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05/12/2018 06:00:00

Carmelo Patti, le ombre, i misteri /2: i suoi innumerevoli soci

Continua il nostro approfondimento sulla storia di Carmelo Patti, alla luce dell'ultima confisca dei beni subita. Ieri abbiamo parlato degli esordi dell'imprenditore di Castelvetrano. Andiamo avanti. 

Gli anni '90 segnano lo spartiacque con la scalata imprenditoriale di Carmelo Patti, in particolare, il lasso di tempo compreso tra il 1994 ed il 1998, periodo nel quale la famiglia Patti operava stabilmente nel territorio di Castelvetrano.

Patti, nonchè una serie di soggetti a lui legati (taluni anche da vincoli di parentela) sono risultati essere collegati a personaggi contigui od organici alla "famiglia mafiosa" capeggiata da MESSINA DENARO Matteo.

Tutti sono stati coinvolti, a vario titolo, in quella che gli investigatori definisco "una colossale frode fiscale" che, sviluppatasi a macchia d'olio in territorio belicino, ha avuto il suo fulcro proprio nell'abitato di Castelvetrano, ed in particolare in una azienda cardine del "Gruppo Imprenditoriale PATTI", la Srl "CAB LE SUD", con sede legale in quest'ultima località (Patti ricopriva la carica di amministratore, mentre soci erano i figli Paola e Maria Concetta, il nipote Giovanni Patti classe '53) nonché un'altra azienda di famiglia, la Spa "FIN.CAB.".

La Spa "CABLELETTRA", altra azienda del "Gruppo Imprenditoriale PATTI", aveva ottenuto in appalto dalla "FIAT" la predisposizione dei componenti elettrici da installare sulle autovetture.

Per l'Ufficio delle Entrate di Castelvetrano, la Srl "CABLE SUD" godeva di queste agevolazioni fiscali:

- esenzione decennale IRPEG dal 18.05.1992 al 16.06.2001, concessa dal citato Ufficio con decisione del 16.12.1994;

- esenzione decennale ILOR dal 18.05.1992 al 31.01.2002, concessa dal citato Ufficio con decisione del 16.12.1994.

Sostanzialmente, per dieci anni, la Srl "CABLE SUD" era tenuta al solo pagamento dell'I.V.A., mentre le aziende di essa sub-fornitrici, per i primi tre anni, erano esonerate dall'obbligo della tenuta della contabilità ordinaria e della presentazione della dichiarazione dei redditi.

Dalle verifiche fiscali svolte dalla Guardia di Finanza nei confronti della Srl "CAB LE SUD" e delle altre imprese coinvolte nelle indagini, queste aziende sub-fornitrici rimanevano in attività solo per tre anni, durante i quali emettevano fatture in favore della citata società per importi estremamente considerevoli (alcune anche per svariati miliardi di lire) senza darne contezza nelle scritture contabili e nella dichiarazione dei redditi (che rispettivamente non erano tenute ad istituire ed a presentare), fatturavano a cascata l'una con l’altra prestazioni di servizio per l'attività di cablaggio, dopodiché cessavano la loro opera, omettendo di versare all'erario l'I.V.A. dovuta.

Dalle indagini, in estrema sintesi, emergeva che le persone fisiche coinvolte avevano incamerato su rapporti di conto a loro riconducibili somme consistenti, la cui provenienza si può fondatamente far risalire all' evasione fiscale.

Negli accertamenti bancari svolti nei confronti di due indagati, Santo Sacco e Rosanna, il primo (ex consigliere provinciale)  condannato per mafia con sentenza passata in giudicato, è emerso che mettevano a disposizione i loro rapporti bancari, consentendo di destinare cospicua liquidità finanziaria verso vari soggetti.

Il Tribunale di Marsala, con la sentenza del 5 Luglio 2004 riconobbe colpevoli di alcune imputazioni di emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti Giovanni Patti e Michele Alagna (il commercialista, cognato di fatto di Matteo Messina Denaro), e Nicolò Rubino, condannandoli a pena fino a tre anni, multe, e soprattutto il divieto di  "essere componenti di commissione tributaria e dal ricoprire incarichi direttivi in seno ad imprese e persone giuridiche".

La Corte di Appello di Palermo confermava l’assoluzione di Carmelo Patti e assolveva pure Michele Alagna per insufficienza di prove.

I Giudici di Trapani, nel provvedimento di confisca a Patti, contestano e si lamentano di quell’assoluzione:

Di fronte al contenuto della sentenza questo collegio deve arrestarsi, pur non potendosi fare a meno di rilevare il corto circuito logico in cui incorre la Corte laddove, nel ritenere insussistente la prova della costituzione di una associazione per delinquere, utilizza l'argomento, ritenuto di peso decisivo, della assenza di prova riguardante il ruolo rivestito da Alagna Michele nella commissione dei reati fiscali; salvo, poi, a motivare l' assoluzione dell'Alagna, con la pertinente formula del dubbio ( 530.2 c.p.p. ), dai reati fiscali con il rilievo dell'assodata carenza di prove per ciò che riguarda la fattispecie di cui all' art. 416 c.p.

Insieme a Carmelo Patti, Michele Alagna (suo commercialista di fiducia) erano imputati nello stesso processo anche Urbano Gaspare, Catanzaro Cristina, Sparacia Giovanni e l’ex deputato regionale di Castelvetrano Giovanni Lo Sciuto e la moglie.

Secondo il Collegio presieduto da Piero Grillo “LO Sciuto Giovanni e la moglie RICCOBONO Rosalba, pur non essendosi mai occupati di cablaggio, sono soggetti estremamente vicini alla famiglia Messina Denaro. Invero, il LO SCiutO è stato testimone di nozze di ALAGNA Michele (presso la cui abitazione, fra le agende e gli appunti sequestrati, è stata rinvenuta una "bozza" di lettera di ringraziamento agli elettori di LO Sciuto".

Va solo ricordato, ad onor di cronaca, che Lo Sciuto nella precedente legislatura regionale sotto la Presidenza di Rosario Crocetta era componente della Commissione Regionale Antimafia.

Carmelo Patti era un imprenditore di successo in contatto con l’alta finanza italiana come testimoniato dalla partecipazione nella finanziaria di famiglia Cable s.r.l., avente capitale sociale 37 milioni di euro, dell’Automobile Club Italia A.C.I. con € 76.000,00 di quote e la Sara Assicurazioni con € 285.750,00 di quote.

Anche Calogero Montante, ex presidente di Confidustria Sicilia, recentemente arrestato per corruzione e spionaggio era socio di Carmelo Patti nella AP Consulting srl con sede a Milano con la quota di € 5.500,00.

Tutte le assoluzioni nel processo penale del Patti e di alcuni dei suoi soci non hanno però impedito la confisca dei beni del patrimonio della sua famiglia.

Giacomo Di Girolamo 

2 - CONTINUA