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20/02/2019 06:00:00

Matteo Messina Denaro, un boss "ridimensionato". Solo Cosa Nostra trapanese gli è fedele/3

Concludiamo oggi il nostro speciale dedicato alla relazione semestrale (gennaio-giugno 2018) della Dia sulle organizzazioni criminali in Italia, (qui potete leggere la prima parte) e (qui la seconda), e lo facciamo con quella parte che i vertici del Direzione Investigativa hanno dedicato a Cosa nostra nel trapanese e al suo latitante numero uno, Matteo Messina Denaro, la cui figura all’interno dell’organizzazione viene particolarmente ridimensionata.

Matteo Messina Denaro, boss "ridimensionato" e non operativo - La provincia di Trapani continua ad essere dominata da Cosa nostra, che monopolizza la gestione delle più diverse attività illegali e condiziona il contesto socio-economico dell’intero territorio provinciale, avvalendosi della significativa forza di intimidazione e dell’opera di professionisti e soggetti insospettabili. La relazione semestrale, dedica come detto, ampio spazio al ruolo del boss latitante Matteo Messina Denaro. Secondo gli investigatori, il latitante castelvetranese, nonostante le numerose operazioni che hanno portato all’arresto di fedeli e fedelissimi, continua a mantenere il duplice ruolo di capo del mandamento di Castelvetrano e di rappresentante provinciale di Cosa Nostra. Un ruolo però che, stando alle recenti dichiarazioni dei massimi investigatori, sarebbe sempre più formale.

A Matteo Messina Denaro è stato impedito di prendere le redini di Cosa nostra. Il superlatitante continuerebbe infatti a «ricoprire, sebbene con progressiva difficoltà, continua ad essere al vertice di Cosa nostra solo nel Trapanese, dove le famiglie gli rimangono fedeli e non dunque nel palermitano o nell’agrigentino.

Secondo il questore di Palermo Renato Cortese, Messina Denaro è un soggetto che probabilmente non ha più alcun ruolo nell’organizzazione e che quindi è defilato, non lascia tracce, non partecipa alle riunioni, non ha strategie criminali e gli affiliati non rendono conto a lui. È un soggetto che si sta facendo la sua latitanza probabilmente anche fuori dalla Sicilia.

A suffragare il pensiero di Cortese è lo stesso Giuseppe Governale, numero uno della Dia, il quale, indicando il 2019 come l’anno della cattura del boss, ha sottolineato come Messina Denaro pur restando a capo della cosca trapanese non sarebbe più operativo da tempo. Ad escludere possibili interferenze di Messina Denaro nelle dinamiche dei mandamenti palermitani, è, invece, il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca,  cui compete anche il distretto di Trapani, e lo specifica nella relazione sull’amministrazione della giustizia nel 2018. Altro punto che confermerebbe la tesi, considerata ormai prevalente tra investigatori e inquirenti, che vuole un Matteo Messina Denaro sempre più estraneo alle decisioni di Cosa Nostra sul territorio.

La lotta a Cosa Nostra Trapanese - La relazione della Dia ricorda che «l'organizzazione mafiosa trapanese sta subendo un’incessante e sempre più pressante attività di contrasto, soprattutto con lo scopo di catturare il boss latitante dal giugno del 1993. Un’azione che passa innanzitutto dallo scardinare quella rete di protezione di cui lo stesso Messina Denaro gode da decenni e che viene sviluppata sia sotto il profilo delle indagini giudiziarie, con i conseguenti numerosi provvedimenti restrittivi, sia sotto quello delle investigazioni preventive, realizzate con numerosi e consistenti provvedimenti di sequestro e confisca». Nonostante tutto, «pur attraversando momenti di criticità, l'organizzazione criminale trapanese non presenta segnali di cambiamento organizzativi, strutturali o di leadership».

