Farsi trapiantare un cuore artificiale del tipo Cardiowest costa 60 mila euro. Il nuovo cuore bionico creato da Gino Gerosa ne costa ventimila in più. Dice Gerosa - intervistato oggi sul Corriere della Sera - che è professore e direttore della Cardiochirurgia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Padova (studi in Sudafrica, primo ad aver impiantato un cuore artificiale, record di trapianti cardiaci in Italia, al secondo posto in Europa): «Il Cardiowest, concepito dopo la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti dallo stesso inventore olandese che ideò il rene artificiale, condanna a una pessima qualità di vita»
Come mai?
«Non batte: soffia. Quindi ha bisogno di un compressore esterno molto rumoroso, del peso di 7 chili, che produce l’aria necessaria a movimentare la membrana racchiusa fra due gusci di poliuretano. Per di più le quattro valvole meccaniche richiedono una terapia farmacologica a vita».
Da quanto lavora al cuore bionico?
«Dal 1988, quando facevo training da Ross a Londra. La svolta giunse nel 2007 da due veneti, esperti in impianti hi-fi. Avevano progettato un orologio da polso che misurava pressione, indice glicemico, colesterolo e cercavano un consulente medico. Finimmo a parlare del cuore bionico. Di lì a qualche mese tornarono da me con il disegno di un tubo. Obiettai: ma vi pare che possa impiantare questo aggeggio nel torace di un uomo?».
E loro?
«Modificarono lo schizzo. A quel punto mi emozionai, perché anche nell’embrione il cuore comincia a forma di tubo e, dopo varie flessioni e rotazioni, assume le quattro camere cardiache e i vasi aortopolmonari. In pratica era l’anticipazione dell’attuatore, il meccanismo fondamentale del cuore bionico».
Per quale motivo lo ha chiamato così?
«Alla parte elettronica unisce quella biologica, costituita da un rivestimento di pericardio bovino decellularizzato».
Servono terapie dopo il trapianto?
«Gli antiaggreganti. Invece con il Cardiowest anche gli anticoagulanti».
Dimensioni del cuore bionico?
«Appena 8,5 centimetri, contro i quasi 15 di cui abbisogna il Carmat messo a punto in Francia».
Dura per sempre?
«E il cuore umano dura per sempre?».
Già, niente è per sempre nel corpo.
«Appunto. Un’auto messa su un circuito alla velocità costante di 100 chilometri orari dopo sei mesi avrebbe percorso 432.000 chilometri e sarebbe da buttar via. Il cuore pulsa 70 volte al minuto, circa 100.000 al giorno, 3 miliardi di battiti nella vita media. Ecco perché una durata superiore ai cinque anni per quello bionico è già un successo, tenuto conto che poi si può sempre impiantarne un altro».
Gerosa e la sua équipe hanno brevettato il cuore bionico pagando di tasca propria. Per completare il prototipo e avviare la sperimentazione ci vorrebbero 50 milioni. «Ho fatto il giro di fondazioni bancarie, industrie farmaceutiche, imprenditori, raccogliendo tante pacche sulle spalle». Quelli dei fondi d’investimento gli hanno chiesto se, investendo 50 milioni, avrebbero recuperato almeno il doppio entro cinque anni.