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14/11/2018 08:55:00

Sul condono a Ischia maggioranza battuta al Senato. Il Governo risponde picche alla Ue

Il governo è stato battuto in commissione Lavori pubblici e Ambiente al Senato durante le votazioni sul decreto Genova. È passato infatti un emendamento che modifica le norme relative al condono edilizio per Ischia su cui il governo aveva dato parere contrario.

In pratica è stata bocciata la possibilità di applicare le regole del condono del 1985, varato dal governo Craxi e che sono le più generose nei confronti di chi ha commesso abusi edilizi.

Il senatore dei 5 stelle De Falco ha votato con l’opposizione e la dissidente Paola Nugnes si è astenuta. È la prima volta che l’esecutivo finisce in minoranza.


 

Il governo risponde picche alla Commissione Ue
Nonostante i tentativi del ministro Tria di rispondere in modo conciliante alle critiche della Commissione europea sulla manovra abbassando di almeno un punto il rapporto deficit/Pil (da 2,4 a 2,3%), Salvini e Di Maio hanno ordinato di tenere duro su tutta la linea («non si negozia sulla crescita»): l’impostazione della manovra e le relative previsioni non saranno modificate di una virgola, come è scritto nella lettera di risposta alla Ue. «Da Bruxelles non arrivano commenti ufficiali alla decisione del governo di confermare i saldi della manovra. Ma dietro garanzia di anonimato una fonte Ue ammette che ormai non ci sono più spazi per rimediare. «Alea iacta est», il dado è tratto. Ora la palla è nelle mani della Commissione e il prossimo passaggio-chiave sarà il 21 novembre, con l’opinione negativa sulla legge di bilancio e il rapporto sul debito. La vera data da segnare sul calendario, però, è il 22 gennaio: quel giorno l’Italia entrerà ufficialmente in procedura e l’Ecofin (cioè la riunione dei ministri delle Finanze) approverà la raccomandazione con il “percorso correttivo” che il governo dovrà seguire. Un tunnel fatto di vincoli da rispettare (taglio del deficit e del debito) e di monitoraggi costanti, attraverso le missioni a Roma degli ispettori Ue. Diversamente scatteranno le sanzioni, che però molto probabilmente non arriveranno prima del 2020.
L’iter della procedura è molto lungo e legherà le mani a questo governo, ma forse anche a chi verrà dopo: difficilmente se ne uscirà in meno di 5 anni. Sarà infatti la prima volta di una procedura per disavanzo eccessivo (Edp) legata al debito. Finora sono finiti in Edp solo quei Paesi che avevano sforato il tetto del 3% del deficit: per rientrare era bastato riportare il disavanzo sotto quella soglia. Nel nostro caso, invece, è diverso: l’Italia ne uscirà soltanto quando avrà rispettato la regola del debito Ossia quando la parte del debito che eccede il 60% del Pil sarà ridotta di un ventesimo ogni anno. Semplificando: per essere guariti bisognerà ridurre del 3,5% l’anno il proprio debito (che oggi è al 131%) e ciò dovrà avvenire per tre anni consecutivi (potrebbe non bastare il semplice pareggio di bilancio in termini strutturali). Tradotto in euro: servirà un taglio annuo del debito pari a oltre 60 miliardi» scrive La Stampa.


«“Se ci dichiarano guerra io ci costruisco sopra l’intera campagna elettorale: l’Europa dei burocrati contro la manovra del popolo”, spiega spavaldo Matteo Salvini al collega Luigi Di Maio e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte seduti di fronte a lui. Il vicepremier 5stelle non fa una piega, dice di essere sulla stessa linea. Da oggi, elmetto in testa e si scava la trincea, nello spregiudicato azzardo del governo gialloverde che scommette tutto sulla scadenza imminente della Commissione Ue e sull’apertura da maggio di una nuova “era”» .

L’Italia rappresenta il principale rischio per la stabilità economica globale, insieme alla Brexit e alle guerre commerciali. È la valutazione fatta ieri dal capoeconomista Usa di T. RowePrice, Alan Levenson, presentando il Global Outlook per il 2019. Si prevede spread prossimo a quota 400 con impatto sul nostro sistema bancario, troppo fragile, e pericolo concreto di contagio dei paesi periferici dell’Eurozona.