Con i dieci miliardi per tre anni trovati dal governo, partirà - da marzo - il reddito di cittadinanza, cioè un assegno per i disoccupati che si impegnano a cercare attivamente un impiego (secondo La Stampa ne usufruiranno sei milioni e mezzo di italiani); dal 2020 si pagherà l’Irpef col sistema delle due aliquote, una al 23% (redditi fino a 75 mila euro) e una seconda al 33% (redditi superiori ai 75 mila euro); si potranno ritirare dal lavoro, grazie a un taglio delle pensioni superiori ai 4.500 euro netti mensili, 400 mila persone; si stipulerà una pace fiscale con i cittadini gravati da cartelle inferiori ai centomila euro.
Tria sconfitto, manovra col deficit al 2,4%
A sera, al termine della giornata più lunga del governo giallo-verde, Di Maio e Salvini hanno annunciato l’intesa sulla manovra economica, raggiunta in consiglio dei ministri all’unanimità. Dopo un vertice di cinque ore è stato stabilito che nel Documento di programmazione Economica e Finanziaria (Def) il rapporto deficit/Pil arriverà al 2,4%, sforando la soglia dell’1,6 fissata dal ministro dell’Economia Giovanni Tria. Questi avrebbe resistito fino all’ultimo, ma «non si dimetterà», assicurano fonti del governo, dopo un contatto tra il premier Conti e il presidente Mattarella. Nella notte è arriva la ratifica del Consiglio dei ministri e, davanti a Palazzo Chigi, hanno fatto festa, con bandiere e selfie, parlamentari e militanti del M5s. «È un giorno storico, è cambiata l’Italia. La manovra del popolo cancella la povertà, ci sono 10 miliardi per il reddito di cittadinanza», ha affermato Di Maio. «Tasse abbassate al 15% per più di un milione di lavoratori italiani, diritto alla pensione per almeno 400.000 persone e altrettanti posti di lavoro a disposizione dei nostri giovani superando la legge Fornero, chiusura delle cartelle di Equitalia, investimenti per scuole, strade e Comuni, nessun aumento dell’Iva», ha aggiunto Salvini. Il tetto del 2,4% sarà mantenuto, dice il Def, per tutto il triennio 2019-2021. Grida, dall’opposizione, di Partito democratico e Forza Italia. Si attende adesso la reazione dei mercati e quella della Commissione europea che si riunirà alla metà d’ottobre e potrebbe avviare una procedura d’infrazione. Per ora le Borse restano indifferenti, mentre l’euro è andato un po’giù (vedi Borse di notte).
Che succede adesso? Lo spiega Repubblica:
«Il 16 ottobre di buon mattino il vicepresidente della Commissione europea, il lettone Valdis Dombrovskis, e il titolare dei conti pubblici, il francese Pierre Moscovici, firmeranno la lettera che mai si sarebbero aspettati a pochi mesi dalla fine del loro mandato a Bruxelles: intimeranno al governo Conte di modificare la manovra entro due settimane, o saranno costretti a rigettarla. Quindi, a fine ottobre, se nulla sarà cambiato nel bilancio italiano per il 2019, scriveranno la loro opinione negativa, il rigetto della finanziaria gialloverde prima ancora della sua approvazione in Parlamento per via di un peggioramento strutturale del deficit di 12,6 miliardi. A quel punto ci saranno altre tre settimane per cancellare quel 2,4% dalla casella del disavanzo. Se così non sarà, intorno al 21 novembre arriverà la bocciatura definitiva che aprirà la porta a una procedura di infrazione sui conti italiani al più tardi nei primi mesi del 2019. Il commissariamento europeo del governo grillo-leghista con una serie di parametri molto stringenti per rimettere deficit e debito su una traiettoria discendente. Sullo sfondo le sanzioni Ue, senza contare le reazioni dei mercati».