Giovanni Savalle, imprenditore alberghiero accusato di essere vicino al boss Matteo Messina Denaro a cui la Finanza e il Ros hanno sequestrato un patrimonio da 60 milioni (ne parliamo qui) ebbe un finanziamento da "Banca Etruria" grazie ai suoi rapporti privilegiati con un membro del Cda, in un periodo in cui le aziende del "Gruppo Savalle" erano prossime al fallimento.
E' uno dei particolari emersi dalle indagini patrimoniali coordinate dalla Dda di Palermo che hanno portato al sequestro. All'imprenditore sono stati sequestrati quote e intero capitale di società, beni aziendali, beni immobili e mobili registrati, rapporti bancari e finanziari anche esteri. La vicinanza al capomafia di Castelvetrano avrebbe consentito a Savalle di accumulare una fortuna e assumere rilevanti dimensioni nel tessuto economico della provincia di Trapani. Il sequestro riguarda 22 complessi aziendali, 12 pacchetti di partecipazione al capitale di altrettante società, 28 rapporti bancari, 47 fabbricati, 8 autoveicoli e la struttura dell'ex ex Kempisnsky per un valore complessivo di 62.922.867 euro.
Scrive Il Fatto Quotidiano:
"Un signor Nessuno. Mai un’indagine, nemmeno un collegamento, seppur lontano, con gli ambienti mafiosi. Giovanni Savalle era un perfetto sconosciuto agli uomini dell’Antimafia siciliana. Qualche precedente per reati economici e finanziari, niente di più. Adesso il ragionere 53enne, imprenditore alberghiero originario di Castelvetrano come il superboss latitante di Cosa Nostra, viene visto sotto un’altra luce dai finanzieri del Gico di Palermo e dai carabinieri del Ros, che gli hanno sequestrato un patrimonio di oltre 60 milioni di euro.
Certo, per la stampa nazionale Savalle può essere un signor nessuno, ma noi di Tp24 c'eravamo occupati diverse volte di lui e delle sue "imprese"...