A Como c'è una mamma da record: ha 11 figli, a soli 38 anni. «Abbiamo accolto i figli che ci sono stati donati e siamo arrivati a Giuditta — dice la neomamma, che ha avuto il primogenito quando aveva 22 anni e da allora non si è mai fermata —. È un impegno perché non è facile la vita di tutti i giorni con una famiglia così numerosa, ma non mi è mai pesato dedicarmi a tempo pieno ai miei figli, nella gioia e nel dolore. Non è sempre tutto rose e fiori. I momenti difficili ci sono, ma si affrontano in coppia e si superano ed è sempre una gioia ritrovarci uniti».
Ecco l'intervista rilasciata al Corriere della Sera:
Cominciamo dai panni da lavare. Numero medio di lavatrici?
«Beh, diciamo che un paio al giorno è il minimo. Provi a immaginare quando capita il cambio lenzuola...»
Preparare gli zainetti della scuola sarà complicato, al mattino...
«Per niente. È tassativo prepararli la sera prima. Do un occhio a quello del più piccolo ma gli altri fanno da soli».
E rassettare dopo pranzi e cene? Fa tutto lei?
«Non se ne parla proprio. Si fa a turno, partecipano tutti, salvo gli ultimi nati, ed è vietato svignarsela, anche se ogni tanto qualcuno ci prova».
Avrà pure un momento di relax in solitudine.
«Certo. Quando tutti sono usciti, al mattino. Faccio colazioni meravigliose. Quello è il mio momento sacrosanto». Il viso dolce di Claudia Guffanti, 38 anni, si illumina ogni volta che uno dei suoi bimbi le chiede attenzione. Siamo in una stanza dell’ospedale Valduce di Como, ma a dire il vero sembra di essere in un asilo. C’è quell’allegria che soltanto la spensieratezza dei bambini sa diffondere nell’aria. E c’è lei, Giuditta, con i suoi tre giorni di vita che reclamano la poppata del pomeriggio. Claudia la guarda, poi guarda suo marito (Diego Pianarosa, 41 anni) e sorride: «Cosa abbiamo fatto di tanto straordinario?»
Undici figli. Avete fatto undici figli.
«Per noi è stata un’evoluzione normale del nostro rapporto. Sono venuti e li abbiamo accolti. Ognuno di loro è stato un dono della vita».
Sa di spirito cattolico.
«Siamo cattolici praticanti. Battesimi, comunioni, cresime: non si salta niente. E questo vale anche per i vaccini, facoltativi e obbligatori!»
Quando vi siete sposati? Che età hanno i vostri figli?
«Ci siamo sposati a settembre del 2001, quattro giorni dopo le Torri gemelle. Il figlio più grande, Paolo, ha 16 anni e invece Giuditta ruba l’ultimo posto a Tommaso, che ha due anni».
Parliamo dei compiti. Un’impresa epica?
«In effetti. Sono un bell’impegno! Magari nello stesso pomeriggio provi una lezione, una verifica, guardi il diario dei più piccoli. Salti da scienze a italiano a matematica. Sono ore complicate».
Come stiamo a giocattoli?
«Una quantità esagerata».
Un Natale da voi?
«Magnifico. Sempre strapieno di gente perché siccome siamo troppi e nessuno ci invita allora invitiamo noi amici e parenti!».
Una questione pratica: la casa. Ciascuno ha la propria stanza?
«No. Viviamo in Val d’Intelvi, in montagna. La casa ha sei stanze da letto ma solo in tre hanno camerette da soli, gli altri sono assieme, in numero variabile. Dividiamo tre bagni (e già al mattino non è facile) e abbiamo spazi comuni: il salotto, la cucina, lo studio».
A proposito di cucina. È quasi un ristorante.
«Come al ristorante la cucina è aperta dalle 12.30 alle 16 perché di giorno tornano da scuola tutti a orari diversi. La sera invece ceniamo sempre tutti assieme. C’è un trambusto che non le sto a descrivere. Impossibile sentire un tigì».
Come fate con le vacanze?
«Farle insieme è un bel problema. A volte vado io con i più piccoli, l’anno scorso siamo andati io e Diego con i più grandi. Altre volte vanno loro con nonni o zie. Ora i più grandi chiedono vacanze per conto loro e noi li favoriamo! Insomma, ci arrangiamo».
Quando vi spostate tutti assieme come fate con la macchina?
«Dobbiamo per forza usarne due. Anche perché un mezzo con più di nove posti è considerato trasporto passeggeri, anche se i passeggeri sono figli. Serve una patente che nessuno di noi due ha».
Serviranno un bel po’ di soldi per mantenere una famiglia così.
«Io non lavoro perché credo che fare la mamma dei miei figli valga più che portare a casa uno stipendio e vederli crescere da qualcun altro. Diego fa il consulente informatico e ha uno stipendio buono. In genere basta ma se hai un contrattempo, la macchina che si rompe, il dentista... allora non basta più».
Contate su qualche contributo?
«A livello locale no. Sfruttiamo tutti gli aiuti di legge tipo bonus bebè, contributo regionale per i libri eccetera. Ma poi devo dire che ci sono capitate cose belle. C’è gente della valle che non conoscevamo ma che ci ha aiutato economicamente. Sono venuti e ci hanno detto: apprezziamo che abbiate così tanti bambini e ne siate così felici. Secondo noi è stata la Provvidenza».