Funziona così: se i mafiosi di Castelvetrano vanno a fare un lavoro pubblico in un’altra città, devono pagare la “messa a posto” alla cosca del luogo. Proprio come quando i mafiosi “di fuori” si aggiudicano i lavori a Castelvetrano. In realtà, è chiaro che il sistema riguarda un territorio molto più vasto di quello che si possa pensare.
E non ci sono eccezioni, nemmeno per gli imprenditori vicinissimi a Matteo Messina Denaro. I soldi servono per il mantenimento dei detenuti. Ed ogni famiglia mafiosa ha i suoi.
Anche a Castellammare del Golfo.
Dove pare che il castelvetranese Nicolò Clemente (arrestato lo scorso 6 luglio), forte della vicinanza al superboss, tendesse a derogare alle regole di Cosa nostra, dopo aver lavorato all’ammodernamento di una strada comunale di quella città.
Lo racconta il collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa (oggi defunto) ma anche le intercettazioni degli inquirenti. E Lillo Giambalvo, il consigliere comunale di Castelvetrano fan dei Messina Denaro, lo racconta al fidato Franco Martino (precisiamo che l’ex consigliere non è coinvolto penalmente nei procedimenti giudiziari che riguardano Giambalvo).
Dalle carte relative all’arresto di Clemente, emergono delle cose molto interessanti.
Emerge un Giambalvo lontano dalla figura del millantatore che gli si è cucita addosso nel corso di questi ultimi anni (Tp24 ne aveva già parlato qui). Emerge un Clemente che prende ordini solo da Matteo Messina Denaro. E perfino un Martino che rivela al Giambalvo di fare attenzione perché ha gli occhi puntati da parte delle forze dell’ordine.
Quest’ultimo, assolto in primo grado al processo Eden 2, era stato dipinto come un fanfarone che, per darsi un tono, raccontava al consigliere Franco Martino di essersi visto perfino con Matteo Messina Denaro in persona, durante una battuta di caccia, avendo pianto (entrambi) per la commozione, mentre il capomafia latitante tentava di portargli via la lepre appena presa.
Ma Giambalvo un suo ruolo riconosciuto nella cosca di Castelvetrano ce l’aveva eccome.
E lo si capisce molto bene proprio dalla vicenda della mancata messa a posto di Clemente nei confronti dei mafiosi di Castellammare.
Nicolò Clemente stava finendo una strada a Castellammare, un lavoro di circa 600 mila euro. Ma da parte sua i mafiosi del posto non avevano ancora ricevuto nulla.
Si rivolgono allora a Lorenzo Cimarosa (cugino acquisito del boss, che dopo qualche anno diventerà collaboratore di Giustizia) e quest’ultimo informa il cognato Giovanni Filardo, il quale parla con Vincenzo Panicola (marito di Patrizia Messina Denaro, sorella del capomafia castelvetranese), per cercare di risolvere la questione.
Il perché di tutto questo giro lo spiega Cimarosa che, su Clemente dice che “come referente aveva solo Vincenzo Panicola, non riconosceva altre persone della famiglia mafiosa di Castelvetrano all’infuori di Vincenzo Panicola”.
La cosa però non si risolve, perché da lì a poco Panicola e Filardo vengono arrestati nell’operazione Golem 2 del marzo 2010. E le cose si complicano.
Ecco perché i mafiosi di Castellammare si incontrano con Cimarosa. E lo fanno tramite Giambalvo, che conosce Diego Rugeri, braccio destro del capomafia di Castellammare Michele Sottile.
“Ci dissi – racconta Cimarosa – ma io cosa gli posso dire a Clemente? Voi lo sapete che Clemente praticamente è un personaggio a Castelvetrano, io non sono nelle condizioni di potergli dire, io, cosa fare. Solo Matteo Messina Denaro gli può dire cosa lui può fare e non fare, io non ho il potere praticamente superiore a lui e dirgli di sistemare questa cosa”.
L’unico tramite è Francesco Guttadauro, nipote del boss (oggi in carcere, condannato per mafia in via definitiva a 16 anni). E’ lui che alla fine ottiene, secondo quanto racconta Cimarosa, il versamento richiesto. Soldi che dovevano essere dati dal Clemente al Giambalvo e da quest’ultimo ai mafiosi di Castellammare.
Tra i riscontri di questa vicenda, gli inquirenti riportano le confidenze di Giambalvo all’amico Franco Martino, intercettate da una microspia, dalle quali emerge il malcontento della famiglia castellammarese, fonte di pericolo per lo stesso Clemente.
