzato la rabbia dei cittadini contro la commissione. Poi, buona parte dei siti di informazione locale hanno fatto da megafono, rinunciando spesso al proprio ruolo di media, in favore delle pubblicazioni acritiche dei comunicati stampa. E ricorrendo a massive sponsorizzazioni sui social (post a pagamento su facebook) pur di promuovere una manifestazione definita come un partecipato corteo antimafia ed una svolta per Castelvetrano. La partecipazione, indubbiamente, c’è stata. Più che una svolta però, è sembrato un risvolto, come quello delle camicie. Dai colletti bianchi.
Egidio Morici