La causa civile “con il morto” (anzi, la morta) approda addirittura in appello! Si tratta della singolare vicenda che ha visto, nel 2015, una novantenne marsalese fare causa, tramite l’amministratore di sostegno (la nuora), alla figlia e al nipote. Il fatto strano è che la causa è proseguita anche dopo la morte dell’anziana. Questa chiuse gli occhi nel gennaio 2017. Eppure, adesso, si è addirittura costituita, sempre tramite l’amministratore di sostegno, davanti la Corte d’appello di Palermo. E’ singolare vicenda giudiziaria di una causa civile che in Tribunale, a Marsala, non si è estinta nonostante la morte di chi l’aveva intentata: un’anziana ultranovantenne.
Per quest’ultima, in realtà, ad agire, nel 2015, era stata la nuora, in “guerra” con la cognata e il nipote per la spartizione dell’eredità. In fondo, pare, neppure una grande fortuna. La singolarità del caso sta nel fatto che il legale (l’avvocatessa E.R.) dell’ormai ex amministratore di sostegno non ha dichiarato, nonostante un sollecito del giudice di primo grado, la morte dell’anziana. Quest’ultima era assistita legalmente da un altro avvocato, A.A. (marito di E.R.). Nel 2017, davanti il Tribunale civile di Marsala, a sollevare il problema della mancata dichiarazione di morte della persona a nome della quale era stata avviata la causa sono stati i legali che rappresentano la controparte: la figlia dell’anziana e il nipote, figlio della figlia.
E cioè gli avvocati Roberta Tranchida, Giacomo Frazzitta e Marcella Scalisi. Il caso pone i magistrati davanti a un problema giuridico non indifferente. Per la legge italiana, infatti, spetterebbe alla parte dichiarare il decesso del proprio assistito, in questo caso all’amministratore di sostegno, la cui funzione è cessata, e al suo legale, a cui il giudice tutelare ha revocato la procura, ma costoro, adesso, si sono persino costituiti in appello. Nonostante, l’anziana che aveva intentato la causa, per altro per interposta persona, sia deceduta già dal gennaio 2017. Il giudice tutelare aveva chiesto alla nuora di dichiararne il decesso, ma sia questa che i suoi legali hanno fatto “orecchio da mercante” fino alla sentenza di primo grado, alla quale la figlia della deceduta ha fatto appello.
E anche in appello continua la “causa con il morto”. Intanto, per la nuora, la Procura di Marsala ha chiesto il processo, dopo avere accertato che questa, nella qualità di amministratrice di sostegno, aveva introdotto un documento falso in altro processo civile contro la figlia dell'anziana deceduta. Mai, pare, si era vista una vicenda del genere, anche perché nel diritto italiano la funzione pubblica e giuridica dell'amministratore di sostegno cessa con la morte dell'amministrato. Anche nel diritto canonico e sacramentale, dove i preti predicano l'indissolubilità del matrimonio, si pone un limite fra la vita terrena e la morte con la tipica frase “finché morte non vi separi”. Qui si va oltre, ma l'apparente sprovvedutezza dell'amministratrice e dei suoi legali avrebbe una logica.
E sarebbe l'interesse che l'amministratrice nutre sui beni patrimoniali della defunta e contesi a livello processuale con la figlia. L'amministratrice di sostegno vanta su questi beni un testamento in favore dei propri figli, i quali hanno accettato il lascito testamentario, ma non hanno accettato l'eredità della nonna. Se l'amministratrice dichiarasse il decesso o si astenesse a livello processuale, all'anziana subentrerebbe l'unico erede cioè la figlia della deceduta. Ma questo significherebbe a priori una perdita processuale per l'amministratrice e conseguentemente patrimoniale per i figli dell'amministratrice. Quindi, pur di salvare capre e cavoli, ci si arrampica sugli specchi. Ma fino a quando sarà possibile?