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27/08/2018 06:00:00

Mafia a Castelvetrano. Il braccio violento del cemento

Pubblici o privati, come titolare, in subappalto, come fornitore, a Castelvetrano i lavori da un bel po’ di tempo li prendeva sempre lui: Nicolò Clemente. Come ha sottolineato il giudice per le indagini preliminari nel procedimento giudiziario che lo riguarda, Clemente godeva “di appoggi all’interno del comune di Castelvetrano in ragione di rapporti collusivi dallo stesso intrattenuti con funzionari di rango apicale”. Insomma, uno a cui non si poteva dire di no.

Anche Giuseppe Grigoli, l’ex re dei supermercati condannato in via definitiva in quanto socio di Matteo Messina Denaro, dice che la maggior parte dei lavori li faceva lui, forse anche per il timore che il fratello Giuseppe Clemente (ex killer di Cosa nostra, suicidatosi in carcere nel 2008) potesse scegliere di collaborare con la giustizia. Ed è appunto Nicola Clemente a fornire il cemento anche per costruire il centro commerciale Belicittà. Fornitura imposta da Vincenzo Panicola, cognato di Matteo Messina Denaro.

Una fornitura vantaggiosa?
Grigoli risponde al Pm in modo inaspettato: “No, no assolutamente. Mi rubavano al cento per cento”. E spiega che dallo sbancamento “si prendeva la terra buona, quella che può servire in campagna”, mentre per il riempimento portava la terra da altrove. Inoltre, secondo quanto riferisce Grigoli, il cemento doveva essere sempre controllato perché non sarebbe stato di buona qualità.
Ma l’ex re dei supermercati non ha mai protestato. Aveva paura.

Il Pm gli chiede: “Ma lei aveva timore di Clemente?
Grigoli: “Un pochino sì, perché so che non è una persona tanto…”
PM: “E… che cosa sa?”
Grigoli: “Niente…”
PM: “Come niente? Signor Grigoli… che vuol dire niente? Uno ha timore, non protesta, viene truffato, ‘so che era un po’ così’, che cosa sapeva?”
Grigoli: “Sapevo che, in effetti quando stava costruendo Vito Li Causi, Vanico, il cemento ce lo portava un certo Cascio che ha l’impianto di là e non so cosa è successo, raccontato da persone, che lui ha preso a quello minacciandolo, a Cascio e che ha dovuto smontare la pompa e tutto perché il cemento lo doveva portare lui là”
PM: “Raccontato da chi? Da chi le è stato raccontato questo episodio?”
Grigoli: “Da chi è stato raccontato? Da Giovanni Risalvato (imprenditore edile condannato per mafia in via definitiva a 14 anni,nel processo Golem 2, ndr) dice: è terribile”.

E se per accaparrarsi i lavori non andava tanto per il sottile, la pazienza era poca anche quando i clienti tardavano a pagarlo.
L’esempio illuminante è quello dei lavori per l’imprenditore Nicolò Egitto.
In una significativa conversazione telefonica del dicembre 2006, Nicolò Clemente incaricava il suo braccio destro Vito Cappadonna di contattarlo per sollecitare il pagamento, ricorrendo nel caso a “poco velate minacce”.

Clemente: “Tu gli devi dire che caso mai puoi dormire lì con lui… nel mezzo… gli devi dire ci mettiamo nel mezzo tra te e tua moglie…”
Cappadonna: (sorride)
Clemente: “Perché gli devi dire qua di questo si tratta… ci corichiamo nel mezzo e non se ne parla più…
Cappadonna: “Eh… a lui gli sembra che scherzo… hai capito?... Gli sembra che scherzo…”
Clemente: “No… non deve scherzare lui… non è che deve fare…”
Cappadonna: “Oggi mi ha fatto combattere mezza giornata là sopra…”
Clemente: “Ah… ah… non è che deve fare il testa di minchia lui!”
Cappadonna: “E poi… di sotto… di sopra…”
Clemente: “Chiacchiere…”
Cappadonna: “Dice: Vito, non ti preoccupare, che ti chiamo io…”
Clemente: “No… che chiami…”
Cappadonna: “Sì… io non è che mi preoccupo… qua ci sono i problemi…”
Clemente: “Qua noi abbiamo i problemi noialtri… qua abbiamo i problemi…”
Cappadonna: “Domani ci provo di nuovo, Cola…”
Clemente: “Eh… eh… caso mai ti stai là, hai capito? Ti porti una sedia a sdraio e stai là con lui…Omissis…”

Minacce probabilmente non attuate, dal momento che l’imprenditore, una volta sentito dalla Polizia, non le ha confermate.

Egidio Morici