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16/07/2018 07:30:00

Mafia: maxi operazione Gdf a Palermo, in carcere 24 persone

12,55 - In carcere finiscono Raffaele Favaloro, Giuseppe Corona, Maurizio Caponnetto, Vito Virzì, Stefano Madonia, Luigi Miceli, Alessandro Bronte, Gianpiero Giannotta, Domenico Lo Iacono, Calogero Naso, Carmelo Naso, Salvatore Buccheri, Giuseppe Giurintano, Salvatore Salamone, Gioacchino Salamone, Giuseppe Salamone (classe '62), Giuseppe Salamone (classe '68), Gregorio Palazzotto, Sandro Diele, Claudio Demma, Paolo Lo Iacono, Croce Siragusa. Alcuni di loro erano già detenuti per altro.


Arresti domiciliari per Nicolò Riccobene, Michele Siracusa, Giuseppa Mandarano e Antonino Salerno.

Divieto di dimora a Palermo per Rosario Armetta, Pasquale Fantaci. Giuseppe Abbagnato, Francesco Paolo Trapani, Massimiliano Cocco, Salvatore Giglio, Giuseppe Pecoraro, Giosuè Lo Piccolo, Giovanni Russo, Aurelio Perrino, Salvatore Calabrese, Aldo Calandra, Francesco Calandra, Giuseppe Tarantino, Domenico Milazzo, Emanuela Milazzo, Roberto Bonaccorso, Maria Laura Bonaccorso, Salvatore Sanfratello.

11,50 - Ecco il comunicato della Guardia di Finanza:

Nella mattinata odierna, i militari del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia - Sezione territoriale di Palermo nei confronti di 47 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, dei delitti di associazione a delinquere di tipo mafioso, riciclaggio, traffico di sostanze stupefacenti, ricettazione, usura ed estorsione aggravata.
L’attività trae origine dall’approfondimento di alcune risultanze emerse nell’ambito del contesto investigativo che ha condotto all’esecuzione, nel 2014, dell’operazione
“Apocalisse”. 
Nel corso delle indagini è emerso che un soggetto appartenente al mandamento mafioso di Porta Nuova - privo di fonti di reddito ufficiali - è il dominus di una pluralità di attività economiche, che ha formalmente intestate a prestanome, al duplice fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali ed
agevolare il reimpiego di beni e denaro di provenienza illecita.
La ricerca delle risorse finanziare rientranti nella disponibilità dell’indagato ha permesso di appurare come le iniziative imprenditoriali avviate e - di fatto - gestite
dallo stesso siano state sovvenzionate mediante l’impiego di proventi illeciti derivanti, perlopiù, dal traffico di sostanze stupefacenti dal medesimo perpetrato.
Inoltre, parallelamente, si è pervenuti all’individuazione di specifici interessi nel settore economico del commercio di metalli preziosi da parte di soggetti legati alla criminalità organizzata mafiosa. In tale ambito, è stato individuato il ruolo di primaria importanza ricoperto da un altro esponente di Cosa Nostra - figlio di collaboratore di giustizia e personaggio abbastanza trasversale rispetto ad altri mandamenti mafiosi - il quale, lungo un arco di tempo che comprende quasi un trentennio, ha instaurato stretti legami personali e di affari con diversi appartenenti all’organizzazione criminale, in favore dei quali non ha esitato a fornire il proprio incondizionato contributo per la realizzazione di attività illecite. Questi ha rappresentato, tra l’altro, un qualificato punto di riferimento di importanti esponenti criminali per la realizzazione di affari nel settore aurifero, in virtù del suo stabile inserimento nel contesto mafioso delle cosche di Resuttana e Borgo Vecchio.
Le misure cautelari costituiscono, quindi, l’esito di complesse attività d’indagine condotte dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza mediante attività di intercettazione telefonica ed ambientale ed accertamenti finanziari e patrimoniali, supportati dalle dichiarazioni raccolte da diversi collaboratori di giustizia.
Fondamentale apporto alle indagini ha fornito l’approfondimento delle segnalazioni per operazioni sospette riguardanti specifiche anomalie riscontrate da alcuni Comprooro
nel settore di riferimento.

