Se un candidato accetta i voti di un mafioso, promettendo in cambio denaro o favori, rischia una condanna tra i 10 e i 15 anni. E lo stesso vale per il boss. Se poi il candidato viene eletto in quella stessa tornata elettorale scatta l’aggravante e la pena aumenta della metà. E in ogni caso ci sarà l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. E’ quanto prevede il testo che va a modificare l’articolo 416 ter del codice penale nella parte che riguarda il voto di scambio politico-mafioso. Il provvedimento, approvato oggi dal Senato (160 sì, 98 no e 7 astenuti) e voluto fortemente dal Movimento 5 stelle, ha visto contrari Pd, Leu e Forza Italia, mentre ha incassato i voti, oltre che dalla maggioranza, anche da Fratelli d’Italia. In sostanza, oltre all’inasprimento delle pene (prima andava dai 6 ai 12 anni), secondo il nuovo testo non è più necessario ai fini della punibilità provare che ci sia stato un metodo mafioso nello scambio voto-favore.
Ora la parola passa alla Camera dove i più critici sperano che il ddl venga modificato. La sua approvazione è definita dal relatore e primo firmatario Mario Michele Giarrusso (M5S) “un passo fondamentale nella lotta alla mafia”. In più, il ddl, secondo il parlamentare, va a riparare la modifica fatta nel 2014 dal Pd che rendeva “più difficile condannare le persone che fanno i patti col diavolo”. “Se non spezziamo la catena tra criminalità organizzata e politica - aggiunge - non riusciremo a rendere più civile il nostro Paese”.
Tranchant anche il leghista Simone Pillon: “Ci fa schifo la mafia quando penetra le istituzioni. Non esiste mafia senza collegamento con la politica”. Mentre per Gelsomina Vono (M5s) “il politico che accetta consapevolmente voti che sono il frutto di condizionamenti o collusioni di ambienti criminali è egli stesso, a tutti gli effetti, un mafioso”. Ma sia il Pd che Leu e FI parlano di “occasione persa”. “Non si sono volute ascoltare le critiche dei magistrati e delle associazioni”, commenta Giuseppe Cucca del Pd che avverte: “Le maglie della lotta alla criminalità si allargheranno”. Di “spot pubblicitario” che aumenta “le pene solo a chi accetta i voti da un mafioso”, mentre non si considera che non è solo la mafia a voler condizionare la politica, parla l’azzurro Giacomo Caliendo. “E’ inutile - incalza Pietro Grasso di Leu - aumentare le pene, levare il riferimento al metodo mafioso, e prevedere l’interdizione perpetua a seguito di una condanna se con questa modifica si allontana la possibilità di dimostrare la colpevolezza di chi cerca accordi elettorali con la mafia”.