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05/11/2018 06:00:00

Castelvetrano. Dopo 10 anni, il Palatenda confiscato alla mafia apre alla città

Dopo 10 anni, la città ha il suo Palatenda nel terreno confiscato alla mafia.

Quattro associazioni sportive ed una cooperativa, quella de I Locandieri, gestiscono la tensostruttura, dopo la manifestazione d’interesse indetta dai commissari straordinari del Comune. Ci si appresta quindi all’inaugurazione di questo centro polivalente chiamato “Unità d’Italia”, dove è possibile praticare diversi tipi di sport, danza ed arti marziali. 

 

Un percorso lungo e travagliato. Dopo la confisca, il comune di Castelvetrano aveva ricevuto il terreno nel maggio del 2008, “per finalità di promozione della cultura e dello sport”. Ma, per anni, tutto è rimasto fermo.

Nel cartello della tensostruttura di via SS. Trinità, vicino la strada provinciale 25, c’era scritto “Investiamo nel vostro futuro”. Un futuro diventato presente soltanto adesso, nonostante il Palatenda  fosse stato già inaugurato nel settembre del 2016, insieme al bando per l’affidamento della gestione e in totale abbandono dopo circa sei mesi. Ma già nel dicembre del 2014, l’allora sindaco Felice Errante aveva annunciato l’inaugurazione “a breve”. Ed il progetto era addirittura del 2011. Un lungo periodo fatto di varianti al piano regolatore (da terreno agricolo a zona edificabile), autorizzazioni e malintesi sui finanziamenti.

 

E’ costato quasi 500 mila euro di fondi europei ed è uno di quegli impianti sportivi realizzato con i finanziamenti del Pon Sicurezza. Ce ne sono tanti al sud, tra la Calabria, la Campania, la Puglia e la Sicilia con l’obiettivo – così si legge nel progetto comunitario - di trasmettere ai giovani i valori della solidarietà, giustizia e legalità attraverso lo sport. L’iniziativa, che si chiama “Io gioco legale”,

sembra quindi aver trovato la sua identità, dopo il gioco illegale dei vandali, tra squarci nel telone e danneggiamenti delle porte di ferro degli spogliatoi.

 

La struttura sorge in un terreno non lontano dal quartiere dove è nato e cresciuto Matteo Messina Denaro. Quel terreno era di Benedetto Valenza, il re del calcestruzzo della provincia di Palermo, più volte arrestato, processato, assolto, a volte anche condannato.

Negli anni ’70, suo padre Salvatore e suo zio Erasmo furono ritenuti corresponsabili di vari delitti verificatisi nel paese di Borgetto. Anche se pochi giorni dopo il loro arrestato, furono rilasciati grazie a Salvo Lima, fino a quando nel 1983 furono fatti sparire dalla lupara bianca dei Brusca.

 

Oggi, il palatenda sorge proprio a fianco di un altro impianto di calcestruzzi: quello di Giovanni Risalvato (inteso Pruvulazzu), arrestato nel 2010 nell’operazione Golem 2 e condannato a 14 anni e mezzo per associazione mafiosa.

Insomma, il corredo simbolico iniziale c’è tutto. Giocare legale in quei campetti potrebbe avere un alto valore civico e di sensibilizzazione dal basso, soprattutto se le associazioni sportive riusciranno a fare quel delicato lavoro che va oltre la mera educazione motoria.

 

Anche l’impresa che ha realizzato la tensostruttura: la Cogemat srl rappresenta uno stimolo in più a far meglio. Infatti, il general manager dell’impresa trapanese è Matteo Bucaria, con alle spalle una storia di cambiamenti e di rivalsa non indifferenti.

Nel 2012 Matteo Bucaria, ascoltato dagli inquirenti aveva infatti riferito di aver pagato a Pantelleria, dal 1994 al 2000, tangenti per un centinaio di milioni di lire. Erano gli anni in cui gli imprenditori che si aggiudicavano gli appalti venivano tenuti sotto ricatto. C’erano i fratelli Messina che pretendevano il pagamento delle “rate” dell’estorsione (5 milioni delle vecchie lire) e il sindaco Di Marzo, secondo gli inquirenti, avrebbe minacciato pesantemente l’imprenditore, prospettando incendi o danneggiamenti dei mezzi di lavoro da parte dei Messina, oltre che intralci burocratici ad hoc nel pagamento degli stati di avanzamento.

Ecco, Bucaria fu uno dei pochi disposti a parlare al processo, che però ha visto l’assoluzione in secondo grado del sindaco pantesco. Secondo gli inquirenti, proprio grazie a lui sarebbe stato scoperchiato quello “squallido malaffare in capo a chi del pubblico potere sembra aver fatto, e non da ora, mercimonio economico”.

 

La speranza è che quest’opera, possa davvero diventare il simbolo di una nuova rinascita, lontano dai vandali e dal degrado.

 

Egidio Morici