Sarà presentato domani, mercoledì 25 luglio, alle 18, al Baglio Di Stefano, nell'ambito della trentasettesima edizione del festival delle Orestiadi, «Qui sono i miei sogni», il documentario di Chiara Bazzoli (scritto assieme a Chiara Cremaschi) che racconta il terremoto del Belice a partire dalle letterine che i bambini di Santa Ninfa scrissero, nel 1975, ai parlamentari e alle massime cariche dello Stato per denunciare i ritardi nell'opera di ricostruzione. Durante l’incontro, Chiara Bazzoli, Chiara Cremaschi, Andrea Marchese e Alessandro La Grassa (presidente del Cresm) converseranno con il giornalista Vincenzo Di Stefano.
Il docu-film (realizzato con la collaborazione di Andrea Marchese, che ha curato le riprese, mentre il montaggio del teaser è del videomaker Antonio Macaluso), di cui verrà proiettato un estratto, non sarà sul “passato”, ma vuole raccontare una comunità, quella di Santa Ninfa, attraverso i suoi sogni rispetto al futuro. Nel 1975, dopo sette anni dal sisma che distrusse i centri della Valle del Belice, i terremotati vivevano ancora nelle baracche e non erano previsti altri finanziamenti.
A Natale, i 700 bambini di Santa Ninfa scrissero delle lettere ai parlamentari, lettere nelle quali raccontavano le loro condizioni di vita e chiedevano aiuto, una casa. Raccontavano anche che cosa sognavano per la loro Valle e il loro futuro. L’idea di far scrivere le letterine fu del parroco di Santa Ninfa, don Antonio Riboldi, rosminiano (diventato poi il vescovo anticamorra di Acerra), che era stato inviato dal Nord una decina di anni prima. La sua proposta venne sostenuta in primis dallo storico sindaco comunista Vito Bellafiore e quindi da tutta la comunità; le lettere scritte e spedite.
Grazie a questo, nel febbraio del 1976 una delegazione di 50 bambini viaggiò in treno fino a Roma e fu ricevuta dalle massime autorità (Sandro Pertini, Aldo Moro, Giovanni Leone, papa Paolo VI). L’iniziativa divenne un caso mediatico. La questione del Belice arrivò così sotto gli occhi di tutti. E il Belice si mosse, o meglio continuò a muoversi, a livello popolare e politico e il 29 aprile 1976 fu emanata la legge con cui vennero ridefinite le modalità di costruzione (più vantaggiose per i terremotati) e stanziato buona parte del finanziamento con cui il Belice venne ricostruito. Grazie ad una compattezza cercata e costruita in modo ostinato raggiunsero un grande risultato.
Ed oggi? si chiedono le autrici. Cosa è rimasto di ciò? Cosa accade nel Belice? C’è ancora la capacità di desiderare un mondo migliore e di muoversi assieme per realizzarlo? Nel ’75 quei bambini nelle lettere chiedevano una casa; oggi i belicini cosa scriverebbero? Il documentario non riguarderà il passato di questi luoghi, anche se di certo la storia verrà raccontata, sarà invece un film sul futuro. Chissà se proprio qui dove i sogni hanno avuto potere sia possibile ritornare a farlo.