Giambalvo: Cola deve baciare i coglioni a Padre Pio, perché quello glielo ha detto davanti a me, gli ha detto: i soldi ci vogliono, rubali, fatteli prestare, fai quello che vuoi, perché ci vogliono i soldi
Martino: E Cola che gli ha detto?
Giambalvo: Dice, non ti preoccupare, dice, che i debiti si pagano
Martino: Poi glieli dà… avanzano soldi…
Giambalvo: Ma che, ottocentomila euro, settecentomila euro? Anche a questo qua di Partinico altri sette ottocentomila euro.
[…]
Martino: Ma lui dei soldi che ne ha fatto?
Giambalvo: Che minchia ne so! Lui dice che li ha dati a na poco di cristiani, lui dice! Ma a quelli che gliene fotte… quelli hanno i suoi santi pure là da aiutare…
Martino: Ehhh…
Giambalvo: Quello gli ha detto: tu li hai dati a una poco di cristiani che appartengono qua a te! A volialtri! Alla vostra famiglia! Noi li dobbiamo dare a quelli che appartengono a noialtri, alla nostra famiglia!. Gli ha detto: signor Clemente. Così gli ha detto: signor Clemente si vada a cercare i soldi, dice, perché noialtri non veniamo più a ragionare, lei si deve andare a cercare i soldi… lei!! Lo ha cazziato perché gli ha dato del tu a quello. A cola lo ha fatto diventare nessuno davanti a me, che io m’arronchiavi (ho provato forte imbarazzo, ndr)
Martino: Chi gli ha dato del tu?
Giambalvo: Cola a quello, gli ha detto, minchia ti pare facile, dice, che avanzo di qua avanzo di… intanto io a te… a lei dico di lei e a me mi dà del lei, a me mi dà del lei perché io gli sto dando del lei, sconto …inc… né cugini e neanche amici gli ha detto. Lei si deve andare a procurare i soldi, gli ha detto, perché noialtri non veniamo più a ragionare.
Martino: Minchia!
Giambalvo: Minchia, lui deve ringraziare il signore che a quelli li hanno arrestati, ma hanno quelli che sono rimasti fuori. Cola in brutte acque è messo ah!
Sempre secondo Giambalvo, tra gli insofferenti al comportamento del Clemente c’era anche un tizio di Partinico.
Giambalvo: … C’è un lavoro grosso a Partinico, te lo avevo accennato io a te. Gli ho proposto di farglielo fare a Cola, oggi!
Martino: Che lavoro?
Giambalvo: … Dicono che Cola non ci deve avvicinare proprio a Partinico, perché qua ancora non lo ha ammazzato nessuno, ma se viene a Partinico vero lo ammazziamo.
Martino: Minchia!
Giambalvo: Gli ho detto, ma che significa? Quello che hai capito! Minchia non ho parlato più, non ho parlato più. No, gli ho detto siccome lui per ora è l’unico che rema un pochettino con questi lavori… Dice, se qua non ci spara nessuno, là “nu pulizziamu”. Dice lui, né Castellammare, né alcamo, né Partinico, non deve canziari (spostarsi, ndr) più in queste zone, dice, non deve “canziari” più, deve stare attento pure quando prende l’autostrada che va pure a Campobello, dice. Minchia, “li carni arrizzanu (viene la pelle d’oca, ndr)…
Martino: Minchia!
Giambalvo: Minchia, non avevo mai sentito parlare così di Cola…
Da un’altra conversazione, a distanza di circa un anno da questa emergeva un particolare singolare.
Franco Martino rivelava al Giambalvo di aver ricevuto, invia del tutto confidenziale da parte di una persona di cui non fa il nome, il consiglio di prestare la massima attenzione ai rapporti che intratteneva col Giambalvo, perché aveva saputo che quest’ultimo era oggetto d’investigazione da parte delle forze dell’ordine.
Ma alla richiesta del Giambalvo di conoscere il nome della persona che gli aveva fatto questa confidenza, Martino risponde: “Cristiani di ca sta banna (persone di questi luoghi, ndr)”
A quel punto Giambalvo si chiede se può esserci relazione con un periodo in cui frequentava delle persone “di fuori”…
Giambalvo: Perché io… frequentavo un periodo cristiani… di fuori pure
Martino: Oh Lillo…
Giambalvo: Quando fu tannu (in quel periodo, ndr)… ma tannu non ho avuto nulla…
Martino: E allora? Allora non c’è niente! … (pausa)… Lillo non mi interessa a me neanche saperlo…
Giambalvo: Il fatto di Diego! Io ho frequentato quattro giorni a Diego… può essere questo…
E a questo punto, la conversazione è coperta da omissis.
Egidio Morici