Il Partito Democratico è in caduta libera, lo è da mesi, da quando inesorabilmente ha perso per le regionali e poi per le nazionali di marzo. Tutte sconfitte annunciate.
Una parabola discendente che non ha raddrizzato il tiro nemmeno quando Matteo Renzi si è messo da parte. Le faide interne, le guerre tra correnti, la non presenza sui territori ha portato tanta ruggine.
Gli elettori si sono allontanati e hanno deciso di volgere lo sguardo altrove, le percentuali dei dem sono ridotte al minimo. Eppure tentano di darsi un nuovo assetto, parlano di congresso nazionale e regionale, manca però il dibattito. Manca la politica. Il PD si nutre, ancora, di polemiche e di correnti.
Domenica scorsa a Roma Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, ha riunito attorno a se buona parte della sinistra siciliana, c'erano i due maggiori deputati regionali: Giuseppe Lupo e Antonello Cracolici. Insieme a loro Teresa Piccione, Antony Barbagallo, tutti della corrente di Dario Franceschini, ex Ministro, ma anche buona parte della sinistra della Sicilia occidentale.
Zingaretti è motivato, pronto a scendere in campo per acciuffare la segreteria nazionale. Se da una parte sul suo nome si compatta una fetta di dem siciliani, dall'altra parte non c'erano i renziani della prima ora, tra cui Davide Faraone, che per la segreteria nazionale punterebbero su Marco Minniti, ex ministro dell'Interno.
Tanti i nomi messi sul piatto, lo stesso Carlo Calenda si è reso disponibile a correre per una concreta alternativa dentro il PD.
Si dovrebbe partire pure con il rinnovo della classe dirigente provinciale. E così si parla di congressi senza prima avviare la fase dei tesseramenti. Con quali tessere si voterà? E' il paradosso della buona politica e del buon esempio. Svolgere un congresso con un tesseramento avvenuto anni fa, con pseudo politici che sono usciti di scena e che potrebbero ancora conservare il loro pacchetto di tessere è inquietante. Non fa parte del rinnovamento, semmai si tratterebbe di un ennesimo congresso, a vari livelli, falsato. Fanno prima a fare le nomine. Per i deputati regionali che hanno presenziato a Roma non c 'è alternativa alla figura di Zingaretti.
E cosa accade in Sicilia? Faraone potrebbe essere alla ricerca di unità e di sintesi, quella unità che non mira ad altre lotte intestine ma ad accorciare la distanza con i territori. Un volto giovane che sappia rigenerare il partito, che lo estrapoli dalle tensioni e che lo rilanci. Non vecchie caste e logiche di spartizione di poltrone.
L'operazione di Faraone potrebbe non essere apprezzata da una parte dei dem che in verità renziani non lo sono mai stati, il renzismo è stato per loro un marchio da indossare perchè trendy. Una volta affondata la barca piuttosto che aiutare a risalire la china si è pensato bene di lasciare la scialuppa.
I nomi che si fanno per la segreteria regionale, dopo la gestione di Fausto Raciti, sono tanti e provenienti da aree diverse. C'è Luca Sammartino, recordman di preferenze alle ultime regionali con 30 mila voti, c'è anche il nome dell'ex assessore alla Salute Baldo Gucciardi, che però al momento smentisce ogni suo interesse verso la segreteria regionale, almeno fino a quando il partito versa in queste condizioni.
Del resto c'è una scadenza elettorale imminente, le europee del 2019, dove il PD assisterà all'elezione di un solo parlamentare. Il nuovo segretario regionale dovrà fare i conti con le sconfitte che verranno.
Ma proprio per non farsi mancare nulla si dimette dalla carica di tesoriere del PD Lillo Speziale. La causa delle dimissioni è da ricercare nel mancato versamento del contributo dovuto al partito per le cariche elette. Speziale precisa che solo alcuni dei deputati versano la quota, quindi il problema non è legato alla finanza del partito ma al senso di appartenenza allo stesso.