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29/08/2018 06:00:00

Selinunte e Triscina, la beffa della “posidonia”

 La “posidonia” trasferita da Marinella di Selinunte a Triscina (ne avevamo parlato qui) non era un rifiuto pericoloso. Lo hanno stabilito, qualche giorno fa, le analisi dell’Arpa effettuate su tre campioni: uno di sabbia, e gli altri due di foglie di posidonia, sabbia e pezzi di roccia argillosa. Dunque, anche se la maggior parte del materiale era stato alla fine rimosso dal Genio Civile, i bagnanti non avrebbero mai corso alcun pericolo.

Ma, al di là della pericolosità, quel cumulo era comunque un rifiuto.
Foto, video e decine di testimonianze dimostrano che le masse di posidonia erano “arricchite” da vecchie scarpe, bottiglie di plastica, pezzi di rete da pesca ed altro materiale. Certo, materiali non pericolosi, ma pur sempre identificabili come rifiuti a tutti gli effetti, senza bisogno di prelievi ed analisi tossicologiche.
L’origine di questi rifiuti è più che evidente: arrivano dai fondali del porticciolo di Selinunte. Sì, perché la posidonia in questione non è quella che il mare deposita sulla spiaggia.  E si è sempre fatta una (sapiente) confusione tra le alghe (come impropriamente vengono spesso chiamate le foglie di posidonia) spiaggiate e quelle estratte dal porto.

La legge e le circolari dirigenziali dell’assessorato regionale competente, parlano espressamente di “accumuli di posidonia spiaggiata lungo i litorali”. E “spiaggiata” significa lasciata dal mare sulla spiaggia. Ma da anni, il comune di Castelvetrano ha sempre usato il “trucco” di far risultare spiaggiate anche quelle estratte dai fondali del porto, per evitare i costi dello smaltimento. E allora, da tempo si assiste a penosi spostamenti “temporanei” come, per esempio, quello su un campo di ulivi (provocando la morte di 30 alberi) o quelli in via Manganelli, nella periferia di Castelvetrano, facendo da apripista ad incivili meno istituzionali che in seguito hanno usato quella via come discarica di rifiuti indiscriminati.
Il Genio Civile della Regione Siciliana (difficile dire in realtà chi gliel’abbia suggerito, al di la dei documenti ufficiali dell’ufficio tecnico del Comune) però ha esagerato, non mettendo in conto la reazione dei residenti di Triscina, davanti ai camion che avevano cominciato a scaricare quel materiale difficilmente definibile come “foglie di posidonia”.
E allora, lavori interrotti e disposizioni del commissario Salvatore Caccamo alla rimozione di ciò che era stato sversato, oltre a nuove analisi per escludere sostanze pericolose che avrebbero potuto nuocere alla salute dei bagnanti. Sostanze pericolose che, come si diceva, sono state escluse.

Tutto risolto? Forse a Triscina. Perché a Marinella di Selinunte l’enorme cumulo di materiale estratto dal porto, giace ancora sornione sulla spiaggia dello Scalo di Bruca, e lì in mezzo ovviamente non ci sono solo foglie di posidonia. Una spiaggia frequentata da bagnanti, che invece non hanno mai protestato; né loro, né gli esercizi commerciali che si trovano a pochi metri.
Certo, quel materiale non è pericoloso. Ma nemmeno l’organico, la plastica ed il vetro sono pericolosi. Non per questo sarebbe giusto poggiarli sulla battigia, aspettando che le mareggiate di scirocco se li portino via.
In sostanza, però, è proprio quello che si spera possa accadere con la posidionia del porto sversata sulla spiaggia attigua, in modo da salvare capre e cavoli. Il fatto poi che i selinuntini non abbiano protestato (succede la stessa cosa in media una volta ogni due anni, non si sono mai lamentati seriamente e non si capisce perché avrebbero dovuto farlo adesso), ha permesso al grande cumulo di stare lì fino alla fine dell’estate.

Adesso tocca allo scirocco; non è detto che riuscirà a portarsi via tutto quel materiale, reso super compatto dai cingolati che, durante i lavori, ci hanno camminato sopra. Ma la speranza è l’ultima a morire in questo 2018 così sfortunato per il porto, che ha subìto pure il crollo di una banchina, cancellando di fatto il distributore di carburante per barche, smontato in fretta e furia appena il giorno prima.
E allora, alla fine, queste analisi dell’Arpa suonano come una beffa; la posidonia non è un rifiuto pericoloso. E non lo sarebbe nemmeno nel caso fossero state rilevate tracce di batteri fecali. Ricordiamo che quando le elettropompe non riescono a spingere i liquami verso il depuratore, il sovrappieno delle vasche di raccolta dei reflui fognari di Selinunte finisce dentro le acque del porto. Ma i rifiuti contenenti batteri fecali, appunto, non sono classificati come pericolosi.
Mentre invece le “foglie di posidonia” potrebbero essere considerati rifiuti speciali, se portati via in modo definitivo dal luogo ove sono stati rimossi. E per questo, dovrebbero essere smaltiti secondo legge.

A meno che non vengano accumulati altrove, durante la stagione estiva, per poi essere riportate sulla spiaggia originaria in inverno, in modo da contrastare l’erosione delle coste.
Ma se le metti in riva al mare, rischi il “ripascimento” di zone che potrebbero non averne bisogno. E non sembra ci siano studi che certifichino una particolare erosione della costa, proprio in prossimità della strada 17 a Triscina. Insomma, questa scelta rimane un mistero.
Fermo restando che, a prescindere dalla zona di spostamento, prima di spostarla, la posidonia dovrebbe essere sottoposta a specifiche operazioni di setacciatura, volte alla separazione degli altri rifiuti mischiati ai cumuli. Operazioni mai fatte, tranne che per i rifiuti davvero macroscopici.

Funziona così.
La posidonia entra nel porto di Selinunte. Sedimenta, si arricchisce di batteri fecali, di idrocarburi, bottiglie, funi, reti da pesca, copertoni ed altra roba. Poi tutto viene estratto, depositato sulla spiaggetta accanto, dove avviene una sorta di drenaggio, e ritirato di nuovo in mare dallo scirocco. E il ciclo ricomincia.

Egidio Morici