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14/11/2018 06:00:00

Mazara e il dragaggio del porto canale. Ecco come stanno le cose

 Il fiume Mazaro è straripato, nei giorni scorsi, dopo una copiosa pioggia che ha allagato diverse zone limitrofe al porto canale.

Molte imbarcazioni, soprattutto legate alle attività della piccola pesca, sono affondate, gettando nella disperazione alcune famiglie che adesso non sanno più come mantenersi.

Come abbiamo ampiamente dimostrato già, altre volte in passato, su queste pagine di Tp24.it, le sfaccettature – relative al mancato dragaggio del porto canale di Mazara – sono diverse. E chi la butta in caciara, attribuendo il blocco del dragaggio solamente alla presenza in ‘Colmata B’ di qualche volatile, la cui specie è protetta, continua solo a mentire.
Nelle nostre precedenti inchieste sul dragaggio dei fanghi e loro conferimento in ‘Colmata B’, pubblicate da Tp24.it, nei mesi scorsi (potete leggere qui la prima parte e cliccando qui la seconda di una nostra recente inchiesta) abbiamo analizzato molti aspetti di tale ingarbugliata vicenda.

I FANGHI SONO IN PARTE INQUINATI – Ciò che da alcuni decenni si è depositato in fondo al fiume-porto canale, grazie anche al contributo dell’uomo (sono stati ripescati in passato anche pezzi di ciclomotore), è in buona parte inquinato e andrà conferito in discarica. Un’altra parte, invece, dovrebbe essere – dopo tutta una serie di scrupolose prescrizioni legate alla normativa ambientale – depositata in ‘Colmata B’ e, cioè, dopo la Capitaneria di porto, andando verso la spiaggia di Tonnarella.

IL PORTO CANALE DEVE ESSERE DRAGATO – Su questo non v’è alcun dubbio: il problema vero è il come ciò debba essere fatto e sulle risorse economiche necessarie per raggiungere tale obiettivo da tutti condiviso. Il progetto si è impantanato alla Regione perché quando si vuol fare passare il cammello dalla cruna di un ago, il risultato, non può essere che il fallimento.

È TUTTA UNA QUESTIONE DI SOLDI – Con i pochi fondi rimasti a disposizione l’intervento non potrà essere eseguito interamente: questo è certo. Conferire una mole, non piccola, di rifiuti, che emergeranno dal dragaggio, comporterà spese enormi che non hanno alcuna copertura certa al momento. Le analisi relative ai fanghi del porto canale, inoltre, sono datate e, quindi, devono essere fatte nuovamente, comportando ulteriori spese. La presunta richiesta di scambio di ‘tabelle’, contrarie alla legge, ma avanzata alcuni mesi or sono dalla ditta che dovrebbe eseguire l’escavazione dei fondali, suona, in tal senso, come un fortissimo campanello d’allarme. Essa è motivata chiaramente da un fattore prettamente economico: smaltire una parte dei fanghi in discarica – quelli che secondo le ormai vetuste analisi del Iamc - Cnr di Capo Granitola sono stati classificati come inquinati (B1 - C1 e C2) – avrà un costo a metro cubo alquanto elevato. L’azienda molto probabilmente non potrà assicurare l’esecuzione corretta dei lavori se i valori degli inquinanti, nei fanghi di dragaggio, dovessero restare tali: figuriamoci se dovessero peggiorare.

IL FIUME È ESONDATO, MA NON È LA PRIMA (NÉ SARÀ L’ULTIMA) VOLTA – Il rischio idrogeologico legato al Mazaro, tirato in ballo adesso da alcuni esponenti politici locali, non è una scoperta dei giorni nostri. Il Mazaro è, in condizioni normali, poco più di un rio: praticamente senza portata acquea. La situazione muta rapidamente, quando – sfociando nel canale, che da secoli fa da porto naturale – peggiorano le condizioni meteo. Il ‘marrobbio’, per esempio, ciclicamente fa esondare il fiume poiché, con il mutare delle maree, si ha un innalzamento del livello delle acque che fa straripare il Mazaro dalle sue fragilissime sponde. Se a questo aggiungiamo il fatto che, ormai, il fiume si può in alcuni punti quasi guadare a piedi, tanto è colmo di fanghiglia, il quadro è completo. Il Fratino e il Fraticello e le altre specie di uccelli protetti, che periodicamente stanziano nella zona della ‘Colmata B’ sono solo uno dei tanti impedimenti che gravano su questa vicenda che è – e rimane – molto più complessa di ciò che alcuni ‘furbetti’ vorrebbero far credere.

Alessandro Accardo Palumbo
www.facebook.com/AlessandroAccardoPalumbo
Twitter: @AleAccardoP