Si tratta di un approccio che, oltre ad evidenziare un metodo investigativo compiuto e trasversale, pone ancora una volta in risalto l’efficacia del presidio antiriciclaggio
previsto dal nostro ordinamento.
Inoltre, è stato accertato l’indebito utilizzo del locale “Monte dei Pegni” come strumento per “ripulire” i preziosi oggetto di reati predatori: il materiale veniva ceduto
al banco da “teste di legno” per poi essere acquistato dai soggetti incaricati dalle consorterie criminali, che venivano così a trovarsi in possesso di beni con provenienza certificata. Le risultanze investigative hanno permesso, altresì, di ricostruire le dinamiche concernenti la pretesa economica avanzata da alcuni membri dell’organizzazione nei
confronti di persone in disagiate condizioni economiche, nonché di chiarire il sistematico apporto fornito nella fase di riscossione del denaro da parte di altri soggetti notoriamente inseriti in contesti mafiosi. Quest’ultimi, infatti, hanno posto in essere, con “metodo mafioso”, azioni idonee ad esercitare una particolare coartazione psicologica nei confronti delle vittime, con i caratteri propri dell’intimidazione derivante dall’organizzazione criminale.
Nell’operazione odierna, si è dato corso altresì al sequestro preventivo - anche per equivalente - di vari beni immobili e somme di denaro depositate su conti correnti
riconducibili agli indagati ed alle imprese individuali, nonché al sequestro di 15 attività commerciali operanti prevalentemente nel settore della somministrazione di alimenti e bevande e dell’esercizio di giochi e scommesse, per un valore complessivo pari a oltre 6 milioni di euro.
Per l’esecuzione dei numerosi provvedimenti un valido supporto è stato fornito dalla componente territoriale del Corpo, con un impegno complessivo di circa 250 militari
della Guardia di Finanza, tra cui baschi verdi ed unità cinofile per la ricerca di armi ed esplosivi, oltre all’ausilio di mezzi aerei.

11,00  - L’indagine ricostruisce la struttura della mafia dopo Totò Riina: nuovi equilibri, nuovi capi e nuovi business. Secondo gli inquirenti sarebbe proprio Corona uno degli uomini forti della riorganizzazione mafiosa dopo la morte del boss e sarebbe stato proprio lui a stabilire le nuove strategie economiche di Cosa nostra. Il suo nome non è nuovo alle autorità palermitane, infatti era spuntato fuori durante l’inchiesta che, l’anno scorso, portò in carcere i vertici del clan mafioso di Resuttana, dai boss stragisti della famiglia Madonia.


Corona non è un insospettabile. Il suo nome spunta negli atti di un’inchiesta che, l’anno scorso, portò in carcere i vertici del clan mafioso di Resuttana da sempre guidato dai boss stragisti della famiglia Madonia. Condannato a 17 anni per un omicidio commesso dopo una banale lite per la restituzione di un braccialetto, figlio di un mafioso assassinato, di lui il capomafia Gregorio Palazzotto diceva “è mio fratello”. Fiumi di soldi sporchi guadagnati con il traffico di droga sono passati per le sue mani: secondo i pm, Giuseppe Corona avrebbe fatto diversi investimenti in immobili come bar e tabacchi, con i soldi da ripulire delle cosche.

09,00 -  Sulla pagina Facebook della Caffetteria Aurora, Corona teneva in bella mostra la foto del grillino Luigi Di Maio arrivato nel suo bar durante la campagna elettorale per le ultime Regionali, era l’ottobre 2017.

Nello scatto, si riconoscono l’attuale vice premier e il leader siciliano del Movimento Cinque Stelle, Giancarlo Cancelleri, in posa accanto al cognato di Corona, Fabio Bonaccorso, risulta lui il titolare del locale che questa mattina è stato sequestrato nel corso di un blitz nei confronti di 28 persone (4 ai domiciliari).

07,00 - -  In corso dall’alba di oggi un’operazione antimafia condotta dal Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Palermo, coordinata dalla DDA di Palermo. Sono in fase di esecuzione numerosi arresti, perquisizioni e sequestri di società e immobili per diversi milioni di euro.

Sono finite in carcere 24 persone e quattro ai domiciliari.


Tra questi Giuseppe Corona, cassiere di un bar di fronte al porto, ma che secondo le le indagini del nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, coordinate dalla procura diretta da Francesco Lo Voi, teneva i conti di Cosa Nostra.


Il tesoriere di Cosa nostra è tornato in cella questa mattina con l’accusa di aver investito un fiume di soldi per conto delle famiglie mafiose: in bar, tabaccherie, negozi e poi in tanti immobili. Affari realizzati attraverso nuovi insospettabili prestanome e professionisti che operavano nell’ombra.

L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Salvatore De Luca e dai sostituti Roberto Tartaglia, Amelia Luise, Annamaria Picozzi e Siro De Flammineis oltre agli arresti coinvolge anche diciannove indagati hanno invece il divieto di dimora in città.

Questo dice il provvedimento emesso dal gip Antonella Consiglio. Nelle rete del nucleo speciale di polizia valutaria di Palermo, diretto dal tenente colonnello Saverio Angiulli, è finito nuovamente l’avvocato Nico Riccobene, già indagato per aver gestito il tesoro dei costruttori boss Graziano: adesso, ora è ai domiciliari.