Si avvia a conclusione il processo sulla mafia a Castellammare del Golfo, scaturito dall'operazione antimafia "Cemento del Golfo" del 30 marzo 2016. I pm hanno chiesto 22 anni di carcere per il boss castellammarese Mariano Saracino, 14 anni per ciascuno per Vito Badalucco e per il figlio Martino e 12 anni per l’imprenditore alcamese Vincenzo Artale. Martino Magaddino, invece, sarà giudicato separatamente.
Un altro imputato, Vito Turriciano, è stato già condannato definitivamente a 12 anni di carcere per associazione mafiosa e tentata estorsione aggravata in concorso. Ne abbiamo parlato qui.
L’indagine “Cemento del Golfo” consentì di smantellare il clan capeggiato dal boss Mariano Saracino, 72 anni, ritenuto il “ministro delle finanze” della mafia castellammarese, già condannato per mafia e che dopo essere tornato in libertà aveva subito ripreso in mano, secondo l’accusa, le redini della “famiglia” di Castellammare del Golfo. Estendendo gli interessi di quest’ultima anche al settore del cemento, imponendo le forniture delle imprese amiche.
Nell'udienza preliminare sono state ammesse tutte le parti civili (il Comune di Castellammare del Golfo, l’associazione Antiracket e antiusura di Alcamo, il Centro studi Pio La Torre, Confindustria Trapani e l’associazione Libero Futuro di Palermo) tranne l’associazione antiracket di Trapani e l’Associazione Antimafie e Antiracket “Paolo Borsellino” Onlus di Marsala. La prima per motivi territoriali in quanto i fatti sono circoscritti nei territori di Castellammare del Golfo e Alcamo, la seconda, oltre che sempre per motivi territoriali, anche per le recenti inchieste di Tp24 sulle parti civili "facili" dell'associazione, che hanno spinto addirittura il figlio di Borsellino, Manfredi, a diffidare l'associazione dall'utilizzo del nome del padre.