Ogni giorno, su tutto il territorio, dal Brennero a Lampedusa, gli uomini della Direzione investigativa antimafia controllano i movimenti delle organizzazioni criminali riunite in agguerrite associazioni malavitose collegate con le mafie di tutto il mondo. Sotto la lente d’ingrandimento del direttore della Dia, il generale Giuseppe Governale, 59 anni, palermitano - e con un passato brillante al Comando dei carabinieri di Catania prima e alla guida di tutti i carabinieri siciliani successivamente - i “soldati” di un esercito dell’antistato: mafia, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita, mafia russa, mafia nigeriana. L’ultima grande indagine si è sviluppata sabato scorso in Sicilia, con la maxi-confisca da 1 miliardo e mezzo di euro (“colpito” il patrimonio riconducibile al deceduto imprenditore incensurato Carmo Patti). Con il generale Governale abbiamo fatto il punto della lotta alle mafia.
La mafia è stata sconfitta oppure il ricambio generazionale di capi e soldati, dopo gli arresti, i processi e le confische, è già avvenuto e sono stati rimpiazzati gli organici del passato?
«La mafia ha senz’altro subito importanti battute d’arresto sul piano investigativo. Sappiamo però perfettamente che ha grandi capacità di adattamento e di mutazione. Si adatta alle circostanze. Certo le battute d’arresto sono state frequenti e ripetute. Diciamo che attraversa un periodo di transizione».
Oggi chi comanda la mafia siciliana? Chi ha preso il posto di Riina e Provenzano?
«E’ passato un anno ormai dalla morte di Riina l’ultimo dei grandi capi scomparso il 17 novembre del 2017. Non vi sono segnali dell’investitura di un nuovo capo. Non sarà per loro una scelta facile, quella di coniugare due esigenze per certi versi divergenti: il richiamo alla tradizione e la ricerca della modernità. Con ogni probabilità, in ogni caso, tenderanno a far ridiventare Palermo centrale negli equilibri di Cosa nostra».
Anche la Dia è impegnata nelle indagini per la cattura dell’ultimo grande latitante di mafia, Matteo Messina Denaro...
«Le attività principali sono legate alla individuazioni dei patrimoni riconducibili al latitante e ai suoi prestanome. Naturalmente sono state poste in essere altre attività d’indagine. Stiamo parlando di un capo riconosciuto della mafia trapanese e non del capo della mafia siciliana».
Da più parti si è detto in questi anni che Messina Denaro è il capo della mafia siciliana...
«A noi non risulta. Certa è una cosa: Messina Denaro guida il “mandamento” mafioso di Trapani».
Tracciamo un bilancio dell'attività della Dia dal suo insediamento ad oggi?
«Un bilancio più che soddisfacente. Sono stati ottenuti successi più che lusinghieri sia nella lotta alla mafia che nella lotta alla 'ndrangheta e alla camorra. Ma le indagini riguardano tutti i settori della criminalità organizzata e delle mafie straniere».
Il ruolo della Dia nei prossimi mesi?
«Oggi stiamo riconfigurando la Dia soprattutto per quel che concerne le misure interdittive antimafia. La Dia cerca di essere sempre di più una figura di riferimento per le sezioni “misure di prevenzione” dei tribunali. Con i miei collaboratori stiamo sviluppando delle misure adeguate per rendere più efficaci le indagini sulla ‘ndrangheta».
Mafia russa e mafia nigeriana si infiltrano ogni giorno di più nel tessuto sociale del nostro Paese. E’ preoccupato?
«La mafia nigeriana è una mafia cattiva che utilizza metodi crudeli per arrivare agli obiettivi fissati. Nel giro di pochi anni si sono stanziati in Italia gruppi criminali di origine nigeriana che vengono monitorati dalle forze dell’ordine, dalla Dia, dall’autorità giudiziaria. A Palermo sta collaborando un esponente della mafia nigeriana e ciò potrebbe squarciare il velo su numerose attività poste in essere dai mafiosi africani nel nostro territorio. La mafia russa utilizza meno attività militari e preferisce rimanere nell’ombra. I traffici illeciti sono costantemente monitorate».
La mafia trae guadagni dal gioco d’azzardo e dalle scommesse.
«Non c’è dubbio che le organizzazioni mafiose traggono introiti dal riciclaggio del denaro attraverso il web».
Corruzione e collusioni mafiose dei cosiddetti “colletti bianchi”. Ne vogliamo parlare.
«La corruzione dilagante è al centro di nostre attività d’indagine in tutto il territorio nazionale con il diretto coordinamento delle Procure. La crescita del Paese si ottiene anche debellando la corruzione».
Lotta al terrorismo internazionale. Lo stato delle indagini?
«Le cellule terroristiche contano sul web per porre in essere determinate azioni. Il monitoraggio della Dia, su questo delicato tema, è sempre costante».
La lotta alla camorra
«La nostra attenzione è rivolta alla individuazione dei patrimoni. In Campania oggi sono forti le cosche del Casertano mentre Napoli è tutta una storia a parte. E non vanno sminuite le cosiddette “stese”. Se si vuole arrivare ai vertici dei clan di camorra, si deve cominciare dal basso. E le “stese” sono considerate una buona “palestra” dalla manovalanza che aspira, un domani, ad assumere un ruolo di primo piano».
La ‘ndrangheta ha subito colpi pesanti negli ultimi anni
«Peccato che questi colpi duri sono stati assestati alla ’ndrangheta soltanto a partire dalla fine degli anni ’90. Oggi la ‘ndrangheta è stata indebolita ma non è stata sconfitta».
Progetto Elios. Di che cosa si tratta?
«Elios-Elaborazioni Investigative Operazioni Sospette è una piattaforma informatica propria della Dia attraverso la quale vengono prima raccolte le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette che pervengono dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia e poi processate in base alla loro potenziale attinenza alla criminalità mafiosa. In conseguenza dell’attività di analisi vengono evidenziati elementi utili per attivare o proseguire indagini sia giudiziarie che riferite più propriamente all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati dalle mafie».
La Sicilia