Ieri è stata abbattuta la casa di Biagio Sciacchitano, leader dell’associazione “Triscina sabbia d’oro”. Il suo immobile a due piani, nella via 17 di Triscina, è finito sotto l’azione delle ruspe che, in questa prima fase, demoliranno 85 case abusive, sancendo di fatto la fine della lunga battaglia che Sciacchitano aveva da tempo intrapreso per salvare le case dagli abbattimenti.
Le ha tentate tutte. Sua l’idea di allungare la profondità della spiaggia con degli attenuatori d’onda, “progetto innovativo” comunicato perfino a Vittorio Sgarbi: una specie di richiesta d’aiuto, rimasta però inascoltata.
Sua la presentazione alla Corte dei conti di un esposto contro il Comune di Castelvetrano perché, a suo dire, non avrebbe dovuto contrarre un mutuo di tre milioni con la Cassa depositi e prestiti per far fronte alle spese di demolizione, date le gravi condizioni finanziarie. Suo il ricorso in via cautelare alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Sua la richiesta di fare luce sull’indagine per bancarotta fraudolenta del general manager dell’impresa che sta eseguendo le demolizioni “prima di continuare con gli abbattimenti”. Anche questa rimasta inascoltata, dal momento che il general manager è soltanto un dipendente e i criteri di valutazione e verifica riguardanti l’assetto societario sono stati fatti con tutti i crismi.
Insomma, non c’è stato niente da fare. Il lavoro delle ruspe ha fatto da sfondo ad uno striscione con la scritta “Perché solo Triscina?” che il professore ha sistemato nei pressi. Si tratta dello stesso striscione che, nel gennaio scorso, aveva portato a Partanna in occasione della visita del presidente Mattarella per l’anniversario del terremoto del ’68. Dietro a quello striscione, un piccolo gruppo di abusivi scandiva lo slogan “Le case non si toccano”.
Le demolizioni però vanno avanti.
Egidio Morici