La struttura in provincia di Trapani, 4 mandamenti e 17 famiglie - La struttura continua a mantenere la tradizionale unitarietà e gerarchia, disciplinata da regole vincolanti, che le consentono di rimanere fortemente ancorata al territorio d’origine.  Per quanto concerne l’architettura delle consorterie, il territorio della provincia risulta sempre suddiviso in quattro mandamenti mafiosi, che raccolgono 17 famiglie. Si tratta del mandamento di Alcamo, articolato nelle 3 famiglie di Alcamo, Calatafimi e Castellammare del Golfo; quello di Castelvetrano, con le 6 famiglie di Campobello di Mazara, Castelvetrano, Gibellina, Partanna Salaparuta/Poggioreale e Santa Ninfa; quello di Mazara del Vallo, che raggruppa le 4 famiglie di Marsala, Mazara del Vallo, Salemi e Vita; ed, infine, quello di Trapani, con le 4 famiglie di Custonaci, Paceco, Trapani e Valderice.

I comparti economici di Cosa nostra trapanese - Seguendo la tradizione, la pericolosità di Cosa nostra trapanese continua a manifestarsi anche attraverso le estorsioni in danno di imprenditori e commercianti, spesso accompagnate da danneggiamenti ed atti intimidatori di vario genere.  Dagli esiti delle più recenti indagini,  è, inoltre, emerso che Cosa nostra trapanese, oltre che nei tradizionali comparti economici (quali il movimento terra, le costruzioni edili, la produzione di conglomerati bituminosi e cementizi - con particolare attenzione agli appalti e subappalti pubblici - nonché la grande distribuzione alimentare e la produzione di energie alternative), si è significativamente infiltrata nel settore delle scommesse e dei giochi on-line, nonché nel business delle aste giudiziarie legate a procedure esecutive e fallimentari, potendo far leva sul capillare controllo del territorio con il tradizionale e sistematico ricorso all’intimidazione e all’assoggettamento.

Due le operazione più importanti nel semestre, "Pionica" e "Anno zero" -  “Pionica “avvenuta il 13 marzo 2018, con 12 soggetti arrestati, tra i quali i capi famiglia di Salemi, Michele Gucciardi e di Vita, Salvatore Crimi, nonché Vito Nicastri, l’imprenditore alcamese operante nel settore dell’energia eolica, a vario titolo indagati per concorso in associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalità mafiose. Contestualmente, è stato eseguito anche il decreto di sequestro preventivo di tre società, delle quali una con sede a San Giuseppe Jato (PA) e due a Vita (TP), per un valore di circa 1,5 milioni di euro. L’altra operazione “Anno Zero” è del 19 aprile 2018 ha tratto in arresto 22 affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna, tra i quali due cognati di Matteo Messina Denaro, Gaspare Como e Rosario Allegra.

Scommesse e giochi online il nuovo business dei boss trapanesi - Come dicevamo prima, anche il ramo trapanese di Cosa nostra, oltre che nei tradizionali comparti economici, «si è significativamente infiltrato nel settore delle scommesse e dei giochi online, potendo far leva sul capillare controllo del territorio con il tradizionale e sistematico ricorso all’intimidazione e all’assoggettamento». «È stato dimostrato come l’espansione di una rete di oltre 40 agenzie di scommesse e punti gioco facenti capo ad un giovane imprenditore castelvetranese fosse avvenuta, sia nella provincia di Trapani che nel palermitano, grazie al supporto della famiglia mafiosa di Castelvetrano: questa gli avrebbe garantito protezione nei confronti degli altri sodalizi criminali delle provincie di Trapani e di Palermo in cambio di periodiche dazioni di denaro, dirette sia al sostentamento del circuito familiare del latitante che all’organizzazione mafiosa nel suo complesso. Nello stesso contesto investigativo, il 18 maggio 2018 la DIA ha eseguito un decreto di sequestro preventivo nei confronti dello stesso imprenditore, per un valore complessivo di circa 400 mila euro».