Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
25/01/2019 06:00:00

Trapani, ricordate la storia della truffa al super manager? Ecco com'è finita

 Documenti falsificati per ottenere finanziamenti. Banche, società finanziarie ma soprattutto ignari cittadini raggirati. E’ la truffa che era stata scoperta dalla Procura di Trapani nel 2015.

Da Valderice si architettavano le richieste di finanziamenti a nome di persone che sono rimaste all’oscuro di tutto. Fino a quando le banche non gli chiedevano di pagare le rate arretrate. Tra i truffati c’era anche Vito Gamberale, manager di diverse importanti società. Com’è finita questa storia? Tre persone hanno patteggiato, due invece sono state assolte. Anzi, da imputati sono quasi passati a vittime, loro stessi, del raggiro architettato in provincia di Trapani.


I due assolti sono Marco Pozzati e Stefano Melia, agenti finanziari uno di Cisterna di Latina e il secondo di Gaeta.
Il sistema messo a punto dai truffatori era ben ingarbugliato. Secondo il giudice monocratico che ha assolto Pozzati e Stefano Melia, per non aver commesso il fatto, ad aver architettato tutto sarebbe stato Giuseppe Cusenza, mediatore finanziario ericino, che ha deciso di patteggiare e non andare a processo. Hanno patteggiato anche Marianna Tosto, di Valderice, e Leonardo Renda, di Alcamo.


Sono un centinaio le operazioni fasulle che sarebbero state messe a segno.
Gli autori di questa maxi truffa non facevano altro che comporre documenti d’identità, tessere sanitarie, documenti contabili , all’apparenza perfetti. Per evitare che i soggetti ignari di ogni cosa potessero ricevere comunicazioni nelle rispettive caselle di posta elettronica circa i conti correnti aperti e gli affidamenti ricevuti, riuscivano a bypassare ogni cosa attivando un particolare servizio di Poste italiane, “seguimi”, riuscendo a dirottare nelle loro caselle di mail la relativa corrispondenza. Tra i raggirati, dicevamo, anche Vito Gamberale, già manager di tante importanti società, come Tim e Autostrade spa.

Ma perchè Pozzati e Melia sono stati assolti dal Tribunale di Trapani?

Come ha scritto il giudice Visco nella sentenza di assoluzione  la truffa sarebbe stata escogitata da Cusenza, mediatore finanziario, ma praticamente sconosciuto ai due mediatori.


Funzionava così. Prima, utilizzando le generalità delle ignare vittime, attivavano alle Poste il servizio “Seguimi”, per dirottare posta, raccomandate, e tutte le cominicazioni destinate alle vittime in luoghi nelle disponibilità dei truffatori. Poi venivano usate le false generalità per attivare dei finanziamenti con Unicredit Banca. Per avere la disponibilità delle somme i truffatori, sempre con le false generalità dei malcapitati, attivavano dei conti corrente.
Ad orchestrare il tutto sarebbe stato Cusenza, che gestisce immobili in affitto a San Vito Lo Capo ma in quel periodo era anche sub-agente creditizio. Se per le generalità falsificate ci avrebbero pensato Cusenza e Tosto (dipendente dell'ufficio postale di Valderice) a gestire le pratiche per prestiti e finanziamenti ci avrebbero pensato Pozzati e Melia. Almeno così venne fuori dall'indagine. In fase di processo invece si è scoperto che non solo i due non facevano parte del gruppo di truffatori, ma che secondo il giudice in un certo senso sono stati loro stessi vittime del raggiro.
Pozzati e Melia sono mediatori finanziari per due società che, tra gli altri, fanno da intermediarie per conto di Unicredit. Il sistema è più semplice ad utilizzarlo che ad illustrarlo. Ma funzionava sostanzialmente così. Melia era mediatore creditizio per la Assefin, che era convenzionata con la Easymoney Franchising Spa di cui Pozzati era manager. La Easymoney aveva a sua volta una convenzione con Unicredit in base alla quale inseriva nel sistema informatico le pratiche per i finanziamenti. Melia inseriva nel portale Easymoney le pratiche per i finanzimenti che a sua volta venivano smistate da Pozzati a Unicredit. Come dichiarato da Melia erano centinaia i collaboratori dislocati sul territorio di cui si avvaleva la società. Sub-agenti. Tra questi c'era anche Cusenza.
Sono diversi i prestiti erogati sulla base di false attestazioni. In particolare ce ne sono cinque tutti della stessa cifra: 29.700 euro.
Altro particolare è la riunione convocata da Unicredit dopo che diverse persone hanno contestato di avere dei finanziamenti aperti a loro insaputa. A quell'incontro c'era sia Melia che Pozzati. Era stato contattato anche Cusenza, che in alcuni rapporti contestati figurava come agente mediatore, Cusenza ha riferito in quell'occasione che aveva conosciuto personalmente gli ignari intestatari dei prestiti nel corso di loro vacanze a San Vito.
Ma c'è di più, perchè anche Pozzati ha fatto querela, sostenendo che ci fossero documenti con la sua firma e timbro falsificati. Inoltre Pozzati, Melia e Cusenza non si conoscevano tra loro. Avveniva tutto online, tutto a distanza e nessun coinvolgimento diretto. I sub-agenti sul territorio procacciavano clienti. La Assefin girava le pratiche alla Easymoney, che a sua volta, attraverso un codice univoco, le inseriva sul sistema di Unicredit che in ultima battuta decideva se erogare o meno il finanziamento. Anche sul codice ci sono delle cose curiose, perchè anche se era stato assegnato a Pozzati, in base alla convenzione, veniva utilizzato dai lavoratori del back-office. Secondo il giudice monocratico di Trapani, che lo scorso luglio ha emesso la sentenza, in tutta questa vicenda ci sarebbero state delle falle nel sistema di intermediazione tra banche e agenzie intermediarie. Una disorganizzazione complessiva, che riguarda tutto il sistema del credito italiano. Ma per il giudice non ci sono elementi di colpevolezza per condannare Pozzati e Melia, che sarebbero stati ignari di quanto accadeva qui in Sicilia.