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30/07/2018 08:37:00

Rai, la rottura di Berlusconi su Foa

La nomina di Marcello Foa alla presidenza della Rai rischia di essere bocciata, mercoledì prossimo, dalla Commissione di Vigilanza di Viale Mazzini, perché, oltre a Pd e Leu, anche Forza Italia sembra intenzionata (per ora) a votare contro. Berlusconi e i suoi s’aspettavano che Salvini, ieri, si decidesse a una telefonata riparatrice.

Invece il segretario del Carroccio, in vacanza a Milano Marittima, non s’è fatto vivo, non risponde al telefono e dichiara a chi gli fa domande: «Non voglio parlare della Rai». Secondo quanto afferma Giorgio Mulé, capogruppo in Vigilanza dei forzisti, non c’è nessun «do ut des» dietro l’indignazione di Berlusconi. Semplicemente, quello di Marcello Foa, a parere degli azzurri, non è un profilo di garanzia.

Indicato dalla Lega, Foa per entrare in carica deve ottenere la maggioranza dei due terzi dei componenti della Vigilanza, ovvero 27 voti su 40. M5S e Lega ne hanno solo 21: sono necessari quindi i 7 voti di Fi. Silvio Berlusconi è furioso con Matteo Salvini per non essere stato consultato prima della scelta. Intervistato da Francesco Bei sulla Stampa di domenica, ha risposto così alla domanda se il suo partito voterà o no l’ok a Foa: «Vedo una forte volontà spartitoria. Il carattere unilaterale della proposta per la Rai, che la maggioranza ha concordato solo al proprio interno, mi sembra un pessimo segnale». La capogruppo forzista alla Camera, Mariastella Gelmini, ha detto che il partito «per ora» è contrario. A questa presa di posizione Salvini ha risposto: «Il nostro candidato della Rai rimane Marcello Foa. Se Forza Italia lo vota, bene. Se non lo vota, allora vorrà dire che stanno col Pd». Una dichiarazione che prelude a una rottura definitiva nel centro-destra, forse addirittura con la messa in crisi dei governi regionali dove Lega e Forza Italia stanno insieme. In realtà molti nel Carroccio, che non fanno entrare Berlusconi nella trattativa perché impediti dal M5s, pensano che Forza Italia voglia trattare altre nomine, dentro e fuori dalla Rai: alzare la posta per ottenere ruoli strategici a viale Mazzini ora che arriverà l’infornata di nuovi direttori e vicedirettori di rete e delle testate giornalistiche.

Commenta Marco Travaglio: «Che a insorgere come un sol uomo e a invitare la cittadinanza alla resistenza, siano il Pd e FI, cioè i più volgari lottizzatori dell’ultimo quarto di secolo, che hanno trasformato la Rai da grande azienda culturale a ufficio di collocamento per trombettieri e trombati, raccomandati e poco raccomandabili, amanti e leccaculi (fatte salve le solite eccezioni, peraltro ridotte al lumicino dalla stratificazione delle epurazioni), fa ridere i polli. Se poi pensiamo che le ultime due leggi sull’emittenza, che hanno consegnato la Rai dalle mani dei partiti direttamente a quelle del governo, portano le firme di Gasparri (FI) e di Renzi (Pd), e che dunque quanto stanno facendo Di Maio e Salvini non solo è consentito, ma addirittura imposto dalle norme volute da chi ora grida allo scandalo, viene proprio da sbudellarsi».


Gabriele Romagnoli, direttore di Raisport scelto a suo tempo da Carlo Verdelli a Antonio Campo Dall’Orto, si è dimesso dall’incarico con una dichiarazione in cui paragona le lotte interne di viale Mazzini a quelle di Beirut.