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22/02/2019 06:59:00

Mafia del Belice, operazione “Anno Zero”: prima udienza preliminare

 Si è tenuta davanti al gup di Palermo Cristina Lo Bue la prima udienza preliminare per decidere sulle richieste di rinvio a giudizio avanzate dalla Dda per le 22 persone coinvolte nell’operazione antimafia “Annozero” del 19 aprile 2018 e che vede imputato anche Matteo Messina Denaro.

E la prima decisione del Gup è stata quella di stralciare la posizione del latitante, in quanto “irreperibile”, come da nuova normativa sugli imputati che non si riesce a rintracciare, e affidare allo Sco della polizia l’incarico di “cercare” il capomafia castelvetranese. Ricerche che, comunque, vanno avanti senza successo da oltre 25 anni.

Intanto, nell’attesa, il giudice Lo Bue ha rinviato, solo per lui, al 21 febbraio 2020. Per tutti gli altri, invece, al prossimo 7 marzo, quando potrebbero essere avanzate richieste di rito abbreviato e il gup deciderà sulle richieste di costituzione di parte civile avanzate da Sicindustria, Antiracket Trapani (avvocato Giuseppe Novara), Centro “Pio la Torre”, l'immancabile associazione antiraracket “La verità vive” di Marsala (avvocato Peppe Gandolfo, ormai nella bufera per il modo disinvolto in cui si costiuisce parte civile nei processi), Codici, Antiracket Alcamo, Comune Castelvetrano e Pasquale Calamia. Quest’ultimo ex consigliere comunale del Pd a Castelvetrano, che tra il 2008 e il 2013 subì alcune intimidazioni.

Durante le indagini “Anno Zero”, infatti, gli investigatori hanno intercettato uno degli indagati, Giuseppe Bongiorno, dire a un interlocutore “Devi vedere che macchina ha” e ancora “quando gli ho tagliato le gomme me ne sono accorto...”.

I 22 provvedimenti di fermo dell’operazione “Annozero” hanno riguardato, oltre al superlatitante Matteo Messina Denaro, i cognati Gaspare Como e Rosario Allegra, nonché una serie di presunti affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Mazara del Vallo, Campobello di Mazara e Partanna. E cioè Nicola Accardo, ritenuto il capomafia di quest’ultimo centro del Belicino, i campobellesi Vincenzo La Cascia, Raffaele Urso, detto “Cinuzzo”, Vito Bono, Filippo Dell’Aquila, Mario Tripoli, Angelo Greco e Andrea Valenti, il nuovo presunto “reggente” di Mazara, Dario Messina, Giovanni Mattarella, genero del defunto boss Vito Gondola, Bruno Giacalone e Marco Buffa, anche loro presunti affiliati alla “famiglia” di Mazara (Buffa, difeso dall’avvocato Luisa Calamia, di recente è tornato in libertà), i castelvetranesi Giuseppe Tilotta, Calogero Guarino, Leonardo Milazzo, Giuseppe Paolo Bongiorno, Vittorio Signorello e Antonino Triolo. Dall’accusa di concorso esterno, infine, si deve difendere il castelvetranese Carlo Cattaneo, operante del settore delle sale giochi e scommesse on line. Tra gli avvocati difensori, oltre a Luisa Calamia, anche Gianni Caracci, Stefano Pellegrino, Vito Cimiotta, Giuseppe Pantaleo, Vincenzo Salvo e Walter Marino. Gli investigatori evidenziano che il vincolo mafioso, per Matteo Messina Denaro, finisce col coincidere con quello familiare. Le indagini, infatti, nel tempo, hanno individuato al vertice il cognato Filippo Guttadauro, poi il fratello Salvatore Messina Denaro, quindi il cognato Vincenzo Panicola e il cugino Giovanni Filardo. E ancora il cugino acquisito Lorenzo Cimarosa, poi pentitosi, la sorella Patrizia Messina Denaro, i nipoti Francesco Guttadauro e Luca Bellomo. E l’operazione “Annozero”, condotta da polizia, carabinieri e Dia, ha confermato la scelta “familistica” del superlatitante.