E’ stata un’autodifesa quasi disperata quella che il 68enne pastore campobellese Calogero Randazzo, già condannato per mafia, ha tentato, in Tribunale, a Marsala, nel processo che lo vede imputato per due tentativi di estorsione.
“E’ vero. Sono andato a chiedere soldi – ha dichiarato Randazzo rispondendo alle domande del suo avvocato difensore Biagio Di Maria - ma non ho mai detto che servivano per Matteo Messina Denaro. Servivano per mia moglie e per me, entrambi gravemente ammalati e bisognosi di cure mediche e interventi chirurgici”.
Secondo l’accusa, il pastore campobellese chiedeva soldi per conto della famiglia mafiosa di Castelvetrano. Randazzo, pastore, classe 1950, è stato arrestato dai carabinieri lo scorso febbraio a Pontenure, in provincia di Piacenza.
L'arresto è stato eseguito su ordine della Procura di Marsala, a seguito dell'attività investigativa dell'Arma, dopo le denunce di due imprenditori di Castelvetrano (uno originario di Napoli) che operano nel settore della lavorazione e vendita dell'olio e delle olive da mensa.
Nel 2017, Calogero Randazzo ha chiesto ai due commercianti 30 mila, dicendo, secondo l’ipotesi d’accusa, di agire per sostenere la latitanza di Matteo Messina Denaro. E siccome i due non volevano pagare, per intimidirli avrebbe anche esploso dei colpi di fucile contro le loro automobili. Il fatto risale al 29 ottobre 2017. Condannato in via definitiva per associazione mafiosa, successivamente, Randazzo è rimasto coinvolto nell'operazione della Dda “Campus Belli” (16 dicembre 2011). In questo secondo caso, però, è stato assolto in primo e secondo grado dall'accusa di continuare a far parte della “famiglia” di Campobello di Mazara. I tentativi di estorsione a danno dei due imprenditori, che anziché pagare hanno deciso di rivolgersi ai carabinieri, si sarebbero consumati tra settembre e ottobre 2017. Per il 13 novembre è prevista la requisitoria del pubblico ministero Antonella Trainito.