Il giudice delle udienze preliminari di Palermo Nicola Aiello ha condannato, con rito abbreviato, ad oltre 114 anni di carcere dieci presunti mafiosi arrestati nell’operazione antimafia dei carabinieri di Marsala denominata “Visir” (10 maggio 2017).
La pena più severa (16 anni di carcere) è stata inflitta al nuovo presunto “reggente” della cosca lilybetana: Vito Vincenzo Rallo, 58 anni, pastore, già tre condanne definitive per mafia sulle spalle per una quindicina d’anni di reclusione.
Queste le altre condanne: 14 anni a Nicolò Sfraga, 51 anni, considerato il “braccio destro” di Rallo, 12 anni e 8 mesi a Vincenzo D’Aguanno, di 57, 12 anni ciascuno per Michele Lombardo, di 56, imprenditore edile, Simone Licari, di 59, e Ignazio Lombardo, detto “il capitano”, di 47 anni, nipote dell’anziano “uomo d’onore” Antonino Bonafede, 10 anni e 8 mesi per Giuseppe Giovanni Gentile, di 43 anni, 10 anni per Aleandro Rallo, di 24, nipote del boss Vito Vincenzo, 9 anni per Calogero D’Antoni, di 35, e 5 anni e 4 mesi per Massimo Salvatore Giglio, di 42. Quest’ultimo condannato per concorso in associazione mafiosa e favoreggiamento. Il giudice ha, inoltre, ordinato la confisca e la distruzione delle armi sequestrate. Lo scorso 7 marzo, i pm della Dda Pierangelo Padova e Gianluca De Leo avevano invocato condanne per oltre 137 anni di carcere. La pena più severa (20 anni di carcere) i pm l’avevano chiesta per Vito Vincenzo Rallo. Sedici anni, invece, erano stati invocati per i due “colonnelli” della cosca: Nicolò Sfraga e Vincenzo D’Aguanno. Ad assistere la maggior parte degli imputati è stato l’avvocato Luigi Pipitone. Gli altri legali dei personaggi alla sbarra sono Paolo Paladino (per Rallo e Lombardo), Stefano Pellegrino, Daniela Ferrari, Giuseppe Oddo, Raffaele Bonsignore e Pietro Riggi. L’inchiesta “Visir” è nata nell’ambito di quella più complessiva che mira a catturare il superlatitante Matteo Messina Denaro, mentre i reati contestati, a vario titolo, ai 14 arrestati del maggio 2017 sono associazione mafiosa, estorsione, detenzione illegale di armi e altri reati aggravati dalle finalità mafiose. Le indagini hanno delineato i nuovi assetti e le gerarchie della cosca di Marsala. E alla luce sono venute anche alcune tensioni interne sull’asse Strasatti-Petrosino (che stavano per sfociare in gravi fatti di sangue) per la spartizione delle risorse finanziarie derivanti dalle attività illecite. Tensioni che all’inizio del 2015 hanno visto l’intervento di Matteo Messina Denaro, che ha imposto la pace facendo intendere che altrimenti sarebbe sceso lui in campo con il suo “esercito”. Nel processo, sono parti civili Sicindustria e Associazione antiracket e antiusura Trapani, rappresentate dall’avvocato Giuseppe Novara, l’Associazione antimafie e antiracket “La Verità Vive” di Marsala, il cui legale è Giuseppe Gandolfo, l’Associazione Antiracket Alcamese (legale Davide Bambina) e il Centro “Pio La Torre” di Palermo (legale Ettore Barcellona). Per loro il gup Aiello ha disposto il risarcimento danni, rinviando però la quantificazione economica al giudice civile. L’altro “troncone” del procedimento “Visir” è davanti al Tribunale di Marsala, presidente Saladino, e vede, tra le altre accuse, anche quella relativa al tentativo di estorsione a un imprenditore edile di Partinico (Billeci) che nel 2011 si era aggiudicato, a Marsala, la gara d’appalto bandita dal Comune per i lavori di sistemazione di piazza Marconi. Alla sbarra, nel procedimento ordinario, sono l’imprenditore edile Michele Giacalone, 48 anni, Alessandro D’Aguanno, di 26, e i mazaresi Fabrizio Vinci, di 47, e Andrea Antonino Alagna, di 38.