Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
22/10/2018 06:00:00

Lettera all'altro, di cui non so il nome

 Lettera all’altro, di cui non so neanche il nome. E in verità nemmeno le iniziali.

Dell’amico almeno so le iniziali, G.A., e so l’età: 20 anni.

Ma io scrivo all’altro, quello che, ufficialmente, non ha fatto niente. Così ha detto ai Carabinieri, così emerge nel loro rapporto. Uno, G.A., picchiava, uno F.B., 19 anni, prendeva colpi. Lui, senza nome nè iniziali, guardava. Non è stato arrestato, allora. La sua posizione è “al vaglio”.

Erano in tre in macchina, domenica sera, il 13 Ottobre scorso, parcheggiati alla Salinella, zona di  pomiciate, di primi amplessi e di rese dei conti. Ed una resa dei conti andava in scena in quell’abitacolo, per uno sgarbo della sera prima, ad una festa in discoteca.

Erano in tre. Uno dava le botte, uno le prendeva. Lui, il terzo, guardava.

“Non ha preso parte all’aggressione” dicono i carabinieri nel loro verbale. L’amico è stato arrestato. L’altro è ricoverato in ospedale, a Palermo. Forse perderà un occhio.

Lui, il terzo, quello di cui non so neanche il nome, è libero.

Proprio a te mi rivolgo:  non so il tuo nome, ma ti conosco. 

Non hai la dignità del palo alle rapine, non ne saresti capace. Il tuo gradino è un po’ più un basso.

Io ti conosco, anche se non so il tuo nome.

Sei quello che versa da bere un altro po’ all’amico ubriaco.

Quello che nei compiti in classe copiava la versione, o il compito di matematica, ma poi non passava mai la soluzione.

Ti scrivo perché ho chiara una visione, anche se non ti conosco.

Il tuo amico magari lo recuperiamo. Si farà i suoi anni di galera, forse, ma la paura della prigione a quell’età fa tanto, e le manette, e la vergogna in famiglia, e una madre che piange e un padre muto con le dita strette a pugno e le unghie che feriscono il palmo delle mani. Si, l'amico tuo violento, pena non mi fa. 

Ma tu. Tu, invece. Per te non c’è punizione, e non c’è pertanto redenzione. Perché non hai fatto niente, hai solo guardato. E per quelli che guardano non c’è punizione. Occhio per occhio, dice la Bibbia. Sarà, ma qua intanto l’occhio rischia di perderlo l’altro, mica tu.


Sono tempi di rabbia e sete di vendetta, questi, lo so, lo sai anche tu, ma non vale solo per te, per il tuo branco, per l’amico tuo dal pugno dirompente.

Io pure sono arrabbiato, e la mia arma sono le parole. E allora ti dico che se fossi stato io il procuratore ti avrei già messo dentro, figlio mio, per omissione di soccorso, quanto meno, per favoreggiamento, per concorso. Per non aver impedito ciò che il tuo braccio - che quando vuole sa essere forte - avrebbe potuto fare: bloccare il pugno dell’amico, la sua furia cieca, come cieca è la furia alla tua età. Purtroppo la vigliaccheria non è reato. E quindi la fai franca.

Come l’hanno fatta e la faranno franca sempre coloro che nulla hanno fatto, nulla mai faranno, per impedire il corso di un evento tragico, o che si compia un’ingiustizia, che un tale, come una città, o un popolo venga massacrato.

Non c’è punizione, neanche consapevolezza. Così vivendo, ogni tuo giorno, ogni tuo minuto, si colora di grigio.
A te appartiene la colonna dei gesti perduti.

E io di te non so il nome e nemmeno le iniziali. Ma ti conosco. Eccome se ti conosco.
E ti vedo. Andare magari in giro in strada a lamentarti dei rifiuti, del fatto che non si trova mai posto per l’auto, o che ci sono in giro troppi neri.
Magari sei tra quelli che aspettano quel sussidio che dicono alla tele, e ti stai facendo dei calcoli tutti tuoi. Avere un reddito, non fare nulla: figata.
A volte, quando parli con gli amici, ti sorprendi, hai la stessa voce di tuo padre, stai diventando lui. La cosa ti fa paura e meraviglia, ma sappi che è una cosa che capita a tutti noi.
Come altre cose capitano nella vita, molte sono terribili, altre magiche, altre ancora di grande responsabilità. A te ne è capitata una, ad esempio, e non hai fatto nulla. Il destino ti chiamava ad un ruolo, ti sei nascosto. Chissà se i tuoi figli, un giorno, si vergogneranno di avere la tua voce. Sarebbe la punizione che meriti. 

Giacomo Di Girolamo