La piovra alla sbarra: una serie tv per raccontare, anche con il linguaggio della docufiction, la storia del maxi-processo del 1986-87 a Palermo. Quello contro Cosa Nostra, istruito dal pool di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, rivissuta attraverso le immagini delle udienze in aula (1.200 ore di materiale audiovisivo che le Teche Rai hanno restaurato, digitalizzato, studiato e approfondito) e arricchita da ricostruzioni con scene da serie televisiva. Una doppia narrazione intrecciata per raccontare in sei puntate, "Maxi. Il grande processo alla mafia", una serie scritta da Cosimo Calamini, Alessandro Chiappetta, Marta La Licata e Davide Savelli, con la regia di Graziano Conversano, andrà in onda da martedì 23 ottobre alle 21.10 su Rai Storia e in anteprima su RaiPlay dal 17 ottobre.
Una serie che ha avuto anche il plauso del presidente della Repubblica Mattarella che ha inviato agli autori, alla direttrice di Rai Cultura Silvia Calandrelli, a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del progetto, un messaggio attraverso il Quirinale: "Un'opera storiografica di grande rilievo che permetterà, soprattutto ai giovani, di comprendere l'impegno di quei tanti servitori della Repubblica che seppero tenere alta la bandiera della legalità". Calandrelli ha sottolineato che il maxi-processo ha rappresentato "uno spartiacque nella lotta alla mafia. Iniziato infatti il 10 febbraio del 1986, che vide 476 imputati, 200 avvocati, 8mila pagine di sentenza.
E quindi 19 ergastoli e 2665 anni di carcere complessivo. Abbiamo anche usato gli appunti di Grasso che era giudice a latere e gentilmente ce li ha prestati". All'evento di presentazione nella sede Rai di Viale Mazzini ha partecipato il Procuratore Nazionale Antimafia e Terrorismo Federico Cafiero De Raho. Presenti in sala anche Pietro Grasso, all'epoca giudice a latere, il questore di Roma Guido Marino e il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, il giudice Caterina Chinnici, la figlia del magistrato Rocco Chinnici (il suo nome è legato all'idea dell'istituzione del "pool antimafia", fu assassinato da Cosa nostra nel 1983). Tra gli ospiti anche i giornalisti sotto scorta Federica Angeli e Lirio Abbate.
Nel corso del suo intervento in Rai Federico Cafiero De Raho ha parlato della mafia di oggi, sostenendo che "non è più possibile che uno come Matteo Messina Denaro si sottragga all'arresto, la sua latitanza è un capitolo che deve essere necessariamente chiuso". De Raho, sollecitato dai cronisti, ha detto di ritenere che l'allarme espresso da Raffaele Cantone, presidente dell'Anac, di rischio di infiltrazioni - sul decreto Genova - vada "condiviso", perché "le mafie oggi riescono a schermarsi e a mimetizzarsi e a essere presenti perché riciclano migliaia di euro". Secondo il procuratore, infatti, oggi "individuare il soggetto economico mafia non è più facile se non si svolgono indagini approfondite che possono durare anche anni. Quanto maggiore è il sistema di selezione, tanto maggiore è la possibilità di escludere le mafie".
Arricchito dalla colonna sonora originale di Giorgio Spada, il racconto si sviluppa attraverso la voce narrante di Franco, un giornalista Rai interpretato da Giovanni Guardiano, che si mescola alle immagini dell'epoca e fa rivivere "l'epopea" di giornalisti e tecnici Rai chiamati a documentare l'intero processo, per il pubblico italiano e per le tv di tutto il mondo. Accanto a Franco lavora una squadra composta da un cameraman, Gianni (interpretato da Fabrizio Colica) romano, trentenne, mandato come rinforzo, e Teresa (interpretata da Chiara Spoletini) montatrice e assistente alla regia appena assunta.
Contornati da altre figure di redazione, Franco, Gianni e Teresa seguono l'intero processo, condividendo lo stress di un lavoro incessante, affrontando complesse situazioni emotive, pressioni psicologiche e minacce, fino alla sentenza finale. La prima puntata parte dal 10 febbraio 1986, il giorno d'inizio del maxiprocesso a Cosa Nostra. Per la prima volta più di 400 mafiosi sono chiamati a rispondere di decine di reati, in un'aula giudiziaria di enormi dimensioni costruita per l'occasione. Anche la Rai si mobilita per raccontarlo, con una redazione ad hoc di fronte all'aula bunker, che tutti chiamano appunto "l'astronave verde".
Sul banco dei testimoni i boss che fecero la storia di una stagione del crimine organizzato in Italia. Tra questi, collaboratori di giustizia del calibro di Tommaso Buscetta, il boss dei due mondi, e Salvatore Contorno. Tra coloro che invece si videro comminare pene pesantissime uomini che hanno rappresentato due generazioni di mafia, come Pippo Calò detto il "cassiere della mafia", Michele Greco, Luciano Liggio, Bernardo Provenzano e Totò Riina.