Calci, pugni, violenza sessuale. Un vero bruto. E’ il tunisino Nejib Hammouda, 37 anni, condannato a sei anni e due mesi di carcere dal Tribunale di Marsala per maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, minacce, lesioni, stalking e danneggiamenti in danno dell’ex moglie, D.F., anche lei tunisina.
Alla donna, costituitasi parte civile con l’assistenza dell’avvocato castelvetranese Paolo Mattozzi, i giudici hanno riconosciuto un risarcimento danni di 20 mila euro.
Secondo quanto denunciato da D.F. ai carabinieri nel 2014, la vita coniugale sarebbe stata un inferno. Ciò a partire dal 2010, quando il marito avrebbe cominciato a maltrattarla, “sottoponendola a continue vessazioni fisiche e psicologiche tali da arrecarle un perdurante stato di umiliazione e frustrazione”.
Più volte, l’avrebbe minacciata di morte e picchiata (calci e pugni), tanto da dover ricorrere a cure ospedaliere. E in almeno due occasioni, ciò si è verificato mentre la donna era in gravidanza.
L’uomo avrebbe anche costretto la moglie a rapporti sessuali contro la sua volontà, aggredendola, minacciandola e strappandole i vestiti. E le violenze (lesioni personali gravi e stalking) non sarebbero cessate neppure dopo l’inevitabile separazione.
Fin quando, nel giugno 2014, la donna non si decise a bussare alla porta dei carabinieri di Campobello per sporgere denuncia. A difendere il nordafricano è stato l’avvocato partannese Giuseppe Accardo. Per i fatti del 2010 il Tribunale (presidente Alessandra Camassa) ha decretato la prescrizione. Dopo la sentenza, l’avvocato di parte civile Paolo Mattozzi ha dichiarato: “Una condanna esemplare che, per quanto possibile, restituisce dignità ad una donna maltrattata e vessata per anni da quello che fu suo marito. Mi auguro che questa sentenza possa essere da monito per chiunque si macchia di tali odiosi delitti che, per definizione si consumano entro le mura domestiche e che spesso, purtroppo, lasciano la vittima da sola in balia del proprio carnefice... Non è insolito, infatti, che le vittime per paura di vendette dei propri compagni non si rivolgono alle forze dell'ordine ed all'Autorità Giudiziaria”.