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26/07/2018 14:18:00

Mafia, il clan di Pachino sfida Matteo Messina Denaro: "Qui comandiamo noi"

Matteo Messina Denaro ha sempre meno influenza su Cosa nostra. E' questa la sensazione alla luce di quanto scoperto con l'operazione Araba Fenice.

Se dalla relazione semestrale della Dia è emerso che Matteo Messina Denaro per diversi motivi non potrà mai essere il capo di Cosa nostra, dall'operazione antimafia condotta dalla Procura distrettuale di Catania e dalla Questura di Siracusa, è venuto fuori che i clan della zona di Pachino e Portopalo, che hanno il monopolio del mercato ortofrutticolo dell'area, addirittura lo sfidano. 

"Sono venute persone di Messina Denaro, allora ti dico che me la s… pure Messina Denaro. Faglielo sapere. Qui comandiamo noi. E mandateglielo a dire!". Così Giuseppe Vizzini, detto "u' marcuottu", accanto al boss di Pachino Salvatore Giuliano, in una intercettazione diffusa nel corso della conferenza stampa dell'operazione Araba Fenice. Un'arroganza e una spregiudicatezza espressa dal clan espressa così anche nei confronti del boss castelvetranese. 

Il capo della squadra mobile di Siracusa, Rosalba Stramandino, conferma che tutta la merce ortofrutticola doveva passare dalla società La Fenice dei figli dei boss Giuliano e Vizzini, Gabriele e Simone. Era quell'azienda d'intermediazione che imponeva prezzi e provvigioni a produttori e commercianti facendo crescere il prezzo finale dei prodotti. 

 «Chi voleva scambiare merce in quel territorio – ha confermato Rosalba Stramandino – doveva necessariamente passare dai Giuliano, che usavano forme di ritorsione sottile. Nel corso di un’intercettazione abbiamo sentito lo stesso boss dire: rumore non ne dobbiamo fare! La Stramandino ha parlato del clan Giuliano con un «parassita che condizionava anche l’attività di guardiania delle auto in sosta durante la stagione balneare nella zona sud della provincia». «Arrivavano persino a chiamare la Polizia municipale – ha concluso il dirigente della Mobile – perché multassero chi posteggiava fuori dalle zone autorizzate. E danneggiavano quanti volevano svolgere in proprio un’impresa di parcheggio».