Sostiene Luigi Di Maio di aver dato incarico ormai da due settimane a Poste Italiane di realizzare le «cinque o sei milioni di tessere» che serviranno a riscuotere il reddito di cittadinanza.
Scrive oggi il Corriere della Sera: «Tecnicamente ci sono almeno due obiezioni chiave. Per la stampa dei 5-6 milioni di tessere non può essere al momento assegnato alcun appalto o mandato per una questione molto semplice: la manovra, che tra le varie misure contiene appunto il reddito di cittadinanza, non è stata approvata. Manca quindi una legge, condizione essenziale prima di poterne poi concretizzare le misure previste. Inoltre, essendo Poste una Spa (partecipata solo in parte dallo Stato), per affidare un appalto (sicuramente superiore al milione di euro) occorre predisporre una gara europea, soggetta al monitoraggio dell’Anac. Non è possibile, quindi, l’affidamento diretto».
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Aggiunge Gramellini: «L’altra sera in tv la professoressa Gruber ha fatto a Laura Castelli una domanda difficile, difficilissima: “State stampando le tessere elettroniche del reddito di cittadinanza?”. Per superare l’interrogazione, Castelli aveva studiato giorno e notte L’economia di zio Paperone, ma questa non la sapeva. Avrebbe potuto rifiutarsi di rispondere, invece ci ha provato lo stesso. Che momenti. Sembrava Sordi quando all’esame di francese gli chiedono di tradurre “Il giardino di mia zia”, e lui, con lo sguardo terrorizzato e la voce a simulare una naturalezza inesistente, biascica: “Le jardin de ma sziii…”. La Gruber incalzava: “Quante sono le schede, cinque o sei milioni?” E Castelli: “Cinque milioni e mezzo… circa”. “Chi le sta stampando, il Poligrafico?” insisteva la commissione d’esame. “Forse… Ve lo diremo presto”. Appena qualcuno lo avrà detto a lei, avvertendola che non si può stampare qualcosa che il Parlamento non ha ancora deliberato. Era questa la risposta giusta, accidenti. Perché Toninelli dal primo banco non gliel’ha suggerita?