Con la prescrizione per il generale dei carabinieri in pensione Antonio Subranni, del tenente Carmelo Canale e di altri due sottoufficiali dell’Arma si chiude il processo per il depistaggio sulle indagini per la morte di Peppino Impastato.
Si accerta dunque una verità processuale, che, secondo i giudici, conferma la responsabilità dell’alto ufficiale e dei suoi collaboratori ma non rende giustizia ai familiari e nemmeno a Peppino.
L'uccisione e il depistaggio - Il 9 maggio del 1978 il giornalista e animatore di Radio Aut candidato in quei giorni alle elezioni comunali, viene sequestrato e ucciso a Cinisi. I boss lo fanno saltare in aria sulla linea ferroviaria per fare sembrare l’accaduto il gesto di un folle terrorista che si è suicidato. Le prime indagini condotte dall’allora maggiore Subranni imboccano una via a senso unico, quella dell’attentato terroristico e non considerano minimamente le testimonianze e le prove degli amici di Peppino. Solo molti anni dopo si arriva alla riapertura del processo e nel 2002 alla condanna all’ergastolo per Tano Badalamenti quale mandante del delitto e all’apertura delle indagini sul depistaggio.
Il tenente Canale, braccio destro di Borsellino - L’archiviazione per prescrizione salva dunque Subranni da un processo per favoreggiamento e lo stesso è avvenuto per il tenente Canale e i carabinieri Francesco Abramo e Francesco Di Bono accusati di concorso in falso. A casa di Peppino eseguirono un “sequestro informale” di documenti, così come da un atto ufficiale dei militari, fatto grave scrive il giudice perché nel nostro codice di procedura penale non esiste il “sequestro informale”. Tra i militari che effettuarono il sequestro dell’archivio di Peppino c’era, come detto, Carmelo Canale, divenuto in seguito braccio destro e uomo ombra di Paolo Borsellino, per poi finire indagato e sotto processo per collusione con la mafia. Accusato da diversi pentiti, nel febbraio del 1999, quattro anni dopo il suicidio del cognato, il maresciallo dell’Arma Antonino Lombardo, venne rinviato a giudizio per concorso in associazione mafiosa e solo dopo 8 anni di processo assolto.
L’archivio Impastato – “Ora che è finito il processo l’archivio di mio fratello con i suoi appunti e progetti per la lotta alla mafia deve essere restituito alla famiglia e agli italiani – afferma Giovanni Impastato”. Questi documenti saranno custoditi in qualche archivio di Stato. “La prescrizione non può cancellare la memoria di uno straordinario impegno contro la mafia- conclude il fratello di Peppino”.
I perché del depistaggio - Oggi alla luce di quanto emerso da questo processo, ma anche dalle sentenze di altri procedimenti, ci si chiede il perché del depistaggio, perché la pista mafiosa fu subito scartata e perché un ufficiale dell’esperienza di Subranni ha avuto questo comportamento, domanda che si è posta anche anche la commissione antimafia e che diventa più pesante alla luce della condanna a 12 anni nel processo sulla trattativa Stato-Mafia. Trattativa tra pezzi dello Stato Subranni, Mori e De Donno che hanno dialogato con soggetti della mafia dopo la strage di Capaci e che anziché fermare la violenza accelerò la morte di Borsellino.
Lo sfondo di una trattativa anche nel periodo dell’uccisione di Impastato – Badalamenti alla fine degli anni ’70 era il mafioso più autorevole e potente della cupola. Ma in quel periodo, dopo essere stato scavalcato da Riina, non si sa esattamente quando, iniziò a parlare con i carabinieri e avrebbe dato informazioni su dove si trovavano Riina e Provenzano. E’ questo il motivo per cui avvenne il depistaggio sulla morte di Peppino Impastato e che oggi sembra apparire di difesa di Badalamenti? Una cosa sicura in questa vicenda è che la persona che era in contatto e gestiva le confidenze del boss di Cinisi era il maresciallo Lombardo cognato, come già anticipato del tenente Carmelo Canale. Lombardo si uccise con un colpo di pistola il 4 marzo del 1995 nella caserma Bonsignore a Palermo. Come l’archivio di Impastato, sparirono anche gli appunti e i documenti del maresciallo dove annotava le confidenze con gli uomini di mafia. L’unico scritto rimasto è quello in cui diceva di aver dato il proprio determinante contributo alla cattura del capo del capi. Insomma, nuovi misteri e trattative che fanno da retroscena all'uccisione di Peppino.