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12/02/2019 09:33:00

Salvini assicura: non chiede un rimpasto. I grillini processano Di Maio e Di Battista

Il voto regionale abruzzese ha avuto le prime inevitabili ripercussioni sul governo. Perché la Lega continua crescere nei consensi, arrivando al 27% in una regione del centrosud e trainando il centrodestra alla vittoria, mentre il M5s ha perso 200 mila voti rispetto al 4 marzo, fermandosi al 19,7%.

Così i parlamentari del Movimento hanno chiesto un incontro con Di Maio e i ministri pentastellati per capire se c’è una strategia per il rilancio. Intanto Salvini ha rassicurato gli alleati: «Più voti prendiamo, più umili restiamo», «Squadra che vince non si cambia», «Non chiediamo rimpasti, non chiediamo ministri, le nostre priorità sono l’autonomia, l’acqua pubblica, la legittima difesa, che dovrebbe essere legge entro marzo» e, rivolto a Di Maio, «Càpita una battuta d’arresto, non credo ne debbano fare un dramma».

«Il voto in Abruzzo ha avuto questo effetto, ha trasformato di fatto il leader di Forza Italia e il capo del Movimento da avversari in alleati, «uniti» contro lo strapotere dell’alleato-avversario» scrive il Corriere.

«Di qui al 26 maggio, giorno delle elezioni europee, il vero pericolo non è tanto una crisi di governo — sempre possibile benché priva di sbocchi — quanto una lacerazione politica che può assumere fin troppo in fretta i caratteri della crisi istituzionale. Quando il "guerrigliero" Di Battista insulta in televisione il presidente emerito della Repubblica, Napolitano, ha l’astuzia di contrapporlo a Mattarella. Ma il senso del messaggio è chiaro: una sorta di intimidazione verso il Quirinale di oggi usando il Quirinale di ieri» scrive Repubblica. 

«Invece il giovane a cui avevano affidato le loro speranze, il giovanotto in cravatta e abito blu tipici delle domeniche di paese, il genero che molte mamme avrebbero sognato come marito delle loro ragazze, d’improvviso s’è tolto la cravatta e s’è trasformato in un ragazzaccio che ha spaventato madri, padri e figlie. Un sedicente rivoluzionario, dal tono di voce duro e spietato. Un amico dei terroristi che mettevano a ferro e fuoco Parigi. Un nemico dei lavori pubblici che tanto pane e lavoro avevano portato in passato da queste parti. Un uomo di un «altro» Sud, affollato di studenti fuori-corso che rinunciano a prendersi la laurea e non mostrano gran voglia di cercarsi un lavoro: perdigiorno, senza famiglia, gente abituata a far tardi al bar o chissà dove la sera, e la mattina a faticare ad alzarsi» è l'analisi della Stampa.

 
Conte vuol fondare un suo partito?
I rapporti tra il premier Conte e Luigi Di Maio sono ai minimi termini: «Il vicepremier accusa Conte di aver contribuito ad indebolire il peso del M5S nell'esecutivo e di essersi di fatto iscritto al terzo partito della maggioranza, sul quale vigila il Quirinale, e che annovera i ministri Moavero, Tria, la Trenta e lo stesso Savona [...] un sospetto forte che agita i sonni del vicepremier. Ovvero che l’avvocato, dopo l'esperienza a palazzo Chigi, e forte dell'alta percentuale di gradimento raccolta in sette mesi, non voglia tornare all'attività accademica - come promesso - ma intenda mettersi in proprio. Magari alla guida di un movimento riformista in grado di traghettare anche molti dei nuovi eletti che in questa legislatura più volte si sono lamentati dello strapotere della leva del 2013 andata quasi tutta al governo e che “decide senza consultarci trattandoci da schiacciabotton”i. Conte, che ieri si è autodefinito non solo “presidente della Repubblica”, ma anche “garante della coesione nazionale”, nelle ultime settimane ha in effetti trovato più sponde nella Lega che nel M5S». Così il Messaggero.