Arriva la secessione di cui nessuno parla. Quella dei ricchi.
L’anima leghista è quella sempre verde dell’autonomia del Nord, difficile da mettere a sopire.
Rispolverare “Roma ladrona” e “Sud parassita”, discarica di non si sa più che cosa, è il leit motiv del governo nazionale a trazione Matteo Salvini.
Nessuna resistenza da parte di Luigi Di Maio, del movimento Cinque Stelle, né del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, si cammina celeri verso l’approvazione della piena autonomia legislativa e fiscale del Veneto, Lombardia e dell’Emilia Romagna.
Il Paese potrebbe trovarsi da qui a qualche settimana a vivere uno smembramento, parola forte, di questo si tratta nei fatti.
Quello che non sono riusciti a compiere i leghisti durante il governo Berlusconi, perché il leader della coalizione non glielo ha consentito, adesso troverà applicazione.
Del resto c’è un governo che è nato con un contratto, e a colpi di articoli e punti programmatici demoliranno l’Italia, a cominciare da quella che è una secessione, seppure si guardino bene dal pronunciarne il termine.
Questa autonomia delle Regioni del nord comporterà un ulteriore squilibrio tra la parte alta del Paese e quella bassa, incastrando tutto il meridione in un gap definitivo, senza possibilità di riscatto.
Una differenza, paragonabile ad un vero e proprio disservizio sancito per legge, che nessuno potrà più colmare.
Ci saranno i cittadini di seria A e quelli di serie B, i meridionali avranno un demerito nell’essere nati al sud.
Un’Italia spaccata in due, che abbraccia i privilegiati delle regioni ricche e stritola i cittadini delle zone economicamente deboli del Paese, che accelera e rimarca la distanza non solo geografica ma anche fiscale ed economica.
I leghisti difendono le loro posizioni, trovano compiacenti i grillini, colleghi di governo, e finalmente daranno sfogo al pensiero antimeridionalista, sempre di razzismo si tratta.
Eppure “Governo sovranista”, a cui tanto si ispira la Lega facendone un baluardo, indica la dottrina politica che ha a cuore il potere di tutta la nazione, non solo di una parte di essa.
Il duo Salvini-Di Maio dovrebbe decidere: o sono sovranisti o sono territorialisti.
Al momento si è capito solo che sono populisti.
La grana maggiore è per i Cinque Stelle a cui il sud ha tributato il maggior numero di voti, dovranno spiegare ai loro elettori perché non ci sono politiche di eguaglianza territoriale e misure di sviluppo economico per tutto il meridione.
Un Paese a due o tre velocità, con diversi funzionamenti della cosa pubblica, con delle risorse spalmate non in maniera omogenea e con differenti diritti per i cittadini. A questo si aggiunga che in parlamento arriveranno dei testi che non possono essere modificati.
Sul punto tacciono in tanti dal mondo della politica, non considerano nemmeno che ad uscirne delegittimato sarà lo stesso ruolo di Roma capitale.
Tace Nicola Zingaretti, non dice nulla al riguardo, eppure è il governatore del Lazio, una delle regioni italiane con moltissimi problemi fiscali e di bilancio lacrime e sangue.
Tace sul punto anche Nello Musumeci, presidente della Regione Siciliana, a cui gli elettori hanno conferito un mandato chiaro: la tutela degli interessi della Sicilia.
Si potrebbe dire che alla secessione si accompagnerà la recessione, che si aggiunge a quella attuale, nel silenzio di tutti i governatori delle regioni del meridione.
A sollevare la questione è Davide Faraone, segretario regionale del Pd, e senatore in carica. L’idea è quella di mettere attorno un tavolo tutti i presidente di regione del Mezzogiorno per opporsi allo scellerato progetto secessionista leghista, che porterebbe il nord ad avere un acceleratore che al sud del Paese non verrebbe più garantito.
“Nel campo dell’istruzione- dice Faraone- si rischiano di regionalizzare oltre 200 mila cattedre, con docenti, neo assunti, che avrebbero una busta paga più ricca rispetto ai docenti del sud, dipendenti non più del Ministero dell’Istruzione ma regionali. Anche l’offerta formativa sarà personalizzata, questo significa che il Paese si appresta ad avere un sistema scolastico non omogeneo e a due velocità. Un fatto gravissimo per i giovani che sono la vera risorsa e la classe dirigente di domani”.
C’è poco da essere sereni, il 15 dicembre Giuseppe Conte, firmerà l’intesa con il governatore del Veneto, Zaia.