Il pm Giulia D’Alessandro ha chiesto l’assoluzione di tutti gli imputati (tredici medici) finiti sotto processo davanti al giudice monocratico Vito Marcello Saladino per un presunto caso di “malasanità”.
Tra i medici alla sbarra c’è anche il commissario straordinario dell’Asp di Trapani, il 63enne ginecologo partannese Giovanni Bavetta. Lui e altri dodici medici nella primavera del 2012 erano in servizio all’Ospedale di Castelvetrano.
Il reato contestato è lesioni personali colpose aggravate in concorso. Dopo la requisitoria del pm, sono iniziate le arringhe degli avvocati difensori si concluderanno il 12 settembre.
Imputati, oltre a Bavetta, che all’epoca dei fatti era primario del reparto di Ostetricia e Ginecologia, sono i castelvetranesi Giovanni Iannone, di 71 anni, Paolo Russo, di 65, Cataldo Anzalone, di 60, Vito Cuttone, di 60, Rosario Di Carlo, di 58, Maria Daria Cangemi, di 53, Claudio Renato Germilli, di 63, la partannese Rosalia Crescenti, di 59, il campobellese Agostino Bono, di 66, la mazarese Annalisa Buscetta, di 48, il palermitano Giovanni Aliotta, di 49, e la marsalese Antonina Chirco, di 60. La vicenda è relativa alle fasi successive ad un intervento chirurgico di miomectomie effettuato, il 6 aprile 2012, su una donna che adesso ha 37 anni (la castelvetranese R.L.V.). Secondo l’iniziale accusa, i tredici ginecologi, tra aprile e maggio 2012, avrebbero cagionato “per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, una lesione personale, consistita nella maggiore durata della malattia, dalla quale derivava a V.R.L. un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni della durata superiore a giorni 40”. E in particolare, Rosalia Crescenti, “nel procedere, il 13 aprile 2012, su richiesta del Pronto soccorso a consulenza sulla paziente che presentava perdite ematiche dai genitali – a seguito di intervento chirurgico di miomectomia correttamente eseguito il 6 aprile – dimetteva la paziente con indicazione di consigli terapeutici, non procedendo al ricovero al fine di individuare le cause del sanguinamento”. La donna, insomma, continuava a perdere sangue. Tutti gli altri medici sono stati, poi, tirati in ballo in quanto, dal 15 aprile al 3 maggio, prestarono la propria assistenza alla paziente ricoverata.