Valentina Colli, presidente dell’UDI (Unione Donne Italiane) di Trapani. Una donna di Trapani ha deciso di interrompere la gravidanza ed è stata sballottata tra gli ospedali della provincia di Trapani e di Palermo dove si è sentita dire che le liste d’attesa sono lunghissime e alla fine è riuscita ad avere una data solo dopo che il suo caso, di cui abbiamo scritto su tp24.it, è diventato un fatto mediatico. E’ così difficile oggi per una donna far riconoscere il diritto all'aborto sancito dalla legge che ha già compiuto quarant’anni?
E’ difficilissimo. Il punto però non è solo garantire il servizio a parole - l’ospedale Sant’Antonio Abate garantisce il servizio il giovedì -, ma farlo concretamente in base al numero delle richieste. Con un solo giorno a settimana e cinquecento richieste all’anno in tutta la provincia di Trapani e con solo quattro medici non obiettori, capiamo bene come tutto diventa difficile se non impossibile. Noi ci teniamo a ribadire che non c’è la responsabilità diretta della primaria, ma visto il numero di medici obiettori che è del 96% un problema c’è e nel caso specifico, secondo la metrica dell’Asp è normale che una donna, una trapanese, debba andare a Palermo e sentirsi dire: “signora perché non va a Pantelleria”, come se fosse dietro l’angolo, e poi arrivare a Mazara del Vallo dove il medico disponibile c’è ma non si riesce a mettere insieme l’equipe, perché i non obiettori - ricordiamolo -, non devono essere soltanto i medici ma anche anestesisti e ostetrici.
Sono tanti i commenti che ha avuto questa notizia. La colpa secondo chi commenta sui social è di chi racconta il fatto, di chi lo denuncia e della stessa povera ragazza che ha deciso di abortire. C’è chi ha scritto: era meglio prendere precauzioni prima; era meglio lo tenesse; chi niente e chi butta i figli; e poi maledizioni di ogni genere; insomma un clima brutto.
C’è un clima brutto, un clima veramente da medioevo. Quello che ritengo non si sia compreso, vale per la legge 194 ma vale per qualsiasi normativa che tuteli i diritti civili delle persone secondo la nostra costituzione, è che quando parliamo di diritti non dobbiamo mai implicare o evocare un giudizio che sia legato alla legittimità o alla moralità. Allo stesso tempo quando parliamo di questa legge, noi non dobbiamo andare a disquisire né sul fatto che una donna possa intraprendere questa decisione né tantomeno cosa l’abbia portata a prenderla. Alle tante donne che ci hanno contattato noi non abbiamo mai chiesto il perché e allo stesso tempo non dobbiamo andare a chiedere il perché ai medici obiettori.